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ALESSANDRO FINZI - LUISA SELVAGGINI Università della ... · "A los extraños sucesos y desgracias...

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ALESSANDRO FINZI - LUISA SELVAGGINI Università della Tuscia (Viterbo) Tra leggenda e romanzo: "Manchay Puytu. El amor que quiso ocultar Dios" II Manchay Puytu 1 è il romanzo che segna la maturità lettera- ria del boliviano Néstor Taboada Terán. L'opera è stata pubblicata per la prima volta a Buenos Aires nel 1977, quando l'autore si tro- vava nella capitale argentina dopo essere stato espulso dalla Boli- via dall'allora presidente, il generale Hugo Bánzer Suárez. Il Man- chay Puytu ottenne immediato riconoscimento ufficiale con l'attri- buzione della "Faja de Honor", conferita dalla Sociedad Argentina de Escritores nel 1978 2 ed il fatto che, ad oltre vent'anni di distan- za, continui ad essere dato alle stampe (nel 1998 si è arrivati alla quinta edizione) testimonia il favore del pubblico e la validità del- l'opera. Un significativo successo internazionale, anche se limitato al campo specialistico degli studiosi di letteratura ispanoamericana, ha fatto seguito al premio argentino. Nel 1989 il romanzo è stato tradotto in tedesco 3 e recentemente Keith Richards ha pubblicato un consistente saggio sull'opera di Taboada Terán, dedicando due 1 Néstor Taboada Terán, Manchay Puytu. El amor que quiso ocultar Dios, Cochabamba-La Paz, El Pájaro de Fuego, 1998, (5 a ed.). Le citazioni introdotte nel lavoro fanno riferimento a questa edizione. 2 Diccionario Enciclopédico de las Letras de América Latina, Biblioteca Ayacucho - Monte Ávila Editores, Venezuela, 1995, p. 4610. Per ulteriori informa- zioni bio-bibliografiche sull'autore cfr. la voce Néstor Taboada Terán, a e. di K. Ri- chards, in Verity Smith (ed.), Enciclopedia ofLatin American Literature, London- Chicago, Fitzroy Dearborn Publishers, 1997, pp. 779-781. 3 Néstor Taboada Terán, Die Liebe, die Gott nicht wollte, trad. di R. Klein, Berlin und Weimar, Aufbau-Verlag, 1989.
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ALESSANDRO FINZI - LUISA SELVAGGINI

Università della Tuscia (Viterbo)

Tra leggenda e romanzo:"Manchay Puytu. El amor que quiso ocultar Dios"

II Manchay Puytu1 è il romanzo che segna la maturità lettera-ria del boliviano Néstor Taboada Terán. L'opera è stata pubblicataper la prima volta a Buenos Aires nel 1977, quando l'autore si tro-vava nella capitale argentina dopo essere stato espulso dalla Boli-via dall'allora presidente, il generale Hugo Bánzer Suárez. Il Man-chay Puytu ottenne immediato riconoscimento ufficiale con l'attri-buzione della "Faja de Honor", conferita dalla Sociedad Argentinade Escritores nel 19782 ed il fatto che, ad oltre vent'anni di distan-za, continui ad essere dato alle stampe (nel 1998 si è arrivati allaquinta edizione) testimonia il favore del pubblico e la validità del-l'opera.

Un significativo successo internazionale, anche se limitato alcampo specialistico degli studiosi di letteratura ispanoamericana,ha fatto seguito al premio argentino. Nel 1989 il romanzo è statotradotto in tedesco3 e recentemente Keith Richards ha pubblicatoun consistente saggio sull'opera di Taboada Terán, dedicando due

1 Néstor Taboada Terán, Manchay Puytu. El amor que quiso ocultar Dios,Cochabamba-La Paz, El Pájaro de Fuego, 1998, (5a ed.). Le citazioni introdotte nellavoro fanno riferimento a questa edizione.

2 Diccionario Enciclopédico de las Letras de América Latina, BibliotecaAyacucho - Monte Ávila Editores, Venezuela, 1995, p. 4610. Per ulteriori informa-zioni bio-bibliografiche sull'autore cfr. la voce Néstor Taboada Terán, a e. di K. Ri-chards, in Verity Smith (ed.), Enciclopedia ofLatin American Literature, London-Chicago, Fitzroy Dearborn Publishers, 1997, pp. 779-781.

