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7/23/2019 Pane Di Vita Eterna
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P. CARLOS MIGUEL BUELA
PANE DI VITA ETERNAE
CALICE DELL’ETERNA SALVEZZA
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P. CARLOS MIGUEL BUELA
PANE DI VITA ETERNAE
CALICE DELL’ETERNA SALVEZZA
EDIVI
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Imprimatur
+ Andrea Maria Erba
In prima di copertina: Beato Fra Angelico, L’istituzione dell’Eucaristia.Fresco, 186x234 cm. 1438/1442. Museo di San Marco,cella 32. Firenze. Si noti l’aureola in nero di Giuda.
In quarta di copertina: Altare della Cappella “Nostra Signora
dell’Annunciazione”, nella Procura della Casa Generaliziadell’Istituto del Verbo Incarnato, Via Uganda 37 (Roma).L’altare è un unico blocco, grezzo, di travertino romano, dallecave della “Società Romana Travertini”, nei Monti Tiburtini,nelle vicinanze di Tivoli. Il peso approssimativo è di 2.700-3.000 kg. Il calice e la patena appartenevano all’Arcivescovodi Montevideo, Sua Ecc.za Mons. Francisco Aragone, efurono regalati all’autore dal nipote, P. Domingo Aragone.Sono stati utilizzati nella Prima Messa dai padri dell’IVICarlos Buela (1971), Carlos Walker (1983), Higinio Rosolén(2003), Víctor Demianczuk (2004).
© 2006 – Editrice del Verbo IncarnatoIstituto del Verbo IncarnatoP.zza San Pietro, 2 – 00037 Segni (RM)[email protected]
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Alla beata memoria di
Giovanni Paolo Magno
L’Autore
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Presentazione
Stiamo presenziando negli ultimi anni un fenomenoda pochi immaginato nei decenni scorsi, cioè il risvegliarsinelle comunità ecclesiali e nei movimenti religiosi delladevozione eucaristica e la ripresa, timida ancora, ma veraripresa, dello studio teologico sull’essenza della SantaMessa. Questo merito, senza dubbio, si deve principalmentealla straordinaria opera di Papa Giovanni Paolo II. Egli,durante i lunghi anni di pontificato, con le sue parole e con il
suo esempio, con le Messe officiate privatamente nelraccoglimento o con le moltitudinarie celebrazioni pubbliche, è riuscito a comunicare ai fedeli ed a coinvolgerei sacerdoti nella sua profonda fede e devozione eucaristica.«Da quando ho iniziato il mio ministero di Successore diPietro, ho sempre riservato al Giovedì Santo, giornodell’Eucaristia e del Sacerdozio, un segno di particolareattenzione, inviando una lettera a tutti i sacerdoti del mondo.
Quest’anno, venticinquesimo per me di Pontificato, desiderocoinvolgere più pienamente l’intera Chiesa in questariflessione eucaristica, anche per ringraziare il Signore deldono dell’Eucaristia e del Sacerdozio: “Dono e mistero”»( Ecclesia de Eucharistia, n. 7). Non si tratta solo della pietàreligiosa di un uomo che amava l’Eucaristia; Egli agivacome capo di una Chiesa che per natura vive dell’Eucaristia.« Ecclesia de Eucharistia» non è solo il bel titolo di unaEnciclica, non è un fatto isolato ma la conclusione e il puntodi arrivo di un fecondo pontificato programmato in ordineall’Eucaristia. In questa sua ultima enciclica ci lascia cometestamento l’invito a «sostare davanti al “volto eucaristico”di Cristo, additando con nuova forza alla Chiesa la centralitàdell’Eucaristia» (n. 7). «Il pensiero di una simile iniziativaeucaristica era già da tempo nel mio animo: essa costituisce
infatti il naturale sviluppo dell’indirizzo pastorale che ho
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inteso imprimere alla Chiesa, specialmente a partire daglianni di preparazione del Giubileo, e che ho poi ripreso inquelli che l’hanno seguito» ( Mane nobiscum Domine, 4).
La nostra famiglia religiosa ha avuto la grazia dinascere e di crescere sotto la guida di questo Pontefice, chegiustamente riconosciamo ed esplicitamente proclamiamonel nostro diritto particolare «Padre del nostro Istituto».Potrei dire che il meglio di ciò che abbiamo assimilatoesistenzialmente lo dobbiamo a Giovanni Paolo Magno.
È sintomatico che l’ultimo anno eucaristico
internazionale sia stato aperto da un Pontefice, ma nonconcluso, bensì lasciato come eredità al suo successore. È unlegato vincolante e un auspicio di speranza. Il primo Sinododel nuovo millennio ha radunato i Vescovi nella riflessionesull’Eucaristia. In contemporanea alla realizzazione delSinodo, l’Autore del presente libro lavorava in questa opera,che si muove nella stessa problematica che occupò i PadriSinodali e che sarà sempre centrale nel trattamento di questomistero, cioè la natura essenzialmente sacrificaledell’Eucaristia.
Prima di entrare nel contenuto del volume, vorrei presentare il posto che occupa questo libro nelle opere diCarlos Buela. Si potrebbe fare una ricerca storica, studiandola sua formazione, il periodo di insegnamento e i contenutidei corsi nei seminari e all’Università Cattolica di Buenos
Aires, le diverse relazioni o interventi nei vari congressi, lasua attività pastorale, o soprattutto gli altri libri che precedettero la presente pubblicazione. Scelgo invece unaltro cammino. Avvalendomi della vicinanza al nostroFondatore, grazia che tanti di noi godiamo in questi primianni di fondazione della nostra comunità religiosa, mi propongo di raccontare semplicemente ciò che abbiamo vistoe stiamo vivendo in compagnia dell’Autore, esperienze tutte
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Presentazione
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che crearono l’ambiente propizio per la stesura del presentevolume. Parlerò dunque del posto centrale dell’Eucaristianella vita e nella formazione spirituale e teologica dei
religiosi dell’Istituto del Verbo Incarnato tale come ci è statotramandato dal nostro Fondatore durante i primi anni diesperienza di vita religiosa.
1. Nel 1985, a meno di un anno dall’iniziodell’esperienza religiosa, il P. Buela con il primo gruppo diseminaristi si trasferirono ad una vecchia casa di campagna,abilitando una delle stanze come cappella col titolo di
«Nuestra Señora de la Anunciación». La statua lignea dellaVergine che diede il nome alla cappella fu donata a una dellemissioni dell’IVI e oggi si trova in Taiwan. Fin dallaredazione del primo progetto di Costituzioni ( Principios generales o “Nuestro camino”) si stabiliva per i religiosiun’ora quotidiana di adorazione eucaristica. Non essendosufficiente lo spazio della piccola cappella, noi seminaristi pregavamo dalla stanza contigua e durante l’estate dal
giardino attorno alla casa. A pochi mesi, il 25 di ottobre 1985,fu benedetta la pietra fondamentale della nuova Chiesa. Nellaquasi estrema povertà in cui si viveva, si pensava comunquealla costruzione di una grande e degna Chiesa per accoglierele vocazioni che il Signore stava donando all’Istituto. Conmolti sacrifici e privazioni il 2 dicembre 1990 fu dedicato iltempio in onore della Vergine Addolorata. Il vescovodiocesano, Sua Ecc.za Mons. León Kruk aveva scelto il nomedella chiesa e parrocchia nel ricordo dei dolori passati per poter dare inizio alla Congregazione.
Seguendo le indicazioni di P. Buela, lavorarono neldisegno della Chiesa l’allora seminarista e architetto RolandoSantoianni (oggi sacerdote dell’IVI nel santuario Our Lady of Peace a San José, California), nel presbiterio ligneo ilseminarista Benito Lagos (oggi parroco a Tarquinia in Italia),
in alcune pitture il sacerdote Ricardo Coll (allora formatore
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nel seminario diocesano di San Rafael), per solo nominarealcuni collaboratori. Dentro la Chiesa (a forma di croce latina)l’altare si trova nell’intersezione delle due braccia, occupando
però il presbiterio quasi la metà di tutto lo spazio interno: cosìfu disegnata, pensando alle grandi concelebrazioni e dandospazio sufficiente affinché i sacerdoti, i diaconi e i ministri potessero svolgere una «liturgia cattedralizia» secondo ilsentire del P. Buela. Nel centro del presbiterio, elevato su tregradini, affiancato da candelabri di ferro battuto, si alza ilmaestoso altare scolpito nella sobrietà e fermezza della pietraonice bianca delle cave di San Rafael. Dietro l’altare, piùelevato, si erge il retablo ligneo, forma architettonica moltodiffusa in tutta la Spagna e America latina provenientedall’area Aragonese-Catalana; in Italia si trova principalmentein Sardegna come traccia del periodo di dominazionespagnola. Nel centro del retablo si trova il tabernacolo cheriproduce il battistero ottagonale di Aachen. Da due scalelaterali si può salire fino alla nicchia superiore ove si depone
l’ostensorio con il Santissimo Sacramento per l’adorazioneeucaristica. Questa breve descrizione è sufficiente per intuirel’importanza che si voleva dare all’Eucaristia, messa al centrodella formazione dei futuri presbiteri dell’IVI. Non si tratta,dunque, di solo gusto estetico, ma di un proposito ben chiaro,della preoccupazione di trovare le migliori condizioni per lacelebrazione eucaristica, per il corretto svolgimento dellaliturgia, della quale il P. Buela in persona ne faceva oggetto di
studio, di conferenze, di predicazioni e perfino di applicazione pratica.
2. Allo stesso tempo, nel campo intellettuale eculturale (si pensi ad una congregazione appena fondata), ilP. Buela decise di rilanciare la Rivista Diálogo fondata dalrinomato sacerdote argentino Julio Meinvielle, il quale erariuscito ad editare solo tre numeri. Ripresa l’attività
editoriale, nel numero 7 fece tradurre e pubblicare un
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articolo di A. M. Hoffmann, De sacrificio Missae sec. S.Thomam che si ritrae agli anni ’30. Una scelta un tanto stranaforse per i lettori, ma con l’intenzione ben precisa di
introdurre fra sacerdoti e religiosi (e non solo) una problematica che P. Buela teneva molto a cuore. Hoffmannoffriva un’interpretazione dell’essenza della Santa Messaaccentuando fortemente la differenza, che secondo lui si poteva vedere in San Tommaso, fra il Cristo contenuto e ilSacrificio della Croce soltanto rappresentato. L’annoseguente mi chiese di tradurre diversi studi di GerbhardRohner che approfondivano il problema: « Die Messapplikation nach der Lehre des hl. Thomas» e poi« Messopfer – Kreuzesopfer » apparso in Divus Thomas(Friburgo). Così durante gli anni 1994-1995 apparveroqueste traduzioni svegliando un caloroso dibattito tra i nostrigiovani sacerdoti e seminaristi. Secondo una bella usanza,dopo la colazione e prima delle lezioni, i religiosi siintrattenevano attorno al tavolo ove i sacerdoti, spesso
durante quel periodo, discutevano le diverse posizioniriguardanti la presenza reale del Sacrificio della Croce nelsacramento eucaristico.
P. Buela iniziò contemporaneamente un ciclo di predicazioni (tutti i giovedì presiedeva e predicava nelseminario maggiore) sull’Eucaristia, normalmentecommentando un passo di S. Tommaso, ma non solo.Altrettanto faceva durante la solenne Messa dominicale che per molti anni fu presieduta da lui e dove l’omelia quasisempre focalizzava il mistero del sacerdozio odell’Eucaristia. Addirittura, durante i momenti di difficoltàche normalmente segnano l’inizio di una nuova fondazione(come lo dimostra la storia dei movimenti religiosi) le predicazioni non mutavano la tematica, dimostrando con ifatti che l’unica preoccupazione del sacerdote e del
seminarista in formazione doveva essere l’occuparsi nelle
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cose del Signore. È da menzionare anche la bella tradizionedi accompagnare la processione del Corpus Domini leggendo e meditando un Dialogo Eucaristico scritto
appositamente ogni anno. Questi Dialoghi – di cui il primorisale al 1994 e che oggi sono stati tradotti e recitati indiverse lingue – non solo furono scritti da P. Buela: egli perfino ci teneva molto a guidare personalmente la lorolettura durante le processioni.
3. Mi si permetta un excursus teologico sulladiscussione provocata tra noi dalla pubblicazione degli
articoli di Hoffmann e Rohner. La Santa Messa è il sacrificiodella Nuova Alleanza nella quale, sotto le speciesacramentali, si offre la stessa vittima del Calvario, GesùCristo. È un vero sacrificio; così l’afferma il Concilio diTrento: «In hoc divino sacrificio quod in Missa peragituridem ille Christus contineretur et incruente immolatur, qui inara crucis semel seipsum cruente obtulit» (sess. XXII, cap.2). Al momento di spiegare la natura del sacrificio
eucaristico sorsero varie dottrine che oscillavanodall’immolazione fisica fino alla teoria della mera oblazione.Per i primi, la Messa è un sacrificio perché c’è distruzionefisica delle specie sacramentali nel momento dellacomunione; così san Roberto Bellarmino ( De Missa, l. 1, c.27). L’altra teoria o teoria dell’oblazione prese due versanti:l’oblazione esterna e l’oblazione interna. Per M. della Taille( Mysterium fidei. De augustissimo Eucharistiae Sacrificioatque Sacramento) nella Messa la Chiesa per mezzo dellatransustanziazione, offre il Corpo di Cristo nel suo stato diimmolazione e così realizza un vero sacrificio, cioèl’oblazione attuale e presente (sull’altare) di un’immolazione passata (nella Croce) ma che rimane passivamente (nelCielo). Secondo M. Lepin ( L’idée du sacrifice de la Messed’après les théologiens depuis l’origine jusqu’à nos jours),
la Messa è l’oblazione rituale fatta dalla Chiesa dell’offerta
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interna che attualmente Gesù offre al Padre sotto le specieeucaristiche. Nessuna delle teorie, però, sembra in perfettaconsonanza col concilio di Trento.
Col fiorire della scolastica e col rinnovato studiodella patristica si tornò alle concezioni tradizionali delsacrificio eucaristico. Ma ci furono anche qui due posizioni ben diverse. Assai importanti furono gli studi del card. L.Billot, De sacramentis, I: dato che sotto le specie del pane, per le parole della consacrazione (vi verborum) si trova soloil Corpo e sotto le specie del vino solamente il Sangue,
nell’Eucaristia si realizza sub signis una separazione delCorpo dal Sangue, un’immolazione mistica presente ( statusimmolationis; habitus externus violentae mortis), chespontaneamente evoca la morte della Croce, rappresentandoal vivo l’immolazione cruenta.