3 Néstor Taboada Terán, Die Liebe, die Gott nicht wollte, trad. di R. Klein,Berlin und Weimar, Aufbau-Verlag, 1989.

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capitoli al Manchay Puytu*. Alberto Villalpando, a sua volta, hatrasformato il testo in una opera musicale5.

Il romanzo, che ruota attorno alla tragica storia d'amore tra ilsacerdote indio Fray Antonio de la Asunción e la semplice ed istin-tiva Maria Cusilimay, anch'essa india e sua inserviente, presentauna difficile lettura, principalmente per due ordini di fattori: la lin-gua e la struttura. L'autore utilizza infatti un linguaggio fortemen-te marcato dalla presenza di vocaboli, sintagmi e, a volte, interefrasi in quechua, che tuttavia sono quasi sempre precedute o se-guite, nel corpo del testo, dalla corrispondente espressione in spa-gnolo6.

L'uso del quechua, o di altre lingue autoctone, è carattere co-mune ai romanzi dell'area andina e risponde all'esigenza di rappre-sentare, quanto più verosimilmente possibile, realtà che sono for-temente legate alla cultura e all'organizzazione economica e socialedi questa regione. Si tratta di romanzi di varia natura che costitui-scono per lo più vicende di invenzione calate in una ambientazionedecisamente realistica del mondo rurale o minerario. Néstor Ta-boada Terán, che è solidamente radicato nel proprio contesto cultu-rale, trova invece prevalente motivo di ispirazione nella tradizionee nel patrimonio storico-letterario del Paese.

Nel testo, al quechua, lingua ancestrale, e allo spagnolo, lin-gua della vita pratica quotidiana, si affianca il latino, lingua dellavita spirituale e comunque registro familiare per il protagonista.Infatti, quando Padre Antonio prende coscienza della perdita delladonna amata utilizza l'invocazione in latino "O dulcís Virgo Ma-

4 Keith L. Richards, Lo imaginario mestizo. Aislamiento y dislocación de lavisión de Bolivia de Néstor Taboada Terán, La Paz, Plural Editores, 1999.

5 Cfr. Blanca Wiethüchter, La opera boliviana Manchay Puytu, in NéstorTaboada Terán (coord.), Oficio de Coraje, Cochabamba-La Paz, Los Amigos delLibro, 2000, pp. 84-86. La trascrizione del poema quechua realizzata da JesúsLara è stata anche musicata in Argentina da Manuel Gómez Garrulo. Cfr. VeraJarach, Manchay Puytu l'amore che volle occultare Dio, in "Letras Bolivianas"(Universidad Mayor de San Simón de Cochabamba), 11 (dicembre 1979), pp. 34-35.

6 In altri romanzi boliviani il significato delle parole in quechua o in aymaraviene rimandato, quando c'è, ad un glossario in appendice.

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ria!'". Ciò ancor prima di chiamarla nella lingua nativa "Sumaj(bondadosa) María" e successivamente "María bonita"8.

L'uso alternato delle tre lingue appare come un artificio persottolineare la compresenza delle diverse forme espressive. Tale ri-corso si rileva anche in caso di flusso di coscienza interiore: "me re-sisto a decir Dominus dedit, Dominus abstulit; sit nomen Dominibenedictum, [...]. Dondequieras que te encuentres, mujer, amadamía, te buscaré y encontraré para amarte y mimarte"9. Nell'epi-grafe del terzo capitolo compare però del tutto inatteso, almeno peruno scrittore boliviano, e straordinariamente appropriato, il calco"alma pequeña, errante y cariñosa", dall'incipit dell'epitaffio di rit-mo giambico attribuito all'imperatore Adriano morente. Il verso èin seguito riportato nella sua forma latina: "Animula, vagula, blan-dula"10.

Strutturalmente, nel Manchay Puytu cronaca e leggenda siintrecciano, creando un articolato ed originale tessuto narrativo nelquale si sovrappongono vari livelli temporali ed avvenimenti appa-rentemente dissociati tra loro. Ciò contribuisce a creare un aggro-vigliato gioco di risonanze che arricchisce l'asse centrale del ro-manzo11.