Nel frattempo nel mondo tedesco sorge un’altraconcezione più radicale ancora: per Odo Casel, la SantaMessa è la stessa, numericamente identica, al sacrificio dellacroce che acquisisce un nuovo ubi (luogo) ed un nuovoquando per la transustanziazione. «Egli propone unaripresentazione (Vergegenwärtigung ) nel senso proprio della parola. Non solo gli effetti della Passione del Signore, molto più: la Passione stessa, il fatto storico che si consumò nelGolgota che diventa nuovamente presente nel Mistero; nonche si ripete nel suo accadere naturale, ma che diventa
presente nei riti simbolici di modo misterioso, ma non perquel motivo meno reale», secondo il dire di BernhardPoschmann. La Messa, secondo questa concezione, implicauna singolare «contemporaneità» dell’immolazione cruentadella croce a tutti i tempi. Si assicura così l’identità dellaMessa con il sacrificio della Croce, ma sembra che sicomprometta l’identità assoluta di Cristo eucaristico colCristo glorioso nel cielo.
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Un tentativo di incorporare le intuizioni di O. Caselrestando fedele a San Tommaso fu realizzato da GerbhardRohner. Inizialmente con un articolo che solo accidentalmente
toccava il problema ( Die Messapplikation nach der Lehre deshl. Thomas) e cinque anni più tardi con un altro molto più profondo ed esegetico: Messopfer-Kreuzesopfer apparso in Divus Thomas (Friburgo), 8 (1930), pp. 3-17, 145-74, ove l’A.raccoglie e risponde alle obiezioni che avevano suscitato lesue pubblicazioni. Gerbhard Rohner si mostra in essi come ilmigliore interprete di San Tommaso del suo tempo su questotema. L’esegesi dei testi tomistici è precisa pur essendodebitore di un metodo ancora poco attento alla letturadiacronica dei passi tomistici. Contro la corrente che insistevanella distinzione fra il Christus passus continetur e il sacrificium raepraesentatur , Rohner dimostra con i testidell’Angelico l’identità del Christus passus con il sacrificiumdella Croce e dunque la reale presenza di ambedue realtà. Duesono i punti forti della sua posizione: la dottrina della
ripresentazione e l’esegesi che fa della espressione Christus passus. Vale la pena dedicare alcune righe a questi due problemi.
Innanzitutto è da premettere che G. Rohner nontraduce i testi di San Tommaso letteralmente, ma trascrive intedesco usando i termini che più rafforzano la sua propriainterpretazione. Per esempio, quando il testo latino dice:«Utrum in hoc sacramento sit corpus Christi secundumveritatem, vel solum secundum figuram vel sicut in signo»;egli potendo tradurre in tedesco: «Ob in diesem Sakramenteder Leib Christi wahrhaft sei...», traduceva invece: «Ob indiesem Sakramente der Leib Christi wahrhaft gegenwärtig sei» (essere presente); dove San Tommaso dice: «...che il verocorpo di Cristo ed il suo sangue sono in questo sacramento...»Rohner traduce: «...che il vero corpo di Cristo ed il suo sangue
sono presenti ( gegenwärtig ist ) in questo sacramento...». Tutta
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la forza dell’affermazione ricade sull’essere presente( gegenwärtig sei), centrale nella sua dottrina.
L’espressione teologica Christus passus presenta una
gran difficoltà per la traduzione, tanto in tedesco come initaliano. In tedesco, il participio latino passa in forma di unacostruzione participiale ( Partizipialkonstruktion). Lacostruzione participiale con participio passato designa unevento passato, terminato, concluso; ma se il verbo èintransitivo può costruirsi solo col participio presente.Questo succede con il verbo patire (leiden) il cui participio
passato ( gelitten) non si usa in costruzione participiale. Puòessere utilizzato solo in presente: der leindende Christus. Maquesta espressione può creare confusione perché significa il passato (Cristo che ha patito – sofferto) ed anche il presente(Cristo che patisce – soffre). Per evitare questa confusione,Rohner lascia l’espressione Christus passus tra parentesi e latraduce con un barbarismo usando il participio passato più il participio presente a modo di ausiliare: der gelitten habende
– che potremmo tradurre – l’avente (avendo) patito, colquale si rimarca la permanenza al presente di una azione(stato) già conclusa.
Ma la chiave interpretativa di G. Rohner, con la quale faappello a Odo Casel, è la parola vergegenwärtigen,Vergegenwärtigung . Il latino di San Tommaso dice:raepraesentat passionem Christi. Per tradurre raepraesentare
al tedesco Rohner aveva a disposizione due verbi:vergegenwärtigen e darstellen. Tuttavia, i loro significati nonsono esattamente uguali: a) vergegenwärtigen: fare presente; gegenwärtig : presente; Vergegenwärtigung : presenza; b)darstellen: rappresentare; lit. dipingere, descrivere, interpretare; Darsteller : attore, interprete; Darstellung : rappresentazione,descrizione, interpretazione. Vergegenwärtigen ha un senso piùforte che darstellen, e perciò viene usato da Rohner, mentre per
riferirsi al mero rappresentare vuoto del segno convenzionale
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scriverà bildhafte Darstellung (rappresentazione figurativa).Odo Casel aveva messo tutta la forza nel semantemavergegenwärtigen: «Un farsi presente (Gegenwärtigwerden)
del Signore, benché sia con i segni della sua Passione, non basta per fare dell’Eucaristia un Sacrificio. Sacrificio èun’azione, un atto. Si tratta di un Atto sacrificale, e pertanto diun atto di Cristo, poiché Cristo secondo Trento è anche ilSacrificatore della Messa, idem offerens. Ma un nuovo Atto diCristo costituirebbe un nuovo Sacrificio; pertanto solo puòessere l’unico Atto del Signore nella Croce nuovamente presente sacramentalmente» (ODO CASEL, in Der Bonner Zeitschr. für Theol. und Seelsorge, 4 [1927] 109).
La posizione di Rohner è assai significativa, ma restaincompleta e non molto chiara: da una parte proponeun’esegesi ai testi di San Tommaso che sembra esatta edimostra che per l’Angelico il Sacrificio della Croce, e nonsolo Cristo, è presente realmente nell’Eucaristia. D’altra parte,quando deve fornire i fondamenti teologici fa appello al
principio sacramenta continent quod significant , però secondol’interpretazione ereditata da Odo Casel: è presente tutto ciòche è significato e in quanto significato, dunque è presenteallo stesso titolo anche la resurrezione, l’ascensione e laseconda venuta. C’è dunque un’identificazione che nonsembra legittima fra l’ordine intenzionale (dellasignificazione) e l’ordine causale (dell’efficienza). Ladiscussione è rimasta tutt’oggi aperta. Quali sono i veri principi o assiomi teologici di San Tommaso per spiegareteologicamente la presenza del Sacrificio nell’Eucaristia? Direcente, il magistero della Chiesa, ripetendo la dottrinatradizionale del memoriale e dell’applicazione, aggiunge parole ben precise sul modo di presenza. Nel Catechismodella Chiesa Cattolica, la versione tipica latina riporta il verboe fra parentesi una precisione: «Eucharistia est igitur
sacrificium quia Sacrificium crucis repraesentat (praesens
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reddit), quia eius est memoriale et quia eius fructum applicat »(n. 1366); e nella edizione italiana sono indicati in corsivo econ un trattino che separa il verbo dalla preposizione:
«L’Eucaristia è dunque un sacrificio perché ri-presenta (rende presente) il sacrificio della croce...». Nell’Enciclica Ecclesiade Eucharistia: «La Chiesa vive continuamente del sacrificioredentore, e ad esso accede non soltanto per mezzo di unricordo pieno di fede, ma anche in un contatto attuale, poichéquesto sacrificio ritorna presente, perpetuandosisacramentalmente...» (n. 12). Nella versione tedesca si usa ilsemantema gegenwärtigwerden che era stato oggetto didiscussione, come abbiamo accennato, e nelle altre lingue siusa il verbo corrispondente con lo stesso proposito1. Abbiamol’impressione che ci sia stato uno sviluppo o chiarimentodogmatico a questo riguardo, ma lasciamo la conclusione aiteologi. Per noi è sufficiente ciò che è stato detto.
4. Pane di vita eterna e calice dell’eterna salvezza. Questo excursus ed il riferimento ai suddetti autori è solo per
indicare le circostanze che attivarono tra noi una discussioneteologica che storicamente annoverava grandi teologi – si pensi alla sapienziale lettura di San Tommaso che ha fattoDom Vonier in La chiave della dottrina dell’Eucaristia...( A Key to the Doctrine of the Eucharist ), ma anche tutti quelliche hanno preparato la discussione come F. Suarez, G.Alastruey, Lugo, Franzelin, Hurter, Lamiroy, E. Saurás,
1 «Die Kirche lebt unaufhörlich vom Erlösungsopfer, und ihm nähert siesich nicht durch ein glaubensvolles Gedenken, sondern auch in einemaktuellen Kontakt, denn dieses Opfer kehrt als gegenwärtiges wieder [...]Die Messe macht das Opfer des Kreuzes gegenwärtig...»; «este sacrificio
se hace presente, perpetuándose sacramentalmente»; «ce sacrifice serend présent, se perpétuant sacramentellement»; «this sacrifice is made
present ever anew, sacramentally perpetuated» (il corsivo si trova semprenegli originali).
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Lessio, Gonet, Billuart, Monsabre, Hugon, M. de la Taille,Lepin, eccetera, pensatori che sono frequentemente citati neilibri del nostro Autore.
Torniamo sulla preparazione immediata all’uscita del presente volume. Fra i libri pubblicati da C. Buela negli ultimianni c’erano alcuni di contenuto pastorale come Modernosataques contra la familia, Jóvenes en el tercer milenio, Maríade Luján, el misterio de la Mujer que espera... ed altri dinatura piuttosto teologica come Un pequeño «gran»documento: la declaración «Dominus Jesus» e il Catecismo
de los jóvenes (10º edizione). Riguardo al nostro tema possiamo citare quattro pubblicazioni: Nuestra Misa, LasServidoras I , Las Servidoras II y Sacerdotes para siempre.
Considerando questi scritti in ordine cronologico, il primo libro è stato Las Servidoras, uscito nel 1997. Il titoloevoca il nome dell’Istituto delle Serve del Signore e laVergine di Matará da lui fondato nel 1988. Fra i diversiaspetti della spiritualità religiosa indicava come centrale la partecipazione eucaristica. Nel 2002 pubblica il secondovolume di Servidoras. Il frequente riferimento al misteroeucaristico aveva lo scopo di offrire materiale affinché lereligiose ed anche i laici partecipassero più fruttuosamentealla celebrazione eucaristica. Era la sua risposta alladomanda dei religiosi che gli chiedevano perché avevaincluso in un libro destinato piuttosto alle suore alcune
prediche pronunciate nella Chiesa del Seminario, durantefeste più riguardanti il ramo maschile e su temi eucaristiciche più da vicino toccano il sacerdozio. E completava larisposta aggiungendo che il sacerdote contava con più mezzi per vivere più intimamente il mistero, giacché per la suaconsacrazione sacerdotale tutti i giorni attua in persona Christi capitis.
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Durante il Grande Giubileo del 2000 uscì il volumeSacerdotes para siempre, nel quale la natura e la missionedel presbitero viene illuminata da Cristo Sommo ed Eterno
Sacerdote. Una dettagliata seconda parte descrive ciò chedeve fare il sacerdote, concentrando l’attenzione sul suoministero principale cioè la celebrazione dell’Eucaristia.
Nel 2002 l’Autore pubblicava Nuestra Misa.L’impostazione data al volume era di tipo liturgico-pastoralee aveva come destinatari sacerdoti, seminaristi informazione, religiosi, religiose e laici. Lo sviluppo segue le
diverse parti del rito della Messa, soffermandosi principalmente nella considerazione dell’essenza delsacrificio eucaristico in rapporto con il Sacerdote principalee con il sacerdote ministeriale. Già dal titolo si volevasottolineare l’appartenenza del sacrificio di Cristo allaChiesa in quanto «l’Eucaristia è anche il sacrificio dellaChiesa» (CCC, 1368), e dentro la Chiesa, in un modospeciale al celebrante. Nel secondo momento o liturgia
dell’Eucaristia l’attenzione si concentra sulla consacrazioneo transustanziazione e poi nei modi di presenza di Cristo.Del sacrificio analizza l’aspetto rappresentativo, ilmemoriale e l’applicazione. Con speciale interesse si studial’azione del Sacerdote principale, che svolge un solo drammain tre atti: la Croce, l’Ultima Cena e la Santa Messa,vedendosi in quest’ultima in quanto segno sacramentale trelivelli o riferimenti correlativi: è un segno rimemorativo,dimostrativo e profetico. Ogni capitolo riporta testi biblici,testi del Magistero, argomenti teologici e considerazionispirituali, ma in fondo s’insinuava un’intuizione originale, lecui implicanze teologiche non si erano ancora sviluppate.L’A. scriveva infatti: Molti anni or sonno cominciai a studiare il tema dell’Eucaristia. Sono stato mosso da unaintuizione [...]. L’intuizione era che la ragione per cui la
Messa è sacrificio dev’essere molto semplice, come tutte le
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cose grandi di Dio, che è la Semplicità infinita. Stimo che lachiave si trova nell’ultima frase di San Tommaso [...]. Erad’aspettarsi un trattamento o riflessione articolata degli
argomenti centrali nel loro insieme, poggiato sui testi di SanTommaso, lavoro che in quegli anni stava portando avanti.
Durante l’ultimo incontro con i Superiori Provincialidell’IVI (Segni, luglio 2005) P. Buela sviluppò nelle omeliein un modo assai originale alcuni argomenti teologicid’ispirazione nettamente tomistica e che inizialmente si pensava di incorporare in una IV edizione di Nuestra Misa.
In quella occasione fu sollecitato da alcuni padri perché pubblicasse questi ed altri studi recenti in un nuovo librod’impostazione speculativo-teologica, richiesta alla qualerispose affermativamente e che ora viene alla luce nel presente volume.
L’A. parte da un’esperienza personale, sorta dallafrequente lettura di San Tommaso, cioè il vedere con sorpresacome l’Angelico spesso usi espressioni come patet (= èchiaro), e a noi non patet (= non è chiaro) affatto, oppure eglidice manifestum est (è evidente), e per noi non è evidente, eugualmente constata come l’Aquinate non esce dal binomio didue principi che gli forniscono una certezza assoluta nellariflessione, cioè il dogma di fede e i fatti dell’esperienza, ecome appoggiandosi su questi due principi sviluppa alcuneidee-forza che sono come le nervature di quella magnifica
costruzione che è la Somma Teologica. Con queste intuizionil’A. realizzò un’incursione trasversale nelle questionieucaristiche del Trattato di San Tommaso rilevando le parole,e quindi i concetti più ricorrenti nell’argomentazionedell’Angelico Dottore. Taluni indicano la realtà presenteChristus passus, o il modo continetur , realiter , substantialiter ,altri sono termini dialettici necessari per avvicinarci a sì profondo mistero: ex vi sacramenti – ex vi concomitantiae, in
specie propria – in altra specie, directe o per se – quasi per
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Presentazione
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accidens... Dall’insieme di così numerosi testi di SanTommaso disposti in questo modo, l’A. è riuscito a fareemergere una luce nuova e una spiegazione più profonda e in
alcuni punti veramente originale (da quanto a me risulta) chela lettura dei singoli testi non offriva. È in questo che si trovail contributo principale del volume. Siamo convinti che senzail ricorso a questi concetti tomistici sarà difficile e forseimpossibile spiegare gli aspetti più profondi del mistero, comead esempio la sua natura sacrificale.
L’originale esce in italiano, ed è il primo libro di P.
Buela – che dal 2001 abita a Segni (Roma) come SuperioreGenerale dell’IVI – pubblicato in questa lingua; ciauguriamo che sia di chiarimento teologico e di nutrimentospirituale per tante anime che desiderano vivere una solidaspiritualità eucaristica. Siamo informati sul bene enorme chehanno fatto le sue altre pubblicazioni, non solo ai religiosidella Famiglia del Verbo Incarnato (più di 1.400 missionarinei cinque continenti), ma anche a tanti sacerdoti e persone
principalmente di lingua spagnola, ma grazie alle traduzioni,in lingua portoghese e francese. Ringraziamo l’aiuto –nell’aspetto linguistico – del Dott. Stanislao Fioramonti e ci prodighiamo affinché prontamente i lettori italiani abbiano inmano anche gli altri libri che hanno preceduto il presentestudio. Pane di vita eterna e calice dell’eterna salvezza significa al presente un vero progresso nella speculazioneteologica su alcuni punti esenziali dell’Eucaristia, progressonel contenuto e nel metodo, e fornisce argomenti saldi peraffrontare nuovi studi su un mistero inesauribile, mistero chenessuna mente umana né angelica potrà mai esaurire, perchéin essa «è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioèlo stesso Cristo, nostra Pasqua» ( Presbyterorum ordinis, 5).
Elvio C. Fontana
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Introduzione
« La Scrittura lamenta che alcuni sacerdoti “non si dedicavano più agli uffici dell’altare, disprezzando il tempio e trascurando i
sacrifici” (2Mac 4,14)»2.San Tommaso
Allo scopo di dare alcune conferenze durante gliesercizi spirituali per sacerdoti sul tema dell’Eucaristia,trovandoci allora nell’«Anno dell’Eucaristia», ci è capitato discorrere le linee-guida dell’omonimo trattato di S. Tommaso
nella Somma Teologica e in altre opere.È stata una sorte d’incursione trasversale nelle
questioni eucaristiche, undici in tutto, che rappresentano quasile nervature gotiche della «cattedrale» della Summa sul tema.
Ho selezionato vari termini teologici con il motore diricerca del computer in tale trattato in latino, cercando le parole in base al tema che volevo svolgere, per verificare
l’uso di tali termini nel Santo Dottore.In seguito mi hanno incoraggiato a scrivere questolibretto. Ritengo che quanto è più centrale stia ai capitoli 7, 9e 12. In un’altra edizione forse potrei ampliare il lavoro conaltri termini.
Accetto in anticipo qualsiasi correzione voglia farmila Chiesa, tenendo presente l’esempio chiarissimodell’Aquinate nel monastero di Fossanova: «L’abateTeobaldo gli portò la comunione. Prima di riceverla, in presenza “dell’intera comunità dei monaci e di moltidomestici e fratelli conversi” disse molte “cose belle”riguardo alla sua salda fede nella presenza reale, e in particolare questo: Ho insegnato e scritto molto su questo
2 S. Th., III, 82, 10, c.: «Et hinc est quod II Machab. 4,[14] dicitur contraquosdam sacerdotes quod iam non circa altaris officia dediti erant,
contempto templo et sacrificiis neglectis».
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P. Carlos Miguel Buela — Pane di vita eterna e calice dell’eterna salvezza
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Santissimo Corpo e sugli altri sacramenti, secondo la miafede in Cristo e nella Santa Chiesa Romana, al cui giudiziosottometto tutto il mio insegnamento»3.
Vuole essere inoltre un riconoscimento all’Angelico,detto anche Dottore Eucaristico, e al Concilio Vaticano II, che40 anni fa, il 28 Ottobre 1965, con la solenne proclamazione diS.S. Paolo VI promulgava il decreto Optatam totius sullaformazione sacerdotale, e la dichiarazione Gravissimumeducationis sull’educazione cristiana dei giovani, costituendosiin questo modo nel primo Concilio Ecumenico che raccomanda‘nominatim’ un teologo, San Tommaso d’Aquino, invitandoci a porci «sotto il suo magistero»4.
3 Cfr. Proc. Canoniz. Neapoli, n. 49 ( Fontes, 332); J.A. WEISHEIPL,Tommaso d’Aquino. Vita, pensiero, opere, Jaca Book, Milano 19942, 329.4 Cfr. CONCILIO VATICANO II, Optatam totius, 16: « Inoltre, per illustrareintegralmente quanto più possibile i misteri della salvezza, gli alunniimparino ad approfondire e a vederne il nesso per mezzo della
speculazione, avendo S. Tommaso per maestro»; [«deinde ad mysteriasalutis integre quantum fieri potest illustranda, ea ope speculationis, S.Thoma magistro, intimius penetrare eorumque nexum perspicere alumniaddiscant»] (in AAS 58 [1966] 723; in Enchiridion Vaticanum, EDB,Bologna 199615, vol. 1, n. 807); cfr. Gravissimum educationis, 10:« Analogamente la Chiesa ha grande cura delle scuole di grado superiore,
specialmente delle università e delle facoltà [...]. Le singole discipline sianocoltivate secondo i propri principi e il proprio metodo [...] in maniera che
se ne abbia una sempre più profonda comprensione e, indagando moltoaccuratamente le nuove questioni e ricerche poste dall’età che si evolve, sicolga più profondamente come fede e ragione si incontrino nell’unicaverità, seguendo le orme dei dottori della Chiesa, specialmente S. Tommasod’Aquino»; [«Altioris ordinis pariter scholas, praesertim Universitates etFacultates Ecclesia sedula prosequitur cura [...] organica ratione intendit utsingulae disciplinae propriis principiis, propria methodo [...] ut profundior indies earum intelligentia obtineatur et, novis progredientis aetatisqueastionibus ac investigationibus accuratissime consideratis, altius
perspiciatur quomodo fides et ratio in unum verum conspirent, EcclesiaeDoctorum, praesertim S. Thomae Aquinatis vestigia premendo»] (in AAS 58
[1966] 737; in Enchiridion Vaticanum, vol. 1, n. 843).
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1. Contiene
«…lo stesso Cristo, che è il Santo dei Santi»5. San Tommaso
S. Tommaso impiega più di 100 volte la parola latina«continet» (= contiene) e i suoi derivati. Con questaripetitività indica chiaramente la differenza sostanziale cheesiste tra l’Eucaristia e gli altri sacramenti. L’Eucaristiacontiene Cristo.
L’Eucaristia contiene qualcosa di assolutamente sacro:Cristo stesso. «Un sacramento è tale in quanto contienequalche cosa di sacro. Ma una cosa può essere sacra in duemodi: in senso assoluto, o relativamente a un’altra cosa. Ora,è questa appunto la differenza tra l’Eucaristia e gli altri sacramenti aventi materia sensibile: l’Eucaristia contienequalche cosa di sacro in senso assoluto, cioè il Cristo stesso;l’acqua del battesimo invece contiene qualche cosa di sacro
in senso relativo, cioè una virtù santificatrice, e lo stesso valedel crisma e di altre cose simili»6.
« Per la stessa ragione si denomina anche Eucaristia,cioè buona grazia, perché “grazia di Dio è la vita eterna”,
5 In IV Sent., d. 9, q. 1, a. 3A [sol. I]: «…ipse Christus, qui est SanctusSanctorum…».6 S. Th., III, 73, 1, ad 3: «Sacramentum dicitur ex eo quod continetaliquid sacrum. Potest autem aliquid esse sacrum dupliciter, scilicetabsolute, et in ordine ad aliud. Haec est autem differentia interEucharistiam et alia sacramenta habentia materiam sensibilem, quodEucharistia continet aliquid sacrum absolute, scilicet ipsum Christum,aqua vero baptismi continet aliquid sacrum in ordine ad aliud, scilicetvirtutem ad sanctificandum, et eadem ratio est de chrismate et similibus».
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come si esprime S. Paolo (Ro 6,23); oppure perché contieneil Cristo che è pieno di grazia (Gv 1,14)»7.
Si chiama «hostia» (ostia) perché contiene Cristo:« L’Eucaristia si dice sacrificio in quanto rappresenta la passione di Cristo. E si dice ostia in quanto contiene ilCristo in persona, che è “ostia di soavità”, come si esprimeS. Paolo (Ef 5,2)»8.
Che vi sia Cristo stesso accade realmente: « La reale presenza del Corpo e del Sangue di Cristo in questo sacramento non può essere conosciuta dai sensi, ma solodalla fede, che si fonda sull’autorità divina. Ecco perché S.Cirillo, commentando le parole “questo è il mio Corpo che sarà dato per voi” (Lc 22,19) afferma: “Non dubitare checiò sia vero, ma piuttosto accetta con fede le parole delSalvatore, il quale, essendo la verità, non mentisce”.
E tale presenza si addice prima di tutto alla perfezione della Nuova Legge. Infatti i sacrifici dell’Antica
Legge contenevano il vero sacrificio della morte di Cristo soltanto in modo figurato, secondo le parole di S. Paolo:“La legge ha l’ombra dei beni futuri, non l’immagine vivadelle cose stesse” (Eb 10,1). Era giusto dunque che il sacrificio della Nuova Legge, istituito da Cristo, avessequalche cosa di più e cioè che contenesse lui medesimo che
7 S. Th., III, 73, 4, c.: «Et secundum hoc etiam dicitur Eucharistia, idest“bona gratia”, quia “gratia Dei est vita aeterna”, ut dicitur Rom. VI,[23];vel quia realiter continet Christum, qui est plenus gratia».8 S. Th., III, 73, 4, ad 3: «hoc sacramentum dicitur sacrificium,inquantum repraesentat ipsam passionem Christi. Dicitur autem hostia,inquantum continet ipsum Christum, qui est “hostia suavitatis”, ut diciturEphes. V,[2]».
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Contiene
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ha patito, non solo sotto forma di simbolo o di figura, manella realtà vera»9.
È ciò che dobbiamo considerare in primo luogo e
principalmente quando consideriamo il suo effettosull’uomo: « L’effetto di questo sacramento si deve dedurre prima e principalmente da ciò che è contenuto in questo sacramento, ossia da Cristo. Egli, così come venendovisibilmente nel mondo portò ad esso la vita, secondo le parole evangeliche: “Grazia e verità sono state donate daGesù Cristo” (Gv 1,17); così anche venendo
sacramentalmente nell’uomo produce la vita della grazia,conforme alle parole del Signore: “Chi mangia di me, vivrà per me” (Gv 6,58). Cosicché S. Cirillo dice: “Il vivificanteVerbo di Dio unendosi alla propria carne la rese vivificante. Era dunque conveniente che egli si unisse in qualche modoai nostri corpi per mezzo della sua santa Carne e del suo prezioso Sangue, che noi riceviamo in pane e vino nella inuna vivificante benedizione”»10.
9 S. Th., III, 75, 1, c.: «quod verum Corpus Christi et Sanguinem esse inhoc sacramento, non sensu deprehendi potest, sed sola fide, quaeauctoritati divinae innititur. Unde super illud Luc. XXII,[19] “hoc estCorpus meum quod pro vobis tradetur”, dicit Cyrillus, “non dubites anhoc verum sit, sed potius suscipe verba Salvatoris in fide, cum enim sitveritas, non mentitur”. Hoc autem conveniens est, primo quidem,
perfectioni Novae Legis. Sacrificia enim Veteris Legis illud verum
sacrificium passionis Christi continebant solum in figura, secundum illudHeb. X,[1] “umbram habens lex futurorum bonorum, non ipsam rerumimaginem”. Et ideo oportuit ut aliquid plus haberet sacrificium NovaeLegis a Christo institutum, ut scilicet contineret ipsum passum, nonsolum in significatione vel figura, sed etiam in rei veritate».10 S. Th., III, 79, 1, c.: «Effectus huius sacramenti debet considerari,
primo quidem et principaliter, ex eo quod in hoc sacramento continetur,quod est Christus. Qui sicut, in mundum visibiliter veniens, contulitmundo vitam gratiae, secundum illud Ioan. I,[17] “gratia et veritas per
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In questo sacramento-sacrificio Cristo ha un potereinfinito: «essendo infinita la virtù di Cristo contenuta inquesto sacramento...»11.
Contenendo Cristo contiene il bene massimo:«Questo sacramento, contenendo in sé il Cristo, è tra imassimi beni»12.
Per questo è dovuto un grande rispetto: «…versoquesto sacramento, nel quale Cristo è presente secondoverità e non solo in figura»13.
Contenendo Cristo conduce alla gloria del cielo: « Inquesto sacramento si può considerare sia il principio da cuiriceve la forza di produrre l’effetto, cioè Cristo medesimo ivi presente e la sua passione ivi rappresentata […]. Ebbene, sotto ambedue gli aspetti è proprio di questo sacramentocausare il raggiungimento della vita eterna. È certo infattiche Cristo ci aprì direttamente l’ingresso alla vita eternacon la sua passione, secondo l’affermazione di S. Paolo: “È
mediatore di un nuovo patto, affinché, avvenuta la suamorte, i chiamati ricevano l’eredità eterna a loro promessa”
Iesum Christum facta est”; ita, in hominem sacramentaliter veniens,vitam gratiae operatur, secundum illud Ioan. VI,[58] “qui manducat me,vivit propter me”. Unde et Cyrillus dicit ( In Lc 23,19: MG 72,92),“vivificativum Dei Verbum, uniens seipsum propriae carni, fecit ipsamvivificativam. Decebat ergo eum nostris quodammodo uniri corporibus
per sacram eius Carnem et pretiosum Sanguinem, quae accipimus in benedictione vivificativa in pane et vino”».11 S. Th., III, 79, 5, ob. 3: «cum virtus Christi, quae in hoc sacramentocontinetur, sit infinita».12 S. Th., III, 80, 4, ob. 3: «Hoc sacramentum, cum in se Christumcontineat, est de maximis bonis».13 S. Th., III, 83, 3, c.: «Aliud autem pertinet ad reverentiam huiussacramenti, in quo Christus secundum veritatem continetur, et non solumsicut in figura».
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(Eb 9,15). Ed è per questo che nella forma di questo sacramento si legge: “Questo è il calice del mio Sangue, delnuovo ed eterno Testamento”»14.