Il preambolo è già un chiarimento della genesi del racconto:"A los extraños sucesos y desgracias de una leyenda de amor que,pese a los siglos de difusión prohibida, la mano del tiempo no haenterrado en la sepultura del olvido". II Manchay Puytu nasce in-fatti da una leggenda dell'epoca della colonia, con verosimile basestorica, di cui esistono una versione peruviana e un'altra boliviana.Jesús Lara, eminente filologo e letterato boliviano, autorevolissimo

7 Néstor Taboada Terán, Manchay Puytu. El amor que quiso ocultar Dios, p.23.

8 Ibidem, p. 24.9 Ibidem, p. 35.10 Ibidem, p. 32.11II testo è costituito da un preambolo e tre parti, o libri, suddivisi in capi-

toli. Ciascun libro porta un sottotitolo e, come è possibile notare, il quechua si de-linea ancora come un elemento rilevante: Libro 1 - Ukhupacha: el mundo subte-rráneo; Libro 2 - Ayamarqay killa: el culto de los muertos; Libro 3 - Wakayñán: elsendero del llanto.

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studioso della cultura autoctona12, riporta nella raccolta intitolataLeyendas quechuas le due versioni, nonché il poema quechua sette-centesco a cui entrambe si rapportano13. Tuttavia, Taboada Teránapprese per la prima volta la versione boliviana della leggenda di-rettamente in forma orale dalla madre india14.

11 poema in lingua quechua, a cui il romanzo si riallaccia findall'epigrafe, è ricco di forza e drammaticità, e questo potrebbe giu-stificare come abbia potuto sopravvivere clandestinamente al rigo-rosissimo bando dell'Inquisizione. Data la natura del contenuto, nefu vietata non solo la pubblicazione (a ciò appunto fa riferimento ilpreambolo del romanzo), ma perfino di cantarne il motivo musicale("yaraví" 15) che lo accompagnava16.

Al carattere leggendario dell'intreccio si somma l'aspetto sto-rico (o storiografico) che conferisce al romanzo una dimensione cro-nachistica. Alcuni capitoli sono infatti interpolazioni dalla anticaHistoria de la Villa Imperial de Potosí di Bartolomé Arzáns de Or-súa y Vela17.

12 Cfr. A. Paredes Candía, Las mejores tradiciones y leyendas de Bolivia, LaPaz, Ed. Puerta del Sol, 1975, pp. 155-159.

13 Jesús Lara, Leyendas quechuas, Buenos Aires, Librería Juventud, 1960,pp. 126 e segg. La versione peruviana è ripresa dalla raccolta di Ricardo Palma(cfr. R. Palma, Tradiciones Peruanas, ed. crit. di J. Ortega, España, Colección Ar-chivos, CSIC, 1993, pp. 200-203). I nomi dei protagonisti della versione peruvianasono: don Gaspar de Ángulo y Valdivieso e Anita Sielles. A proposito della versio-ne boliviana, Lara specifica, riferendosi ai personaggi principali: "cuyo nombre norecuerda la legenda" (cfr. J. Lara, op. cit, p. 126 e 131). Nel romanzo di TaboadaTerán i nomi sono dunque di invenzione dell'autore. La tesi è confermata dallostesso Taboada, il quale, comunque, precisa esplicitamente che R. Palma non co-nosceva il quechua ("¡Qué Dios le perdone!") e quindi utilizzò per la india un nomeda "gringa". A. Finzi, corrispondenza privata con l'autore (6 febbraio 2001).

14 Voce Néstor Taboada Terán, a e. di K. Richards, in V. Smith (ed.), op. cit,pp. 780-781. Cfr. anche V. Jarach, op. cit, p. 34.

15 Lo "yaraví" è un canto di tono malinconico.16 Secondo la versione di R. Palma, il Manchay Puytu "contiene versos naci-

dos de una alma desesperada hasta la impiedad, versos que estremecen por losarrebatos de la pasión y que escandalizan por la desnudez de las imágenes [...]. LaIglesia fulminó excomunión mayor contra los que cantasen el Manchay-Puito otocasen quena dentro de un cántaro". Cfr. R. Palma, op. cit., p. 203 e J. Lara, op.cit.,p. 130.