Cristo è contenuto in questo sacramento per esserecibo spirituale: « Nell’Eucaristia è presente Cristo stesso,non già nel suo stato naturale, ma sotto le specie sacramentali. Perciò ci si può cibare spiritualmente di luiin due modi […]. Secondo, ci si può cibare spiritualmentedi Cristo in quanto è presente sotto le specie di questo sacramento: cioè credendo in Cristo e desiderando di
ricevere questo sacramento. E ciò non è soltanto nutrirsi spiritualmente di Cristo, ma è anche nutrirsi spiritualmentedel sacramento dell’Eucaristia. E questo va escluso per gliangeli. Agli angeli quindi, sebbene si cibino spiritualmentedi Cristo, non spetta ricevere spiritualmente questo sacramento»15.
14 S. Th., III, 79, 2, c.: «In hoc sacramento potest considerari et id ex quohabet effectum, scilicet ipse Christus contentus, et passio eiusrepraesentata […]. Et quantum ad utrumque competit huic sacramentoquod causet adeptionem vitae aeternae. Nam ipse Christus per suam
passionem aperuit nobis aditum vitae aeternae, secundum illud Heb.IX,[15] “Novi Testamenti mediator est, ut, morte intercedente, qui vocatisunt accipiant repromissionem aeternae hereditatis”. Unde et in formahuius sacramenti dicitur, “hic est calix Sanguinis mei novi et aeterniTestamenti”».15 S. Th., III, 80, 2, c.: «In hoc sacramento continetur ipse Christus, nonquidem in specie propria, sed in specie sacramenti. Dupliciter ergocontingit manducare spiritualiter […]. Alio modo contingit spiritualitermanducare Christum prout est sub speciebus huius sacramenti,inquantum scilicet aliquis credit in Christum cum desiderio sumendi hocsacramentum. Et hoc non solum est manducare Christum spiritualiter,sed etiam spiritualiter manducare hoc sacramentum. Quod non competitAngelis. Et ideo Angeli, etsi spiritualiter manducent Christum, nonconvenit tamen eis spiritualiter manducare hoc sacramentum».
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Fu conveniente che fosse istituita durante l’ultimaCena per essere Cristo nel sacramento: « Primo, a motivo diciò che esso contiene. Racchiude infatti sacramentalmente
Cristo medesimo[…]. Di qui le parole di Eusebio [diEmesa]: “Stando per sottrarre agli sguardi degli altri ilCorpo che aveva assunto per trasferirlo in cielo, eranecessario che nel giorno della Cena consacrasse per noi il sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, perché fosse per sempre onorato nel mistero quel Corpo che alloraveniva offerto per il riscatto”»16. «Secondo, perché senza la passione di Cristo non ci poté mai essere salvezza, inconformità alle parole di S. Paolo: “Dio ha prestabilitoCristo quale mezzo di propiziazione per la fede nel suo sangue” (Ro 3,25). Era quindi necessario che in ogni tempo presso gli uomini qualche cosa rappresentasse la passionedel Signore. Di essa nel Vecchio Testamento il simbolo principale era l’agnello pasquale; tanto che l’Apostoloafferma: “Qual nostra Pasqua è stato immolato il Cristo”
(1Cor 5,7); ora, nel Nuovo Testamento doveva subentrare adesso il sacramento dell’Eucaristia, che è commemorativodella passione avvenuta, come l’agnello pasquale era prefigurativo della passione futura. Era quindi convenienteche nell’imminenza della passione, dopo aver celebrato
16 S. Th., III, 73, 5, c.: «Primo quidem, ratione continentiae huiussacramenti. Continetur enim ipse Christus in Eucharistia sicut insacramento […]. Unde Eusebius dicit, “quia Corpus assumptumablaturus erat ab oculis et illaturus sideribus, necesse erat ut die cenaesacramentum Corporis et Sanguinis sui consecraret nobis, ut colereturiugiter per mysterium quod semel offerebatur in pretium”». Cfr.GRATIANUM, Decretum, P. III De cons., dist. 2, can. 35 Quia corpus; PS.-HIERON., ep. 38 Homil. De Corp. et Sang. Christi: ML 30, 281; PS.-ISIDORUM, Sermones, serm. 4: ML 83, 1225.
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l’antico, venisse istituito il nuovo sacramento, come dice il Papa S. Leone»17.
Vi è Cristo tutto intero: « In virtù del sacramentonell’Eucaristia è presente sotto le specie del pane non solola carne, ma tutto il corpo di Cristo, cioè le ossa, i nervi ele altre parti consimili»18 ; «tutto il Cristo è presente inquesto sacramento»19.
È il sacramento della passione, perché contiene ilCristo che ha patito, Christus passus: « L’Eucaristia è il sacramento perfetto della passione del Signore, in quantocontiene il Cristo stesso che ha patito…»20; « Per quantoinvece riguarda il Cristo stesso immolato, [Christus passus] ,che è contenuto in questo sacramento […]»21; «…era giusto
17 S. Th., III, 73, 5, c.: «Secundo, quia sine fide passionis Christi nunquam potuit esse salus, secundum illud Rom. III,[25] “quem proposuit Deus propitiatorem per fidem in Sanguine ipsius”. Et ideo oportuit omni tempore
apud homines esse aliquod repraesentativum Dominicae passionis. Cuiusin veteri quidem Testamento praecipuum sacramentum erat agnus
paschalis, unde et Apostolus dicit, I Cor. V,[7] “Pascha nostrum immolatusest Christus”. Successit autem ei in novo Testamento Eucharistiaesacramentum, quod est rememorativum praeteritae passionis, sicut et illudfuit praefigurativum futurae. Et ideo conveniens fuit, imminente passione,celebrato priori sacramento, novum sacramentum instituere, ut Leo Papadicit [Sermones, serm. 58, c. 1: ML 54, 332]».18 S. Th., III, 76, 1, ad 2: «ex vi sacramenti sub hoc sacramentocontinetur, quantum ad species panis, non solum caro, sed totum CorpusChristi, idest ossa et nervi et alia huiusmodi».19 S. Th., III, 76, 8, ob. 2: «in hoc sacramento totus Christus continetur»;80, 10, ob. 3; 80, 12, ad 3; 83, 4, ad 5.20 S. Th., III, 73, 5, ad 2: «Eucharistia est sacramentum perfectumDominicae passionis, tanquam continens ipsum Christum passum».21 S. Th., III, 73, 6, c.: «Quantum autem ad ipsum Christum passum, quicontinetur in hoc sacramento…».
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dunque che il sacrificio della Nuova Legge, istituito daCristo, avesse qualche cosa di più e cioè che contenesse luimedesimo che ha patito [ipsum passum] , non solo sotto
forma di simbolo o di figura, ma nella realtà»22
. Si rende presente mediante conversione speciale:
«Cristo incomincia a essere in questo sacramento per laconversione del pane e del vino»23.
Affermiamo dunque che è il sacramento in cui «ècontenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo eil Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, unitamente conl’anima e la divinità, e, quindi il Cristo tutto intero...»24.
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S. Th., III, 75, 1, c.: «Et ideo oportuit ut aliquid plus haberetsacrificium Novae Legis a Christo institutum, ut scilicet contineret ipsum passum, non solum in significatione vel figura, sed etiam in rei veritate».23 S. Th., III, 76, 1, ob. 1: «Christus enim incipit esse in hoc sacramento
per conversionem panis et vini».24 CONCILIO DI TRENTO: «in sanctissimae Eucharistiae sacramentocontineri vere, realiter et substantialiter, Corpus et Sanguinem una cumanima et divinitate Domini nostri Iesu Christi ac proinde totumChristum...» (DH 1651).
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2. Conversione
Le parole della conversione del pane e del vino sono «come se a pronunziarle fosse presente Cristo medesimo»25.
San Tommaso
Il Corpo e il Sangue di Nostro Signore si presentanosotto l’aspetto del pane e del vino per conversione di tutta lasostanza del pane e del vino in tutta la sostanza del Corpo edel Sangue del Signore. Questa trasformazione mirabile prende il nome di transustanziazione.
Il Dottor Angelico insegna che Cristo si fa presente nelsacramento non per movimento locale, bensì per conversionedella sostanza: « Alcuni hanno sostenuto che dopo laconsacrazione rimane in questo sacramento la sostanza del pane e del vino. – Ma ciò è insostenibile. Primo, perché questaaffermazione esclude la realtà del sacramento eucaristico, laquale implica la presenza in questo sacramento del vero Corpo
di Cristo. Ma questo non è presente prima della consacrazione.Ora, una cosa può farsi presente dove prima non era o permezzo di un movimento locale o per il convertirsi di qualchealtra cosa in essa: il fuoco p. es., comincia ad essere in unacasa o perché ci si porta, o perché viene generato in essa. Èchiaro però che il Corpo di Cristo non incomincia ad essere presente in questo sacramento per un movimento locale. Primo, perché allora dovrebbe cessare di essere in cielo; infatticiò che si sposta localmente non giunge nel luogo successivo senon lasciando il precedente. Secondo, perché ogni corpo mossolocalmente attraversa tutti gli spazi intermedi: cosa che non si può affermare nel nostro caso. Terzo, perché è impossibile cheun unico movimento del medesimo corpo mosso localmente
25 S. Th., III, 78, 5, c.: «…ac si Christus ea praesentialiter proferret».
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finisca allo stesso tempo in luoghi diversi: il Corpo di Cristoinvece si fa presente sotto questo sacramentocontemporaneamente in più luoghi. Da ciò si deduce che il
Corpo di Cristo non può incominciare ad essere in questo sacramento se non per mezzo della conversione della sostanzadel pane in esso. Ma quello che si muta in un’altra cosa, amutazione avvenuta non rimane. Per salvare quindi la verità diquesto sacramento si deve concludere che la sostanza del panenon può rimanere dopo la consacrazione»26. E: «…non c’èaltro modo per cui il vero Corpo di Cristo possa iniziare adessere in questo sacramento all’infuori della conversione inesso della sostanza del pane: e tale conversione viene negata
26 S. Th., III, 75, 2, c.: «Quidam posuerunt post consecrationemsubstantiam panis et vini in hoc sacramento remanere. Sed haec positio
stare non potest. Primo quidem, quia per hanc positionem tollitur veritashuius sacramenti, ad quam pertinet ut verum Corpus Christi in hocsacramento existat. Quod quidem ibi non est ante consecrationem. Nonautem aliquid potest esse alicubi ubi prius non erat, nisi per locimutationem, vel per alterius conversionem in ipsum, sicut in domo aliquade novo incipit esse ignis aut quod illuc defertur, aut quod ibi generatur.Manifestum est autem quod Corpus Christi non incipit esse in hocsacramento per motum localem. Primo quidem, quia sequeretur quoddesineret esse in caelo, non enim quod localiter movetur, pervenit de
novo ad aliquem locum, nisi deserat priorem. Secundo, quia omne corpuslocaliter motum pertransit omnia media, quod hic dici non potest. Tertio,quia impossibile est quod unus motus eiusdem corporis localiter motiterminetur simul ad diversa loca, cum tamen in pluribus locis CorpusChristi sub hoc sacramento simul esse incipiat. Et propter hoc relinquiturquod non possit aliter Corpus Christi incipere esse de novo in hocsacramento nisi per conversionem substantiae panis in ipsum. Quodautem convertitur in aliquid, facta conversione, non manet. Underelinquitur quod, salva veritate huius sacramenti, substantia panis postconsecrationem remanere non possit».
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Conversione
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ammettendo o l’annichilazione della sostanza del pane o la suarisoluzione nella materia preesistente»27.
Tale conversione non è come nel caso deicambiamenti naturali, ma è possibile solo in virtù della potenza di Dio: «essendo presente in questo sacramento ilvero Corpo di Cristo, il quale non può iniziarvi la sua presenza con un moto locale, e neppure esservi presentecome in un luogo […], bisogna concludere che il Corpo diCristo vi inizia la sua presenza per la conversione in essodella sostanza del pane.
Questa conversione però non è simile alle conversioninaturali, ma è del tutto soprannaturale, compiuta dalla sola potenza di Dio. Da qui le parole di S. Ambrogio: “È noto chela Vergine generò fuori dell’ordine della natura. Ora, ancheciò che noi consacriamo è il Corpo nato dalla Vergine. Perché dunque cerchi l’ordine naturale nel Corpo di Cristo, se il Signore stesso Gesù è stato partorito dalla Vergine fuoridell’ordine di natura?”. E a commento del passo, “Le parole
che vi ho rivolto (a proposito di questo sacramento) sono spirito e vita”, il Crisostomo afferma: “Sono cioè spirituali,non hanno niente di carnale né seguono un processo naturale,ma sono state liberate da ogni necessità terrena e dalle leggiche vigono sulla terra”»28.
27 S. Th., III, 75, 3, c.: «Quia non erit dare aliquem modum quo Corpus
Christi verum incipiat esse in hoc sacramento, nisi per conversionemsubstantiae panis in ipsum, quae quidem conversio tollitur, posita velannihilatione panis, vel resolutione in praeiacentem materiam».28 S. Th., III, 75, 4, c.: «Cum in hoc sacramento sit verum Corpus Christi,nec incipiat ibi esse de novo per motum localem; cum etiam nec CorpusChristi sit ibi sicut in loco, ut ex dictis patet [a.1, ad 3], necesse est dicerequod ibi incipiat esse per conversionem substantiae panis in ipsum. Haectamen conversio non est similis conversionibus naturalibus, sed estomnino supernaturalis, sola Dei virtute effecta. Unde Ambrosius dicit, in
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È perciò opera solo di Dio: «…ogni conversione che si compia secondo le leggi naturali è un cambiamento soltanto formale. Dio invece è atto infinito, come abbiamo
spiegato nella Prima Parte. Perciò la sua azione si estende atutta la natura dell’ente. E quindi può produrre non soltantodelle conversioni formali, in cui in un medesimo soggetto si succedono forme diverse; ma può trasmutare tutto l’ente, inmodo che tutta la sostanza di un ente si converta in tutta la sostanza di un altro.
Ciò appunto avviene per virtù divina in questo sacramento. Infatti tutta la sostanza del pane si converte intutta la sostanza del Corpo di Cristo, e tutta la sostanza delvino in tutta la sostanza del Sangue di Cristo. Perciò questanon è una conversione formale, ma sostanziale. E nonrientra tra le specie delle mutazioni naturali, ma con termine proprio può dirsi “transustanziazione”»29.
libro De Sacramentis [ De Mysteriis, c. 9: ML 16, 424], “liquet quod praeter naturae ordinem Virgo generavit. Et hoc quod conficimus, Corpusex Virgine est. Quid igitur quaeris naturae ordinem in Christi Corpore,cum praeter naturam sit ipse Dominus Iesus partus ex Virgine?”. Et superillud Ioan. VI,[64] “verba quae ego locutus sum vobis”, scilicet de hocsacramento, “spiritus et vita sunt”, dicit Chrysostomus, “idest, spiritualiasunt, nihil habentia carnale neque consequentiam naturalem, sed erutasunt ab omni tali necessitate quae in terra, et a legibus quae hic positaesunt” [ In Ioann., hom. 47: MG 59, 265]».29 Ibidem: «Omnis conversio quae fit secundum leges naturae, est
formalis. Sed Deus est infinitus actus, ut in prima parte habitum est [q. 7,a. 1; q. 25, a. 2]. Unde eius actio se extendit ad totam naturam entis. Nonigitur solum potest perficere conversionem formalem, ut scilicet diversaeformae sibi in eodem subiecto succedant, sed conversionem totius entis,ut scilicet tota substantia huius convertatur in totam substantiam illius. Ethoc agitur divina virtute in hoc sacramento. Nam tota substantia panisconvertitur in totam substantiam Corporis Christi, et tota substantia viniin totam substantiam Sanguinis Christi. Unde haec conversio non estformalis, sed substantialis. Nec continetur inter species motus naturalis,sed proprio nomine potest dici “transubstantiatio”».
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La transustanziazione è opera dello Spirito Santo edelle parole della consacrazione. In una difficoltà l’Aquinatesi pone questa domanda: « Il Damasceno afferma: “Solo per
virtù dello Spirito Santo avviene la conversione del pane nelCorpo di Cristo”. Ma la virtù dello Spirito Santo è una virtùincreata. Dunque per nessuna virtù creata di tali parole sicompie questo sacramento»30. E risponde: «Quando si diceche solo per virtù dello Spirito Santo il pane si converte nelCorpo di Cristo non si esclude la virtù strumentale che ènella forma di questo sacramento; come quando si dice che solo il fabbro fa un coltello non si esclude la virtù del suomartello»31.
Non si tratta di un mutamento naturale o formale, comequelli che conosciamo, perché la forma deve essere nellamateria o nel soggetto, e qui non c’è né l’uno né l’altro: « Anchela seconda obiezione si basa sulla conversione o mutazione formale; perché, come abbiamo detto, è necessario che la forma sia nella materia o nel soggetto. Ciò invece non avviene
nella trasmutazione di tutta la sostanza, alla quale non competeavere soggetto»32. «Questa conversione, come abbiamo notato,
30 S. Th., III, 78, 4, ob. 1: «Dicit enim Damascenus, in IV libro [ De FideOrth. c. 13: MG 94, 1141.1145]: “sola virtute Spiritus Sancti fitconversio panis in Corpus Christi”. Sed virtus Spiritus Sancti est virtusincreata. Ergo nulla virtute creata horum verborum conficitur
sacramentum hoc».31 S. Th., III, 78, 4, ad 1: «cum dicitur sola virtute Spiritus Sancti panemin Corpus Christi converti, non excluditur virtus instrumentalis quae estin forma huius sacramenti, sicut, cum dicitur quod solus faber facitcultellum, non excluditur virtus martelli».32 S. Th., III, 75, 4, ad 2: «illa obiectio procedit de conversione formali,seu mutatione, quia oportet, sicut dictum est [75, 4, ad 1], formam esse inmateria vel subiecto. Non autem habet locum in conversione totiussubstantiae, cuius non est accipere aliquod subiectum».
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non ha propriamente un soggetto. Tuttavia gli accidenti, cherimangono, hanno una certa somiglianza con un soggetto»33.
Ciò è così per il solo motivo che Dio è Dio ed èl’autore dell’essere: « Per virtù di un agente limitato non puòuna forma cambiarsi in un’altra forma, né una materia inun’altra materia. Ma per virtù di un agente infinito, cheopera su tutto l’ente, tale conversione è possibile perché adambedue le forme e ad ambedue le materie è comune lanatura di ente; e l’autore dell’ente può mutare l’entitàdell’una nell’entità dell’altra, prescindendo di ciò che
distingueva l’una dall’altra»34
. Tale conversione è istantanea, e questo per tre
motivi: in primo luogo, perché la sostanza del Corpo diCristo, termine della stessa, non è suscettibile di un “di più”o di un “di meno” – cioè perché è impossibile che latransustanziazione sia graduale –; secondo, perché non c’èun soggetto da preparare successivamente; terzo, perché la
realizza l’infinita potenza di Dio35
.
33 S. Th., III, 75, 5, ad 4: «haec conversio non proprie habet subiectum, utdictum est [q. 75, a. 4, ad 1]. Sed tamen accidentia, quae remanent,habent aliquam similitudinem subiecti».34 S. Th., III, 75, 4, ad 3: «Virtute agentis finiti non potest forma informam mutari, nec materia in materiam. Sed virtute agentis infiniti,quod habet actionem in totum ens, potest talis conversio fieri, quia
utrique formae et utrique materiae est communis natura entis; et id quodentitatis est in una, potest auctor entis convertere ad id quod est entitatisin altera, sublato eo per quod ab illa distinguebatur».35 Cfr. S. Th., III, 75, 7, c.: «aliqua mutatio est instantanea triplici ratione.Uno quidem modo […] quia forma substantialis non recipit magis etminus […]. Alio modo, ex parte subiecti, quod quandoque successive
praeparatur ad susceptionem formae, et ideo aqua successive calefit.Quando vero ipsum subiectum est in ultima dispositione ad formam,subito recipit ipsam, sicut diaphanum subito illuminatur. Tertio, ex parte
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Il pane si fa il Corpo di Cristo, ma il Corpo di Cristonon si fa pane: «Questa conversione del pane nel Corpo diCristo sotto certi aspetti assomiglia alla creazione e alla
trasmutazione naturale, e sotto altri differisce dall’una edall’altra. Infatti è comune a tutti e tre la successione deitermini, cioè che una cosa sia dopo l’altra: infatti nellacreazione abbiamo l’essere dopo il non essere, in questo sacramento abbiamo il Corpo di Cristo dopo la sostanza del pane, e nella mutazione naturale abbiamo il bianco dopo ilnero, o il fuoco dopo l’aria; inoltre è comune la noncoincidenza di detti termini.
Tale conversione assomiglia inoltre alla creazione, perché in entrambe è escluso un soggetto comune ai duetermini. Il contrario invece si verifica in ogni trasmutazionenaturale.
Questa conversione ha poi un’affinità con latrasmutazione naturale sotto due aspetti, però in manierediverse. Primo, per il fatto che in ambedue uno degli estremi
si converte nell’altro: il pane nel Corpo di Cristo, e l’aria(p. es.) nel fuoco, mentre il non ente non si convertenell’ente. Tuttavia nei due casi il trapasso è ben diverso. Infatti in questo sacramento l’intera sostanza del pane siconverte in tutto il Corpo di Cristo; mentre nella mutazionenaturale la materia di una cosa riceve la forma di un’altradopo la perdita della forma precedente. – Secondo, si somigliano in questo, che in ambedue i trapassi rimane un
dato permanente: il che non può avvenire nella creazione. Però con questa differenza: che mentre nelle trasmutazioninaturali rimane identica la materia o il soggetto, in questo sacramento rimangono identici gli accidenti.
agentis, quod est infinitae virtutis, unde statim potest materiam adformam disponere».
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Da ciò si rileva quali siano le differenze dilinguaggio da osservarsi in proposito. Poiché infatti innessuno dei tre processi indicati i termini estremi sono
simultanei, in nessuno di essi un estremo si può predicaredell’altro con un verbo di tempo presente che indichi la sostanza: ecco perché non diciamo che “il non ente è ente”,o che “il pane è il Corpo di Cristo”, oppure che “l’aria è il fuoco”, o che “il bianco è nero”.
Tenendo conto invece che gli estremi si succedono, possiamo nei tre casi usare la proposizione “da” [ex] perdesignare la successione. Possiamo così dire con verità e proprietà di linguaggio che “dal non ente si ha l’ente”, “dal pane si ha il Corpo di Cristo”, “dall’aria il fuoco”, o “dalbianco il nero”.
Ma poiché nella creazione un estremo non siconverte nell’altro, parlando della creazione non possiamousare il termine “conversione”, e quindi non possiamo direche “il non ente si converte nell’ente”. A codesto termine
invece possiamo ricorrere in questo sacramento, come anchenelle trasmutazioni naturali. Ma siccome in questo sacramento si converte tutta una sostanza in tutta un’altra sostanza, tale conversione si chiama propriamente“transustanziazione”.
Ancora, poiché in questa conversione non esiste un soggetto, tutto ciò che si riscontra nelle conversioni naturalia motivo del soggetto non si può applicare a questa
conversione. Innanzitutto è chiaro che la potenza all’oppostoè dovuta al soggetto; ed è in relazione a esso che valgono le frasi: “il bianco può essere nero”, e “l’aria può essere fuoco”. Sebbene in questo secondo caso l’espressione non sia così appropriata come nel primo: infatti il soggetto delbianco in cui si trova la potenza al nero è tutta la sostanza dicodesto soggetto bianco, non essendo il bianco una parte
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della sostanza; invece il soggetto della forma dell’aria è una parte dell’aria e quindi dire che “l’aria può essere fuoco” èvero in forza della parte, per sineddoche. Al contrario nella
transustanziazione, come nella creazione, non essendovialcun soggetto, non si dice che un estremo può essere l’altro, p. es., che “il non ente possa essere l’ente”, oppure che “il pane possa essere il Corpo di Cristo”. – Per la stessaragione non si può dire propriamente che “dal non ente siha l’ente”, o che “dal pane si ha il Corpo di Cristo”; perchéquesta preposizione “da” [de] indica una causaconsustanziale e tale consustanzialità degli estremi nelletrasmutazioni naturali dipende dalla comunanza del soggetto. – Similmente non è consentito dire che “il pane sarà il Corpo di Cristo”, o che “il pane diventa il Corpo diCristo”; come non è consentito, rispetto alla creazione direche “il non ente sarà l’ente”, o che “il non ente divental’ente”, perché questo modo di dire è vero nelletrasmutazioni naturali a motivo del soggetto: quando
diciamo, p. es., che “il bianco diventa nero” e che “il bianco sarà nero”. Nondimeno, siccome in questo sacramento, a
conversione avvenuta, rimane qualche cosa di immutato,cioè gli accidenti del pane, come si è detto sopra, secondouna certa analogia alcune delle proposizioni esaminate possono essere accettate: cioè che “il pane è il Corpo diCristo”, che “il pane sarà il Corpo di Cristo”, oppure che
“dal pane si ottiene il Corpo di Cristo”, intendendo con iltermine “pane” non la sostanza del pane, maindeterminatamente ciò che è contenuto sotto le specie del pane, sotto le quali prima era contenuta la sostanza del panee poi il Corpo di Cristo»36.
36 S. Th., III, 75, 8, c.: «haec conversio panis in Corpus Christi, quantum adaliquid
convenit
cum
creatione et cum transmutatione naturali, et quantum
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La conversione del pane e del vino nel Corpo eSangue del Salvatore è tanto mirabile, singolare, unica edeccezionale che, afferma San Tommaso, è più difficile
della creazione del mondo: « In questa conversione ci sonodelle cose più difficili che nella creazione, nella quale èdifficile soltanto questo, che una cosa venga dal nulla: ciò
ad aliquid differt ab utroque. Est enim commune his tribus ordoterminorum, scilicet ut post hoc sit hoc, in creatione enim est esse post
non esse, in hoc sacramento Corpus Christi post substantiam panis, intransmutatione naturali album post nigrum vel ignis post aerem; et quod praedicti termini non sint simul. Convenit autem conversio de qua nuncloquimur cum creatione, quia in neutra earum est aliquod communesubiectum utrique extremorum. Cuius contrarium apparet in omnitransmutatione naturali.Convenit vero haec conversio cum transmutatione naturali in duobus,licet non similiter. Primo quidem, quia in utraque unum extremorumtransit in aliud, sicut panis in Corpus Christi, et aer in ignem, non autem
non ens convertitur in ens. Aliter tamen hoc accidit utrobique. Nam inhoc sacramento tota substantia panis transit in totum Corpus Christi, sedin transmutatione naturali materia unius suscipit formam alterius, prioriforma deposita. Secundo conveniunt in hoc, quod utrobique remanetaliquid idem, quod non accidit in creatione. Differenter tamen, nam intransmutatione naturali remanet eadem materia vel subiectum; in hocautem sacramento remanent eadem accidentia.Et ex his accipi potest qualiter differenter in talibus loqui debeamus.Quia enim in nullo praedictorum trium extrema sunt simul, ideo in nullo
eorum potest unum extremum de alio praedicari per verbumsubstantivum praesentis temporis, non enim dicimus, “non ens est ens”,vel, “panis est Corpus Christi”, vel, “aer est ignis” aut “album nigrum”.Propter ordinem vero extremorum, possumus uti in omnibus hac
praepositione “ex”, quae ordinem designat. Possumus enim vere et proprie dicere quod “ex non ente fit ens”, et “ex pane Corpus Christi”, et“ex aere ignis” vel “ex albo nigrum”. Quia vero in creatione unumextremorum non transit in alterum, non possumus in creatione uti verbo“conversionis”, ut dicamus quod “non ens convertitur in ens”. Quo tamen
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tuttavia rientra nel modo di operare che è proprio della causa prima, la quale non presuppone nient’altro. Invece nellatransustanziazione non solo è difficile il fatto che questo tutto
si converte in un altro tutto, cosicché non resti nulla del primo, e ciò non rientra nel modo comune di agire di nessuna
verbo uti possumus in hoc sacramento, sicut et in transmutatione naturali.Sed quia in hoc sacramento tota substantia in totam mutatur, propter hochaec conversio proprie “transubstantiatio” vocatur. Rursus, quia huius
conversionis non est accipere aliquod subiectum, ea quae verificantur inconversione naturali ratione subiecti, non sunt concedenda in hacconversione. Et primo quidem, manifestum est quod potentia adoppositum consequitur subiectum, ratione cuius dicimus quod “album
potest esse nigrum”, vel “aer potest esse ignis”. Licet haec non sit ita propria sicut prima, nam subiectum albi, in quo est potentia adnigredinem, est tota substantia albi, non enim albedo est pars eius;subiectum autem formae aeris est pars eius; unde, cum dicitur, “aer
potest esse ignis”, verificatur ratione partis per synecdochen. Sed in hac
conversione et similiter in creatione, quia nullum est subiectum, nondicitur quod unum extremum possit esse aliud, sicut quod “non ens possitesse ens”, vel quod “panis possit esse Corpus Christi”. Et eadem rationenon potest proprie dici quod “de non ente fiat ens”, vel quod “de panefiat Corpus Christi”, quia haec praepositio “de” designat causamconsubstantialem; quae quidem consubstantialitas extremorum intransmutationibus naturalibus attenditur penes convenientiam in subiecto.Et simili ratione non conceditur quod “panis erit Corpus Christi”, velquod “fiat Corpus Christi”, sicut neque conceditur in creatione quod “nonens erit ens”, vel quod “non ens fiat ens”, quia hic modus loquendiverificatur in transmutationibus naturalibus ratione subiecti, puta cumdicimus quod “album fit nigrum”, vel “album erit nigrum”. Quia tamenin hoc sacramento, facta conversione, aliquid idem manet, scilicetaccidentia panis, ut supra dictum est [in c. et a.5], secundum quandamsimilitudinem aliquae harum locutionum possunt concedi, scilicet quod“panis sit Corpus Christi”, vel, “panis erit Corpus Christi”, vel, “de panefit Corpus Christi”; ut nomine “panis” non intelligatur substantia panis,sed in universali “hoc quod sub speciebus panis continetur”, sub quibus
prius continetur substantia panis, et postea Corpus Christi».