17 Bartolomé Arzáns de Orsúa y Vela, Historia de la Villa Imperial de Po-

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Tornando al testo, la vicenda si svolge nel XVIII secolo nellaVilla Imperial de Potosí18. Antonio è un indio che, come molti altri,ha seguito la via religiosa per sottrarsi alla servitù feudale del re-partamiento o alla schiavitù del yanaconaje19. Ma è anche uomo dicultura, musicista e poeta, infatti: "componía sus versos en que-chua y en su música palpitaba el sentimiento puro de su raza"20.

Nonostante l'atteggiamento, soprattutto iniziale, da buonprete cattolico, egli rivela progressivamente di aver mantenuto unprofondo legame con la cultura e la tradizione magica indigena.Tale forma di adesione ancestrale è caratteristica piuttosto costan-te della letteratura boliviana e, per quanto sia ispanizzato l'autore,il mondo magico viene presentato invariabilmente come un valoreche trascende e misteriosamente domina non solo la dottrina reli-giosa, ma perfino la cultura scientifica del mondo moderno21. Lasfera del magico si configura con l'evidenza di una realtà, così comeè comunemente accettato nel sentire popolare, anche da parte dichi ha aderito al cristianesimo o ad altre religioni esogene.

L'intreccio diventa però più interessante nelle parti successi-ve, quando, per soffocare lo scandalo dell'illecito amore nato fra idue protagonisti, il vescovo decide di inviare Padre Antonio a Lima,allontanandolo da Potosí con la scusa di ottemperare ad alcune in-combenze della curia. Al suo ritorno il sacerdote apprenderà la no-tizia che Maria, straziata dalla sua improvvisa partenza e incapacedi comprendere il prolungarsi della separazione, si è lasciata mori-re d'inedia. La sua morte è dunque morte per amore.

Successivamente, Antonio vivrà nel costante incubo della pre-tesi, L. Hanke e G. Mendoza (eds.), Brown University Press, 1965, 2 voli. In ognu-na delle tre parti in cui è suddiviso il romanzo di Taboada Terán viene introdottoun capitolo tratto dalla cronaca di Árzáns de Orsúa y Vela e questo conferisce unaspetto cadenzato alla struttura.

1 8 1. Quiroga, alla voce Néstor Taboada Terán del Diccionario Enciclopédicode las Letras de América Latina, precisa che la Villa Imperial de Potosí era all'epo-ca "uno de los destinos de España en America". Cfr. op. cit, p. 4610.

19 J. Lara, op. cit, p. 131.20 Ibidem, p. 132.21 Cfr. ad esempio H. Condarco Antezana, El gran Yatiri, La Paz, 1986 e A.

Balderrama Maldonado, Oro dormido: Choquecamata, Buenos Aires, Libros deHispanoamérica, 1989.

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senza-assenza della giovane, perché convinto che, durante la notte,la sua anima si aggiri per la casa parrocchiale nella quale avevanofelicemente vissuto. Maria, infatti, vaga ancora nei sentieri delWakayñán o "País de los Espíritus". II sacerdote, in uno stato disemi-coscienza, riesce a vederla e a parlarle. È a questo punto chela sua fede scivola irrimediabilmente verso un inconsapevole sin-cretismo religioso tra il cattolicesimo, che professa l'immortalitàdell'anima, e le credenze indigene, che ritengono possibile la disso-ciazione dell'anima dal corpo e, di conseguenza, una verosimile ri-unificazione:

Creyente apasionado de la doctrina de la inmortalidad delalma, que coincidía con la sublime concepción de sus antepa-sados, había llegado al convencimiento que retornando el almaal cuerpo se recobra la vida. El principio absoluto. Para la vo-luntad todopoderosa del amor no hay obstáculos, tengo que li-berarla del Ukhupacha y el resto será sencillo. [...] No estabadefinitivamente muerta porque su muerte era incompleta. Elcuerpo bajo tierra y el alma rodando por la casa22.

Antonio si propone dunque di ricongiungere l'anima "errante"di María con il corpo ormai corrotto dalla morte. Una notte si dirigenel luogo dove la donna è sepolta con l'intenzione di dissotterrarnele spoglie. E1 a questo punto che Taboada Terán inserisce uno deipassi più intensi del romanzo. Antonio è davanti alla tomba diMaria ed esclama "¡Dios mío, yo no he perdido la Fe!"23. Nel suo de-lirio, infatti, egli ricorda come anche Gesù resuscitò Lazzaro e men-tre con le mani scava il corpo dell'amata, nella mente si affollanovertiginosamente le parole del Vangelo:

Dice Jesús: Quitad la piedra. Marta, la hermana del que habíamuerto, le dice: Señor, hiede ya, que es de cuatro días. Jesús ledice: ¿No te he dicho que, si creyeres, verás la gloria de Dios?