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causa, ma c’è di difficile anche la permanenza degli accidentidopo la conversione della sostanza, e molte altre cose di cui si parlerà in seguito. Ciò nonostante, il termine “conversione”
si usa per questo sacramento..., e non per la creazione»37
.È opera della potenza attiva del Creatore: « La
potenza, come si è detto, spetta al soggetto, che manca inquesta conversione. Ecco perché non è lecito dire che il pane può essere il Corpo del Cristo, poiché questa conversionenon si compie in virtù della potenza passiva della creatura,ma solo in virtù della potenza attiva del Creatore»38.
È una conversione miracolosa: «…in questo sacramento la consacrazione della materia consiste in unamiracolosa conversione della sostanza che Dio solo puòcompiere. Perciò nel fare questo sacramento il ministro nonha altro ufficio che quello di proferire le parole»39.
37
S. Th., III, 75, 8, ad 3: «in hac conversione sunt plura difficilia quam increatione, in qua hoc solum difficile est, quod aliquid fit ex nihilo, quodtamen pertinet ad proprium modum productionis primae causae, quae nihilaliud praesupponit. Sed in hac conversione non solum est difficile quodhoc totum convertitur in illud totum, ita quod nihil prioris remaneat, quodnon pertinet ad communem modum productionis alicuius causae, sed etiamhabet hoc difficile, quod accidentia remanent corrupta substantia, et multaalia, de quibus in sequentibus [q. 77] agetur. Tamen verbum“conversionis” recipitur in hoc sacramento, non autem in creatione…».
38 S. Th., III, 75, 8, ad 4: «sicut dictum est [in c.], potentia pertinet adsubiectum, quod non est accipere in hac conversione. Et ideo nonconceditur quod panis possit esse Corpus Christi, non enim haecconversio fit per potentiam passivam creaturae, sed per solam potentiamactivam Creatoris».39 S. Th., III, 78, 1, c.: «Sed in hoc sacramento consecratio materiaeconsistit in quadam miraculosa conversione substantiae, quae a solo Deo
perfici potest. Unde minister in hoc sacramento perficiendo non habetalium actum nisi prolationem verborum».
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È molto adatta la forma della consacrazione del pane«Questo è il mio Corpo»: «Questa è la forma convenientedella consacrazione del pane. Sopra infatti abbiamo visto
che tale consacrazione consiste nella conversione della sostanza del pane nel Corpo di Cristo. Ora, è necessario chela forma del sacramento significhi ciò che il sacramento produce. Quindi anche la forma della consacrazione del pane deve significare la conversione del pane nel Corpo diCristo, nella quale si riscontrano tre elementi: laconversione, il termine di partenza e il termine di arrivo.
Ebbene, la conversione si può considerare in duemodi: nel suo compiersi [in fieri] e nella sua attuazione giàavvenuta [in facto esse]. Ora, nella forma della consacrazionedel pane la conversione non doveva essere indicata nel suocompiersi, ma come attuata. Primo, perché questaconversione non è successiva ma istantanea, come si è detto sopra, e nelle mutazioni istantanee il compiersi s’identificacon l’essere compiuto. – Secondo, perché le forme
sacramentali servono a indicare l’effetto del sacramento,come le forme artificiali servono a indicare l’effetto dell’arte. Ma la forma che guida l’arte è l’immagine del prodottorifinito a cui l’artista mira con la sua intenzione: la formadell’arte p. es., nella mente di un architetto è principalmentela forma della casa costruita, e solo secondariamente la forma della sua costruzione. Perciò anche nella forma dellaconsacrazione del pane deve esprimersi la conversione come
attuata, perché ad essa mira l’intenzione.Ora, poiché la conversione stessa viene espressa in
questa forma come compiuta, necessariamente gli estremidella conversione vanno indicati come sono al momento incui la conversione si è già realizzata. Ma allora il termine diarrivo ha la natura propria della sua sostanza, mentre iltermine di partenza non conserva la sua sostanza, ma solo i
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suoi accidenti, con i quali si presenta ai sensi e secondo iquali è determinabile dai sensi. È giusto quindi che iltermine di partenza venga indicato con il pronome
dimostrativo riferito agli accidenti sensibili che rimangono. Invece il termine di arrivo si esprime con un sostantivo cheindica la natura di ciò in cui la cosa si converte: e questo,come abbiamo notato, è il Corpo di Cristo nella suaintegrità e non la sola carne. Perciò la forma “questo è ilmio Corpo” è convenientissima»40.
40
S. Th., III, 78, 2, c.: «Haec est conveniens forma consecrationis panis.Dictum est enim [a. 1] quod haec consecratio consistit in conversionesubstantiae panis in Corpus Christi. Oportet autem formam sacramentisignificare id quod in sacramento efficitur. Unde et forma consecrationis
panis debet significare ipsam conversionem panis in Corpus Christi. In quatria considerantur, scilicet ipsa conversio, et terminus a quo, et terminus adquem. Conversio autem potest considerari dupliciter, uno modo, ut in fieri;alio modo, ut in facto esse. Non autem debuit significari conversio in hacforma ut in fieri, sed ut in facto esse. Primo quidem, quia haec conversio
non est successiva, ut supra habitum est [q. 75, a. 7], sed instantanea, inhuiusmodi autem mutationibus fieri non est nisi factum esse. Secundo, quiaita se habent formae sacramentales ad significandum effectum sacramenti,sicut se habent formae artificiales ad repraesentandum effectum artis.Forma autem artificialis est similitudo ultimi effectus in quem ferturintentio artificis, sicut forma artis in mente aedificatoris est forma domusaedificatae principaliter, aedificationis autem per consequens. Unde et inhac forma debet exprimi conversio ut in facto esse, ad quod fertur intentio.Et quia ipsa conversio exprimitur in hac forma ut in facto esse, necesse est
quod extrema conversionis significentur ut se habent in facto esseconversionis. Tunc autem terminus in quem habet propriam naturam suaesubstantiae, sed terminus a quo non manet secundum suam substantiam,sed solum secundum accidentia, quibus sensui subiacet, et ad sensumdeterminari potest. Unde convenienter terminus conversionis a quoexprimitur per pronomen demonstrativum relatum ad accidentia sensibilia,quae manent. Terminus autem ad quem exprimitur per nomen significansnaturam eius in quod fit conversio, quod quidem est totum Corpus Christi,et non sola caro eius, ut dictum est [q. 76, a. 1, ad 2]. Unde haec forma estconvenientissima, “hoc est Corpus meum”».
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3. Sacramento e Sacrificio
« La comunione riguarda il sacramentol’oblazione il sacrificio»41.
San Tommaso
In questo capitolo vedremo che S. Tommaso intendel’Eucaristia come sacramento e come sacrificio. Lo faremoleggendo e commentando alcuni passi della SommaTeologica in modo tale che, addentrandoci in essi, siamoman mano più illuminati.
Nel trattato «De Eucharistia» egli usa la parola sacrificio una cinquantina di volte.
I passi da me scelti si possono dividere in tre gruppi:
1– Che cosa distingue il sacramento dal sacrificioeucaristico?;
2– Passi nei quali si vede come si chiariscono
reciprocamente: perché nella mente di S. Tommasonon sono compartimenti separati, ma la realtà stessadell’Eucaristia è sacramento ed è sacrificio;
3–
In terzo luogo, ed è importante sottolinearlo, in qualemomento – secondo S. Tommaso – si realizza ilsacramento in cui si realizza il sacrificio.
1. Che cosa li distingue?Iniziamo con uno dei passi della Somma Teologica in
cui San Tommaso fa questa distinzione fondamentale per lacomprensione di ciò che segue: «[L’Eucaristia] è simultaneamente sacrificio e sacramento: [spiega subito il
41 S. Th., III, 79, 7, ad 3: «Sumptio pertinet ad rationem sacramenti, sedoblatio pertinet ad rationem sacrificii».
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motivo per cui è l’una e l’altra cosa] ha natura di sacrificioin quanto si offre, e natura di sacramento invece in quanto siriceve»42. Questo è un testo cruciale per l’intero trattato e per
la comprensione di una realtà così misteriosa come èl’Eucaristia. La quale è sacramento perché l’essenziale delsacramento è la santificazione dell’uomo, ma è anchesacrificio perché l’essenziale del sacrificio è la glorificazionedi Dio. Come sacramento l’Eucaristia è una realtà permanente, come sacrificio è una actio transeuns, comedicono i teologi.
Più avanti insiste, ricordando quanto ha già detto:« L’Eucaristia, si è detto sopra, non è soltanto sacramento,ma è anche sacrificio»43.
Nella risposta a una difficoltà nella quale fa unconfronto con gli altri sacramenti, S. Tommaso rispondemolto brevemente riguardo all’Eucaristia: «Questo sacramento a differenza degli altri è anche sacrificio»44. Per
conseguenza è più eccellente degli altri.Un poco più avanti S. Tommaso tratta una questione
molto interessante, e anche molto attuale oggi: si domanda seil sacerdote sia tenuto a comunicarsi durante la S. Messa.Come argomento d’autorità egli cita il Concilio di Toledo.Ma, quando inizia il corpo dell’articolo, riprende di nuovol’idea che segnalavamo prima: « L’Eucaristia, come si è detto
42 S. Th., III, 79, 5, c.: «Respondeo dicendum quod hoc sacramentumsimul est et sacrificium et sacramentum, sed rationem sacrificii habetinquantum offertur; rationem autem sacramenti inquantum sumitur».43 S. Th., III, 79, 7, c.: «sicut prius dictum est [a.5], hoc sacramentumnon solum est sacramentum, sed etiam est sacrificium».44 S. Th., III, 79, 7, ad 1: «…quod hoc sacramentum prae aliis habetquod est sacrificium».
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Sacramento e sacrificio
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sopra, non è soltanto sacramento, ma è anche sacrificio»45. Eallora presenta i motivi per cui il sacerdote deve semprecomunicarsi durante la Messa: «Ora, chiunque offre un
sacrificio deve farsene partecipe. Perché il sacrificio offertoesternamente è il segno del sacrificio interiore con il qualeuno offre se stesso a Dio, come nota S. Agostino. Partecipando quindi al sacrificio uno mostra che il sacrificiolo impegna interiormente. Inoltre, anche dispensando al popolo il sacrificio il sacerdote mostra di essere dispensatoredelle cose divine. […] Quindi egli stesso deve comunicarsi prima di comunicare gli altri. […] “Che sacrificio sarebbequello di cui non si facesse partecipe nemmeno lo stesso sacrificante?”»46. Dunque la comunione è parte integrante delsacrificio; non è essenziale, come ritengono alcuni, ma è parterealmente integrante. Non può esserci sacrificio integro senon c’è comunione: deve esserci perché ci sia un segno pieno:«Se ne fa partecipe, in quanto si comunica, secondo il passodell’Apostolo: “Quelli che mangiano le vittime, non sono
forse partecipi dell’altare?” (1Cor 10,18). Perciò è
45 S. Th., III, 82, 4, c.: «Respondeo dicendum quod, sicut supra dictumest [q.79, a.5 et 7], Eucharistia non solum est sacramentum, sed etiamsacrificium».46 S. Th., III, 82, 4, c.: «Quicumque autem sacrificium offert, debet fierisacrificii particeps. Quia exterius sacrificium quod offert, signum estinterioris sacrificii quo quis seipsum offert Deo, ut Augustinus dicit, X deCiv. Dei [c.5: ML 41, 282; c. 6: ML 41, 283]. Unde per hoc quod
participat sacrificio, ostendit ad se sacrificium interius pertinere.Similiter etiam per hoc quod sacrificium populo dispensat, ostendit seesse dispensatorem divinorum populo. […] Et ideo ipse ante sumeredebet quam populo dispenset. […] “Quale est sacrificium cui nec ipsesacrificans particeps esse dignoscitur?”».
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necessario che il sacerdote ogni volta che consacra ricevaquesto sacramento nella sua integrità»47.
È bello vedere com’è la mente di S. Tommaso: èqualcosa del tutto particolare. Non lo scopriamo solo a partiredall’ordine che si può osservare nelle questioni che egli vatrattando, o nell’ordine degli articoli d’ogni questione; mavediamo il suo genio da come porta il filo del pensieroattraverso le diverse questioni o articoli, nel quale mai sicontraddice, stabilendo anzi un’armonia perfetta, e in un temadifficilissimo come quello dell’Eucaristia. San Bonaventura
dirà: inter sacramenta cetera est difficillimum ad credendum,immo inter credibilia («tra gli altri sacramenti è la cosa piùdifficile di essere creduta, e perfino tra tutte le cose che sidevono credere») 48.
Nella prima difficoltà dello stesso articolo SanTommaso affronta il tema del rapporto con il crisma, equindi con qualunque altra materia degli altri sacramenti. E
risponde: « La consacrazione del crisma e di qualunque altramateria non è un sacrificio, come lo è la consacrazionedell’Eucaristia»49.
47 S. Th., III, 82, 4, c.: «per hoc autem fit particeps quod de sacrificiosumit, secundum illud Apostoli, I Cor. X, [18], “nonne qui edunt hostias,
participes sunt altaris?”. Et ideo necesse est quod sacerdos,quotiescumque consecrat, sumat hoc sacramentum integre».48 In IV Sent., d. 8, pars 1, a. 1, q. 1: «istud sacramentum praefiguratumest, et praefigurari debuit tum ratione suae dignitatis, tum rationedifficultatis […]. Ratione difficultatis, quia hoc inter sacramenta ceteraest difficillimum ad credendum, immo inter credibilia: ideo debuerunthomines ad hoc assuesieri quadam figurarum manuductione».49 S. Th., III, 82, 4, ad 1: «consecratio chrismatis, vel cuiuscumquealterius materiae, non est sacrificium, sicut consecratio Eucharistiae».
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Nella questione successiva San Tommaso fa unasorta di catechesi sulla celebrazione dell’Eucaristia e affermanel corpus dell’articolo: « Preparato e istruito così il popolo,
[e dopo la preparazione dei doni all’Offertorio], si passa allacelebrazione del mistero. Esso viene offerto come sacrificioe viene consacrato e consumato come sacramento; [e lospiega splendidamente] infatti prima c’è l’oblazione; secondo, la consacrazione della materia oblata; terzo, la suaconsumazione. Nell’oblazione ci sono due momenti: la lodeda parte del popolo […] , e l’orazione da parte del sacerdoteche prega perché l’oblazione del popolo sia accetta a Dio[…]. In relazione poi alla consacrazione, che si compie pervirtù soprannaturale, prima viene eccitato il popolo alladevozione con il prefazio: per questo lo si invita ad “avere ilcuore in alto al Signore”»50 , perché solo con i cuori innalzatia Dio si può comprendere quell’azione divina per eccellenzache è il sacrificio della croce. Nella risposta alla 3ª difficoltàcita S. Cipriano: « Prima del prefazio, il sacerdote, prepara
l’anima dei fratelli dicendo: “In alto i cuori”, affinché il popolo, rispondendo “sono rivolti al Signore”, sappia chenon deve più pensare ad altro che a Dio»51.
50 S. Th., III, 83, 4, c.: «Sic igitur populo praeparato et instructo,acceditur ad celebrationem mysterii. Quod quidem et offertur utsacrificium, et consecratur et sumitur ut sacramentum, primo enim
peragitur oblatio; secundo, consecratio materiae oblatae; tertio, perceptioeiusdem. Circa oblationem vero duo aguntur, scilicet laus populi […]; etoratio sacerdotis, qui petit ut oblatio populi sit Deo accepta […]. Deinde,circa consecrationem, quae supernaturali virtute agitur, primo excitatur
populus ad devotionem in praefatione, unde et monetur sursum cordahabere ad Dominum».51 De Orat. Domin. c. 31: ML 4, 557: «sacerdos, praefatione praemissa,
parat fratrum mentes, dicendo, ‘sursum corda’, ut, dum respondet plebs,‘habemus ad Dominum’, admoneatur nihil aliud se cogitare quam Deum».
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2. Come si chiariscono reciprocamente
Ho scelto soltanto due testi che dimostrano come si
chiariscono reciprocamente il sacramento con il sacrificio e ilsacrificio con il sacramento, perché sono legatiindissolubilmente.
Nella q. 79, articolo 7, la risposta alla 5ª difficoltà èdavvero molto bella: « La comunione riguarda il sacramento,l’oblazione il sacrificio. Perciò dalla comunione del Corpo diCristo per parte di uno o di molti non viene agli altri alcun
giovamento. Parimente, per il fatto che un sacerdote consacra più ostie in una medesima Messa, non viene accresciutol’effetto di questo sacramento, perché non si tratta che di un solo sacrificio; e in molte ostie consacrate non c’è piùefficacia che in una sola, essendo in tutte e in ciascuna lo stesso Cristo per intero. Perciò sumendo nella stessa Messa più ostie consacrate, non si partecipa in più larga misural’effetto del sacramento. – Invece in più Messe si moltiplica
l’oblazione del sacrificio. E quindi si moltiplica l’effetto del sacrificio e del sacramento»52. È un tema che si potrebbesviluppare ulteriormente, sono tutti insegnamenti che valgonointere meditazioni.
52 S. Th., III, 79, 7, ad 3: «sumptio pertinet ad rationem sacramenti, sed
oblatio pertinet ad rationem sacrificii. Et ideo ex hoc quod aliquis sumitCorpus Christi, vel etiam plures, non accrescit aliis aliquod iuvamentum.Similiter etiam neque ex hoc quod sacerdos plures hostias consecrat inuna Missa, non multiplicatur effectus huius sacramenti, quia non est nisiunum sacrificium, nihil enim virtutis plus est in multis hostiis consecratisquam in una, cum sub omnibus et sub una non sit nisi totus Christus.Unde nec si aliquis simul in una Missa multas hostias consecratas sumat,
participabit maiorem effectum sacramenti. In pluribus vero Missismultiplicatur sacrificii oblatio. Et ideo multiplicatur effectus sacrificii etsacramenti».
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Rispondendo alla prima difficoltà del primo articolodella q. 83, S. Tommaso cita S. Ambrogio, in un passo moltonoto a tutti: «Come dice S. Ambrogio, “unica è la vittima”,
offerta da Cristo e da noi, “e non molte, essendosi il Cristoimmolato un’unica volta; ma il sacrificio attuale èl’immagine del suo sacrificio. Come infatti è un solo Corpoquello che si offre dovunque e non molti corpi, così unico èanche il sacrificio”»53.
Paolo VI insegna: « facendo parte Sacrificio eSacramento dello stesso mistero sicché non è possibile
separare l’uno dall’altro. Il Signore s’immola in modoincruento nel Sacrificio della Messa, che rappresenta ilSacrificio della Croce, applicandone la virtù salutifera, nelmomento in cui per le parole della consacrazione comincia aessere sacramentalmente presente, come spirituale alimentodei fedeli, sotto le specie del pane e del vino»54.
Perciò nel Catechismo della Chiesa Cattolica ci
viene insegnato: « La Messa è ad un tempo einseparabilmente il memoriale del sacrificio nel quale si
53 S. Th., III, 83, 1, ad 1: «Ambrosius ibidem dicit [cfr. Gratianum, Decretum, P. III De cons., d.2, can.53 in Christo semel], “una est hostia”,quam scilicet Christus obtulit et nos offerimus, “et non multae, quiasemel oblatus est Christus, hoc autem sacrificium exemplum est illius.Sicut enim quod ubique offertur unum est Corpus et non multa corpora,
ita et unum sacrificium”».54 Enciclica Mysterium fidei, (3-9-1965), n. 35: «...Sacrificium etSacramentum, ad idem mysterium pertineat et alterum ab altero separarinon possit. Tunc Dominus incruente immolatur in Sacrificio Missae,Crucis sacrificium repraesentante et virtutem eius salutiferam applicante,cum per consecrationis verba sacramentaliter incipit praesens adesse,tamquam spiritualis fidelium alimonia, sub speciebus panis et vini» (in
AAS 57 [1965] 762; in Enchiridion delle Encicliche, EDB, Bologna1994, v.7, n.878).
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perpetua il sacrificio della croce, e il sacro banchetto dellaComunione al Corpo e Sangue del Signore»55.
Il Compendio lo vede nel simbolo dell’altare:« L’altare è il simbolo di Cristo stesso, presente come vittima sacrificale (altare-sacrificio della croce) e come alimentoceleste che si dona a noi (altare-mensa eucaristica)»56.
3. Il momento in cui si realizza
L’oblazione del sacrificio si realizza al momento
della consacrazione eucaristica, come abbiamo appena vistonel testo citato di Paolo VI57.
È il momento della pienezza della realizzazione delverbo essere, re dei verbi: « È il mio Corpo… sarà offerto. È il calice del mio Sangue... sarà sparso... È il mistero dellafede». In quel momento, come dice Sant’Agostino: «la parola si unisce all’elemento e si produce il sacramento»58.E «le parole […] non producono se non ciò che significano»59.
È il momento dei verbi a fiotti: lì, in quel precisomomento, si fa presente una cascata di verbi: consacrare,
55 Catechismus Catholicae Ecclesiae, n.1382: «Missa simul etinseparabiliter sacrificale est memoriale in quo crucis perpetuatur
Sacrificium, et sacrum convivium Communionis Corporis et SanguinisDomini».56 Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n.288.57 Cfr. nota 54.58 Super Io., Trat. 80, super 15, 3: ML 35, 1840: «Accedit verbum adelementum, et fit sacramentum».59 S. Th., III, 77, 1, c.: «quia verba consecrationis hoc non significant;quae tamen non efficiunt nisi significatum».
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transostanziare (il pane e il vino), potere (da parte di Dio),immolare (la Vittima), sacrificare, oblare, offrire, perpetuare(il memoriale del sacrificio della Croce), operare (nella
Persona di Cristo), presenzializzare, attualizzare, rimembrare,rinnovare, dimostrare, profetizzare, offrire, versare, propiziare,impetrare, rappresentare, ricordare, applicare, consumare,accettare..., il re dei verbi come per mano ci porta dal VerboRe, che è il “ Re dei re e Signore dei signori” (Ap 19,16), dal Ipsum esse subsistens60. Perché è verbo dello stesso Verbo:« La consacrazione si realizza con le parole e le frasi delSignor Gesù… la parola di Cristo realizza il Sacramento»61.
«Ora, l’opportunità di offrire il sacrificio non vaconsiderata solo in rapporto ai fedeli cristiani,[…] ma principalmente in rapporto a Dio, cui si offre il sacrificiocon la consacrazione di questo sacramento»62. È uno deitemi oggi in discussione: «Non si celebri l’Eucaristia, se nonc’è popolo». Stolti! La Messa che si offre, si offre a Dio, e il popolo ne approfitta. Se il popolo è presente certo che ne
approfitta di più. Ma se il popolo è assente, ne approfittacomunque, perché viene offerta per tutto il popolo; perciò insenso stretto, non c’è Messa senza popolo. Il popolo c’èsempre, anche se non è fisicamente presente. Inoltre la
60 Cfr. S. Th., I, 3, 4.61 SAN AMBROSIO, De sacramentis, L. 4, c. 4: ML 16,459; cfr. S. Th., III,
78, 1, sc: «consecratio fit verbis et sermonibus Domini Iesu. Nam perreliqua omnia quae dicuntur, laus Deo defertur, oratione petitur pro
populo, pro regibus, pro ceteris. Ubi autem sacramentum conficitur, iamnon suis sermonibus sacerdos utitur, sed utitur sermonibus Christi. Ergosermo Christi hoc conficit sacramentum».62 S. Th., III, 82, 10, c.: «Opportunitas autem sacrificium offerendi nonsolum attenditur per comparationem ad fideles Christi, […] sed
principaliter per comparationem ad Deum, cui in consecratione huiussacramenti sacrificium offertur».
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Messa offerta a Dio ha un valore infinito, perché si offresempre a Dio, essendo un sacrificio. Chi ha perduto il valoredella Messa come sacrificio non celebra la Messa se non c’è
popolo, perché pensa che è importante solo se c’è il popolo,come se fosse il popolo a dare valore alla Messa! La Messainvece è importante principalmente per il suo rapporto conDio, cui è offerto il sacrificio nel consacrare.
In un altro punto l’Angelico ci ricorda: «Gli altri sacramenti si compiono mentre si amministrano ai fedeli. Equindi gli altri sacramenti non è tenuto ad amministrarli se
non chi assume la cura dei fedeli. L’Eucaristia invece sicompie nella consacrazione in cui si offre il sacrificio a Dio:e a ciò il sacerdote è obbligato in forza dell’ordine sacro giàricevuto»63. E cita quel passo della Scrittura, dal libro deiMacabei (2Mac 4,14), riferito a noi sacerdoti e oggiapplicabile e tanti di essi: « Ecco perché la Scrittura lamentache alcuni sacerdoti “non si dedicavano più agli ufficidell’altare, disprezzando il tempio e trascurando i
sacrifici” »64.
63 S. Th., III, 82, 10, ad 1: «Alia sacramenta perficiuntur in usufidelium. Et ideo in illis ministrare non tenetur nisi ille qui super fidelessuscipit curam. Sed hoc sacramentum perficitur in consecrationeEucharistiae, in qua sacrificium Deo offertur, ad quod sacerdosobligatur ex ordine iam suscepto».64 S. Th., III, 82, 10, c.: «Et hinc est quod II Machab. IV,[14], diciturcontra quosdam sacerdotes quod “iam non circa altaris officia deditierant, contempto templo et sacrificiis neglectis”».
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4. L’Eucaristia e gli altri sacramenti
Il Salvatore ha raccomandato«con veemenza maggiore l’altezza di quel mistero…»65.
Sant’Agostino
Fra i sette sacramenti uno è singolare e per vari motivisupera tutti per sublimità: è l’Eucaristia.
1º. Nell’Eucaristia «è contenuto veramente,realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro
Signore Gesù Cristo, unitamente con l’anima e la divinità, e,quindi il Cristo tutto intero» , come ha definito il Concilio diTrento 66 , e come ricorda il Catechismo della ChiesaCattolica67 e il Compendio68. Non ci dà solo la grazia, mal’Autore stesso della grazia.
65 Cfr. S. Th., III, 80, 8, ad 1: «“…quo vehementius commendaretmysterii illius altitudinem” [Ep. 54, c. 6: ML 33, 203]».66 CONC. TRENTO: «in sanctissimae Eucharistiae sacramento continerivere, realiter et substantialiter, corpus et sanguinem una cum anima etdivinitate Domini nostri Iesu Christi ac proinde totum Christum...» (DH1651). Cfr. Decreto sul Sacramento dell’Eucaristia, cap. I. «La presenzareale del Signore nostro Gesù Cristo nel santissimo sacramentodell’Eucaristia», (DH 1636 e ss).67 Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1374: «Nel Santissimo
Sacramento dell’Eucaristia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, conl’anima e la divinità e, quindi, il Cristo tutto intero»; [«In SanctissimoEucharistiae Sacramento continetur vere, realiter et substantialitercorpus et sanguis una cum anima et divinitate Domini nostri Iesu Christiac proinde totus Christus»].68 Cfr. Compendio, n.282: «È presente infatti in modo vero, reale,sostanziale: con il suo Corpo e il suo Sangue, con la sua Anima e la suaDivinità […] Cristo tutto intero: Dio e uomo».
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Gli altri sacramenti hanno una virtù (= forza) data daCristo, ma non a Cristo stesso. « Negli altri sacramenti non èrealmente presente Cristo come in questo sacramento.
Quindi negli altri sacramenti rimane la sostanza dellamateria, ma non in questo»69, nel quale la sostanza dellamateria si trasforma.
« Dionigi dichiara che “nessuno può raggiungere la perfezione gerarchica se non per mezzo dell’Eucaristia santissima”. Dunque questo sacramento è il più grande e ilcoronamento di tutti gli altri. Assolutamente parlando, il
sacramento dell’Eucaristia è il più grande di tutti i sacramenti.Ciò risulta da tre considerazioni. Primo, perché contienerealmente Cristo in persona: negli altri sacramenti invece sitrova una virtù strumentale partecipata da Cristo, come sopraabbiamo spiegato. Infatti ciò che è tale per essenza è sempre superiore a ciò che lo è per partecipazione…»70.
2º. L’Eucaristia vivifica gli altri sacramenti. È «quasi
“il coronamento” della vita spirituale e “il fine di tutti i sacramenti”, [...] poiché le grazie di tutti i sacramenti
69 S. Th., III, 75, 2, ad 2: «In aliis sacramentis non est ipse Christusrealiter, sicut in hoc sacramento. Et ideo in sacramentis aliis manetsubstantia materiae, non autem in isto».70
S. Th., III, 65, 3, sc et c.: «Sed contra est quod Dionysius dicit, III cap.Eccles. Hierar. [P.I: MG 3, 425], quod “non contingit aliquem perfici perfectione hierarchica nisi per divinissimam Eucharistiam”. Ergo hocsacramentum potissimum et perfectivum est omnium aliorum. […]Simpliciter loquendo, sacramentum Eucharistiae est potissimum interalia sacramenta. Quod quidem tripliciter apparet. Primo quidem, ex eoquod in eo continetur ipse Christus substantialiter, in aliis autemsacramentis continetur quaedam virtus instrumentalis participata aChristo, ut ex supra dictis patet [q. 62, a. 4, ad 3; a. 5]. Semper autemquod est per essentiam, potius est eo quod est per participationem».