22 Néstor Taboada Terán, Manchay Puytu. El amor que quiso ocultar Dios,p. 60. Per "Ukhupacha" vedi nota 11.

23 Ibidem, p. 61.

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Entonces quitaron la piedra de donde el muerto había sidopuesto.24

Freneticamente, Antonio continua nel suo macabro lavoro fi-no a raggiungere il corpo di Maria per rinnovare, come verrà resoesplicito molto più tardi25, il miracolo della resurrezione della car-ne. Si tratta di un momento chiave del romanzo e Taboada Terán,con una efficace scelta stilistica, plasma la sua prosa riuscendo adar forma verbale all'eccitazione delirante del sacerdote; alla rie-vocazione del ritorno alla vita di Lazzaro si associano sia la voce diAntonio che quella del narratore. Il risultato è la raccapricciantedescrizione della profanazione tombale:

¡Lázaro ven fuera! Con denuedo limpió la tierra humedecidapara descubrirle todo el cuerpo. Ay, cubierta a puros jergonese impregnada de fetidez a flores descompuestas parecía unaantorcha apagada que de pronto se enciende. [...] No era unaChullpa marchita, momia consumida. Emocionado la abrazó ybesó en las mejillas amoratadas. [...] Y el que había estadomuerto, salió, atadas las manos y los pies con vendas; y su ros-tro envuelto en un sudario. Díceles Jesús desatadle y dejadleir. Tienes los labios fríos, pobre compañera mía, la boca inerte.El feliz encuentro. ¡Mi palomita, urpilay, llegaste temprano auna muerte que no era la tuya!26

Una volta trasportato il cadavere a casa, il sacerdote lo lavaaccuratamente e lo cosparge di unguenti. Vinto infine dalla passio-ne, adagia Maria sul letto e giace nuovamente con lei. Dopol'estremo atto di mistica necrofilia le toglie una tibia con cui co-

u Ibidem, p. 62.26 Ibidem, p. 208.M Ibidem, pp. 62-63. "Chullpa" è la mummia disposta in cavità sotterranee o

dentro appositi recipienti di terracotta, fasciata ed in posizione fetale. "Urpilay" si-gnifica "colomba-mia". È opportuno notare che Maria è stata sepolta cristianamen-te, quindi in posizione orizzontale, ma Antonio, nel suo vaneggiamento, ricorre an-cora al sincretismo religioso e descrive il cadavere di Maria come se fosse statopreparato per la cerimonia funebre secondo il culto indigeno.

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struisce una quena.Nella cultura andina questo tipo di flauto, straordinariamen-

te melodioso27, appare come l'equivalente della voce umana ed in-fatti non assume mai funzioni di accompagnamento ma si alternasempre con il canto. Attualmente la quena è costruita con il legnodi una pianta simile alla canna e può essere prodotta semi-indu-strialmente in maniera relativamente uniforme. In origine peròogni suonatore fabbricava la sua, cosicché egli era identificabiledalla voce del proprio strumento (in particolare la donna riconosce-va il suo uomo)28. In passato, per la realizzazione di questi flautivenivano usate anche ossa di animali o umane29.

La quena costruita da Antonio è pertanto in grado di emettereun suono inconfondibile, capace di oltrepassare le frontiere delmondo terreno per giungere nel Wakayñán ed essere riconosciutoda María. Lo yaraví, cioè il poema accompagnato dalla musica, èdunque un modo per comunicare con l'anima della india fino aquando il suo amante non riuscirà ad inviarle un messaggero. Lamelodia composta e suonata dall'innamorato sacerdote, e di cui Ta-boada Terán riporta nel testo anche la trascrizione su pentagram-ma, è però così inquietante e straziante che si rivela insopportabileall'udito dei vivi, ma non lo è certo per Antonio. Infatti, mentreMaria è un'anima che 'Vive nella morte", il sacerdote è un "morto invita"30 in procinto di abbandonare il mondo terreno per raggiungerel'amata. Per attenuare l'effetto acustico, Antonio viene obbligato asuonare il flauto introducendo testa e mani all'interno di una gran-de anfora di terracotta, assumendo così una posizione grottesca.

27 "Instrumento misterioso al que mi amigo el poeta Manuel Castillo llamaba:Flauta sublime de una voz extrañaque llena el corazón de amarga pena" (cfr. R. Palma, op. cit., p. 202).

28 Cfr. Garcilaso de la Vega, The Royal Commentaries ofthe Inca, trad. di M.Jolas, Lima, Librerías ABC, 1986, p. 79.

29 "La costumbre de utilizar huesos es común en culturas andinas, por ejem-plo en la 'Nazca', en que también se encuentran diversas nautas fabricadas conhuesos de llama y aún con fémures humanos". Cfr. J. Diaz Gainza, Historia musi-cal de Bolivia, La Paz, Ed. Puerta del Sol, 1988, p. 59.

30 Néstor Taboada Terán, Manchay Puytu. El amor que quiso ocultar Dios,p. 179.

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Questo ripiego però non farà altro che trasformare il lamento in unsuono ancora più sinistro:

En ella tocaba el cura uno de los muchos yaravíes que habíacompuesto para la amada, el más triste, el más espresivo, elmás bello. Para tocarlo introducía la quena en un puitu, can-tarillo hecho de una arcilla especial, con lo que la música pa-recía un lamento lúgubre, casi pavoroso y traducía mejor lamagnitud de su infortunio.31

Da qui l'origine del titolo del poema, delle leggende e del ro-manzo: Manchay Puytu significa infatti "anfora del terrore"32.

Nel romanzo di Taboada l'amore, il desiderio, la passione el'eros sono sempre relazionati con la morte e non solo nel rapportoAntonio/Maria, ma anche nella vicenda di un altro personaggio, ilBigardo, l'hidalgo spagnolo "depredador de doncellas" condannatoalla pena capitale dal Santo Uffizio per aver violato 360 indigene.Queste ultime, una volta eseguita la sentenza, si immoleranno conun sacrificio collettivo per non abbandonare l'anima dell'amante eper raggiungerla nel Wakayñán. Ancora una volta, dunque, Taboa-da Terán mette il lettore di fronte ad una nuova ed eclatante scenadi morte per amore.

La vicenda del Bigardo si inserisce come storia parallela aquella dei due amanti, ma acquisisce una sua fondamentale valen-za proprio perché è un ulteriore esempio di eros legato alla morte,che raggiunge il suo culmine nella notte precedente all'esecuzione,quando il Bigardo esprime l'ultimo desiderio terreno, ovvero di gia-

31J. Lara, op.cit, pp. 135-136.32 Manchay significa, come sostantivo, "susto, sobresalto" e come verbo "te-

mer, tener miedo" (cfr. J. Lara, Diccionario Queshwa-Castellano, La Paz-Cocha-bamba, Ed. Los Amigos del Libro, 1991, p. 138). Puytu o Puitu o Puito, equivale a"rotonda. Especie de ánfora de arcilla" {Ibidem, p. 169). In un altro caso, Lara ri-porta come significato di Puytu "aríbalo, pequeño cántaro de arcilla" (cfr. J. Lara,Leyendas quechuas, cit, p. 150). R. Palma traduce invece Manchay-Puito con "in-fierno aterrador", senza alcuna corrispondenza semantica con l'originale (cfr. R.Palma, op. cit, p. 202). Ciò è imputabile, come già accennato, al fatto che lo scrit-tore peruviano non conosceva il quechua.

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cere ancora con una india. Taboada Terán orchestra in questo pun-to un esemplare raccordo tra la vicenda dello spagnolo e quella diAntonio: la india che viene concessa al Bigardo ha le sembianze diMaria, facendo così intendere al lettore che quest'ultima altri non èse non la personificazione della morte.

Un altro parallelismo Antonio/Bigardo è costituito dalla con-danna emanata dal Santo Uffizio. Come nota L. H. Antezana, il ro-manzo inizia con la sentenza promulgata nei confronti dello spagnoloe termina con la scomunica post mortem formulata contro l'indio "porconvivir con el cadáver descompuesto de una mujer que en verdadera el demonio concupiscente"33. II Bigardo è condannato all'impicca-gione ed i cadaveri di Antonio e Maria a bruciare sul rogo:

Este indio taimado e hipócrita, infiltrado en la Iglesia para de-sacreditarla, aborto de los abismos, Satanás en carne mortal,no sólo merece la Excomunión post mortem sino la inmediataquema de sus restos en la pira funeraria [...]. Y también debeir a la hoguera el cadáver insepulto y pútrido de la india. Secomunicaría después por bando a la población de la Villa queserían sancionadas por la Iglesia con el rigor de la Excomu-nión todas aquellas personas que recitaren o cantaren los ver-sos y composiciones del terrible pecador. En especial el yaravíllamado Manchay Puytu34.

Entrambi i giudizi emanati dal Tribunale del Santo Uffiziocondannano l'amore e la sessualità spinti fino all'esagerazione, allasmoderatezza, all'eccesso35.

In conclusione, il significato profondo del Manchay Puytu è daricercarsi nello scontro tra la cultura cattolica spagnola e quellamagica indigena, originando un sincretismo che trova la sua perso-nificazione nella figura di Antonio, in cui la componente culturale au-

33 Néstor Taboada Terán, Manchay Puytu. El amor que quiso ocultar Dios,p. 217.

34 Ibidem, p. 214.35 L. H. Antezana, "Manchay Puytu" de Néstor Taboada Terán, in L. H. An-

tezana, Ensayos y lecturas, La Paz, Ed. Altiplano, 1986, pp. 121-127.

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toctona alla fine prevale su quella cristiana. Il dramma incarnatodalla tragica storia d'amore è il frutto dell'incomprensione tra duemondi retti su valori e credenze totalmente diversi, dalla cui fusionenasce la cultura "mestiza", che ancora oggi costituisce l'identità cul-turale boliviana e, in senso lato, dei paesi andini36. Secondo quantoafferma Taboada Terán, questo contrasto è simboleggiato dai perso-naggi Ñauparruna, "el Hombre Antiguo", coscienza storica del popoloindigeno, e il Bigardo, lo spagnolo conquistatore, che "come tesi edantitesi" rappresentano rispettivamente il popolo indio e quello ispa-nico, dai quali nascerà come sintesi "el Hombre Americano", di cuil'autore stesso si sente fortunata e vitale espressione37.

La vicenda del Manchay Puytu costituisce però anche l'e-spressione dell'amore legato alla morte e lo yaraví è la melodia chesimbolizza "el culto del amor-dolor"38. Ciò risulta chiaro dalle paroleche Ñauparruna rivolge ad Antonio poco prima di spingerlo al sui-cidio per raggiungere direttamente María: "Pues, hermano tatacu-ra, ¿no comprendes que un pacto de amor no es más que un pactode muerte?"39. In questo frangente il sacerdote comprende che "elamor es la más terrible y placentera forma de morir"40.

La breve analisi fin qui condotta, che tende a mettere in luce inumerosi ed eterogenei elementi che colorano il tessuto formale delromanzo, assume necessariamente un aspetto di frammentarietà.Ciò non deve tuttavia far dimenticare che è dall'armonica fusionedi tutte queste peculiarità che si genera e sviluppa l'unitario e riccocomplesso di un'opera straordinaria che può certamente annove-rarsi fra le più significative ed originali della letteratura andina.

36 Per I. Quiroga la storia d'amore tra Maria e Antonio "simboliza el choquecultural entre la cosmovisión occidental y la del indígena andino". Cfr. DiccionarioEnciclopédico de las Letras de América Latina, cit., p. 4610.

37 A. Finzi, corrispondenza privata con l'autore (6 febbraio 2001). Per ulte-riori considerazioni sull'opposizione storica Ñauparruna/Bigardo si veda L. GarcíaPabón, Deseo, muerte, historia en Manchay Puytu, in L. García Pabón (ed.), El pa-seo de los sentidos. Estudios de Literatura Boliviana Contemporánea, La Paz, Ins-tituto Boliviano de Cultura, 1983, pp. 277-286.

38 Néstor Taboada Terán, Manchay Puytu. El amor que quiso ocultar Dios,p. 219.

39 Ibidem, p. 196." Ibidem, pp. 209-210.

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