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L’Eucaristia e gli altri sacramenti
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preparano, o a ricevere, o a consacrare l’Eucaristia»71 .Quindi: «…questo sacramento che contiene realmente Cristoè, come afferma Dionigi, “il coronamento [perfectivum] di
tutti gli altri sacramenti, nei quali la virtù di Cristo è partecipata”»72.
«Secondo, ciò risulta dall’ordine esistente tra i sacramenti: tutti gli altri sacramenti infatti sono ordinatiall’Eucaristia come al loro fine. È chiaro, p. es., che il sacramento dell’Ordine mira alla consacrazionedell’Eucaristia. Il sacramento del Battesimo tende alla
comunione eucaristica. A questa l’uomo viene sotto un’altroaspetto disposto anche dalla Cresima, perché non si astenga per vergogna dal Sacramento eucaristico. Anche la Penitenza e l’Estrema Unzione preparano l’uomo a riceveredegnamente il Corpo di Cristo. Il Matrimonio poi si riferisceall’Eucaristia almeno per il suo simbolismo, in quantorappresenta l’unione di Cristo con la Chiesa, di cuil’Eucaristia raffigura l’unità, onde S. Paolo ha scritto:
“Grande è questo sacramento: lo dico in riferimento aCristo e alla Chiesa” (Ef 5,32). Terzo, [l’ordine di tutti isacramenti verso l’Eucaristia] risulta dal rituale dei sacramenti. Infatti la ricezione di quasi tutti i sacramenti sicompleta con la Comunione eucaristica […], gli ordinandi,
71 S. Th., III, 73, 3, c.: «Eucharistia vero est quasi consummatiospiritualis vitae, et omnium sacramentorum finis, ut supra dictum est [q.63, a. 6; q. 65, a. 3], per sanctificationes enim omnium sacramentorum fit
praeparatio ad suscipiendam vel consecrandam Eucharistiam».72 S. Th., III, 75, 1, c.: «Et ideo hoc sacramentum, quod ipsum Christumrealiter continet, ut Dionysius dicit [Eccles. Hierar. P.I: MG 3, 423], est“perfectivum omnium sacramentorum aliorum, in quibus virtus Christi
participatur”».
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p. es., e i neo battezzati adulti ricevono alla fine anche lacomunione»73.
« Il Matrimonio persegue il bene comune fisico, ma ilbene comune spirituale di tutta la Chiesa è contenuto sostanzialmente nel sacramento dell’Eucaristia»74.
3º. L’Eucaristia oltre che sacramento è sacrificio, manon gli altri: « La consacrazione del crisma e di qualunquealtra materia non è un sacrificio, come lo è la consacrazionedell’Eucaristia»75.
«Questo sacramento ha sugli altri l’essere anche sacrificio»76.
73 S. Th., III, 65, 3, c.: «Hoc apparet ex ordine sacramentorum adinvicem, nam omnia alia sacramenta ordinari videntur ad hocsacramentum sicut ad finem. Manifestum est enim quod sacramentumOrdinis ordinatur ad Eucharistiae consecrationem. Sacramentum veroBaptismi ordinatur ad Eucharistiae receptionem. In quo etiam perficituraliquis per Confirmationem, ut non vereatur se subtrahere a talisacramento. Per Poenitentiam etiam et Extremam Unctionem praeparaturhomo ad digne sumendum Corpus Christi. Matrimonium autem saltemsua significatione attingit hoc sacramentum inquantum significatconiunctionem Christi et Ecclesiae, cuius unitas per sacramentumEucharistiae figuratur, unde et Apostolus dicit, Ephes. V,[32]:“sacramentum hoc magnum est, ego autem dico in Christo et inEcclesia”. Tertio hoc apparet ex ritu sacramentorum. Nam fere omniasacramenta in Eucharistia consummantur, ut dicit Dionysius, III cap.Eccles. Hierar. [P.I: MG 3,424]., sicut patet quod ordinati communicant,et etiam baptizati si sint adulti».74 S. Th., III, 65, 3, ad 1: «dicendum quod Matrimonium ordinatur ad
bonum commune corporaliter. Sed bonum commune spirituale totiusEcclesiae continetur substantialiter in ipso Eucharistiae sacramento».75 S. Th., III, 82, 4, ad 1: «consecratio chrismatis, vel cuiuscumquealterius materiae, non est sacrificium, sicut consecratio Eucharistiae».76 S. Th., III, 79, 7, ad 1: «hoc sacramentum prae aliis habet quod estsacrificium».
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L’Eucaristia e gli altri sacramenti
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4º. Si realizza consacrando la materia del sacramento, pane e vino: «…si compie mediante la consacrazione dellamateria; mentre gli altri sacramenti si compiono mediante
l’uso della materia consacrata»77
. Negli altri sacramenti non si consacra la materia,
l’acqua, l’olio…, al modo come è nell’Eucaristia: «negli altri sacramenti la consacrazione della materia consiste solo inuna benedizione, per la quale la materia consacrata riceve strumentalmente una virtù spirituale che dal ministro, strumento animato, può passare agli strumenti inanimati. Al
contrario in questo sacramento [l’Eucaristia] laconsacrazione della materia consiste in una qualchemiracolosa conversione della sostanza, che Dio solo puòcompiere. Perciò nel realizzare questo sacramento ilministro non ha altra azione (da fare) che quella di proferirele parole»78.
5º. Di conseguenza l’Eucaristia e gli altri sacramenti
differiscono anche nella forma delle loro parole: « E poiché la forma deve essere adeguata alla realtà, conseguentemente la forma di questo sacramento differisce in due modi dalle formedegli altri sacramenti. Primo, nel fatto che le forme degli altri sacramenti esprimono l’uso della materia: p. es.,l’immersione o la crismazione, mentre la forma di questo
77 S. Th., III, 78, 1, c.: «hoc sacramentum perficitur in consecratione
materiae, alia vero sacramenta perficiuntur in usu materiae consecratae».78 S. Th., III, 78, 1, c.: «In aliis sacramentis consecratio materiae consistitsolum in quadam benedictione, ex qua materia consecrata accipitinstrumentaliter quandam spiritualem virtutem, quae per ministrum, quiest instrumentum animatum, potest ad instrumenta inanimata procedere.Sed in hoc sacramento consecratio materiae consistit in quadammiraculosa conversione substantiae, quae a solo Deo perfici potest. Undeminister in hoc sacramento perficiendo non habet alium actum nisi
prolationem verborum».
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sacramento esprime solo la consacrazione della materia, checonsiste nella transustanziazione, e ciò con le espressioni:“Questo è il mio Corpo”, e “Questo è il calice del mio
Sangue”. – Secondo, perché le forme degli altri sacramentivengono proferite dal ministro in persona propria, sia in attodi agire, come quando si dice: “Io ti battezzo” o “Io ticonfermo”; sia in atto di comandare, come quando nel sacramento dell’Ordine si dice: “Ricevi il potere...”; sia inatto d’intercedere, come nel sacramento dell’estremaUnzione: “Per questa unzione e per la nostraintercessione...”. Al contrario la forma di questo sacramentoviene proferita in persona dello stesso Cristo che parla, inmodo da far intendere che il ministro nella celebrazione diquesto sacramento non fa nient’altro che proferire le paroledi Cristo»79.
6º. La materia dell’Eucaristia, e dunque laconsacrazione, è duplice: pane e vino. Abbiamo ormai citatoalcuni testi (vedi 4°). Aggiungiamo altri: «Questo sacramento
si compie con la consacrazione della materia [...]. Ma in
79 S. Th., III, 78, 1, c.: «Et quia forma debet esse conveniens rei, ideoforma huius sacramenti differt a formis aliorum sacramentorum induobus. Primo quidem, quia formae aliorum sacramentorum importantusum materiae, puta baptizationem vel consignationem, sed forma huiussacramenti importat solam consecrationem materiae, quae in
transubstantiatione consistit; puta cum dicitur, “hoc est Corpus meum”,vel, “hic est calix Sanguinis mei”. Secundo, quia formae aliorumsacramentorum proferuntur ex persona ministri, sive per modumexercentis actum, sicut cum dicitur, “ego te baptizo”, vel, “ego teconfirmo”; sive per modum imperantis, sicut in sacramento ordinisdicitur, “accipe potestatem”, etc.; sive per modum deprecantis, sicut cumin sacramento extremae unctionis dicitur, “per istam unctionem etnostram intercessionem”, etc. Sed forma huius sacramenti profertur ex
persona ipsius Christi loquentis, ut detur intelligi quod minister in perfectione huius sacramenti nihil agit nisi quod profert verba Christi».
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L’Eucaristia e gli altri sacramenti
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questo sacramento la consacrazione della materia èduplice». E chiarisce nel corpo: «alla refezione corporaleoccorrono due cose: il cibo, che è l’alimento solido, e la
bevanda, che è l’alimento liquido. Conseguentemente anchealla completezza di questo sacramento concorrono due cose:il cibo spirituale e la bevanda spirituale, secondo le paroleevangeliche [Gv 6,55]: “La mia Carne è vero cibo e il mioSangue vera bevanda”. Perciò questo sacramento, puressendo molteplice per la sua materia, è uno solo per la sua forma e perfezione»80.
Duplice è la materia e la consacrazionenell’Eucaristia per rappresentare adeguatamente la passione:« La rappresentazione della passione del Signore si ha nella stessa consacrazione di questo sacramento, nella quale non si può consacrare il Corpo senza il Sangue»81.
La materia negli altri sacramenti invece è una sola:«l’acqua è la materia propria del Battesimo»; «il crisma è
la materia conveniente di questo sacramento»; «la Penitenza, la cui quasi materia sono gli atti del penitente[contrizione del cuore, confessione della bocca,
80 S. Th., III, 73, 2, ob. 3 et c.: «hoc sacramentum perficitur inconsecratione materiae, sicut dictum est [a. 1, ad 3]. Sed in hocsacramento est duplex materiae consecratio»; «ad corporalem autem
refectionem duo requiruntur, scilicet cibus, qui est alimentum siccum; et potus, qui est alimentum humidum. Et ideo etiam ad integritatem huiussacramenti duo concurrunt, scilicet spiritualis cibus et spiritualis potus,secundum illud Ioan. VI,[56]: “Caro mea vere est cibus, et Sanguis meusvere est potus”. Ergo hoc sacramentum multa quidem materialiter est,sed unum formaliter et perfective».81 S. Th., III, 80, 12, ad 3: «repraesentatio Dominicae passionis agitur inipsa consecratione huius sacramenti, in qua non debet Corpus sineSanguine consecrari».
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P. Carlos Miguel Buela — Pane di vita eterna e calice dell’eterna salvezza
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satisfazione per i peccati]»; «la Estrema Unzione, la cuimateria è l’olio benedetto dal vescovo»...82.
La benedizione o consacrazione negli altri sacramenti èunica, sia per l’uso dello stesso Cristo, sia per l’azione delministro: «Tutta la virtù santificante dei sacramenti deriva daCristo [...]. Ora, dobbiamo considerare che Cristo ha fatto usodi alcuni sacramenti, quali il Battesimo e anche l’Eucaristia, iquali comportano una materia sensibile. Quindi dall’uso stessodi Cristo tali materie ricevettero l’attitudine a costituire un sacramento [...]. E similmente il Signore stesso “prendendo il
pane lo benedisse, e così anche il calice”, come si legge neiVangeli [...]. Di conseguenza non è necessario per questi sacramenti che la loro materia venga prima benedetta,bastando la benedizione di Cristo. E se viene fatta qualchebenedizione, essa riguarda la solennità del sacramento, non la sua validità. Di unzioni visibili invece Cristo non fece uso, pernon pregiudicare l’unzione invisibile con cui egli “fu unto a preferenza dei suoi eguali” [...]. E così tanto il crisma quanto
l’olio santo e quello degli infermi vengono benedetti prima diessere usati per il sacramento». « La materia sensibile puòricevere la grazia non come suo soggetto, ma come suo strumento [...]. Ed è a tale scopo che la materia del sacramentoviene consacrata, o da Cristo stesso o dal vescovo, cherappresenta nella Chiesa la persona di Cristo»83.
82 S. Th., III, 66, 3, c.: «aqua est propria materia baptismi»; S. Th. III, 72,2 c: «crisma est conveniens materia huius sacramenti»; De articulis fideiet Ecclesiae sacramentis, n. 622: «Poenitentia, cuius quasi materia suntactus poenitentis, qui dicuntur tres poenitentiae partes [cordis contritio,oris confessio, satisfactio pro peccatis]»; Ibidem n. 624: «ExtremaeUnctionis, cuius materia est oleum olivae per episcopum benedictum».83 S. Th., III, 72, 3, c.: «tota sacramentorum sanctificatio a Christoderivatur [...]. Est autem considerandum quod quibusdam sacramentishabentibus materiam corpoream Christus est usus, scilicet baptismo et
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7º. In fieri et in facto esse:
Solo nell’Eucaristia abbiamo questi due momenti: 1. In fieri = nel suo farsi = il costitutivo nel momento dellaconsacrazione; e, 2. In facto esse = nell’essere fatto = nelrestare = fino alla comunione e quando si ripone nel sacrario, perché solo l’Eucaristia non si fa al momentodell’amministrazione – come tutti gli altri sacramenti84 – masi fa prima e se amministra dopo. «Tale consacrazioneconsiste nella conversione della sostanza del pane nel Corpodi Cristo. Ora, è necessario che la forma del sacramento
significhi ciò che il sacramento produce. Quindi anche la forma della consacrazione del pane deve significare laconversione del pane nel Corpo di Cristo, nella quale siriscontrano tre elementi: [1] la conversione, [2] il termine di partenza [a quo] e [3] il termine di arrivo [ad quem].
[1] Ebbene, la conversione si può considerare in duemodi: nel suo compiersi [in fieri] e nella sua attuazione giàavvenuta [in facto esse]. Ora, nella forma della consacrazione
del pane la conversione non doveva essere indicata nel suo
etiam Eucharistia. Et ideo ex ipso usu Christi materiae horumsacramentorum aptitudinem acceperunt ad perfectionem sacramenti [...].Et ipse similiter Dominus, “accipiens panem, benedixit”, similiter autemet calicem, ut habetur Matth. 26,[26-27] et Luc. 22,[19-20]. Et propterhoc non est de necessitate horum sacramentorum quod materia prius
benedicatur, quia sufficit benedictio Christi. Si qua vero benedictioadhibeatur, pertinet ad solemnitatem sacramenti, non autem ad
necessitatem. Unctionibus autem visibilibus Christus non est usus, nefieret iniuria invisibili unctioni qua est “unctus prae consortibus suis” Etideo tam chrisma quam oleum sanctum et oleum infirmorum prius
benedicuntur quam adhibeantur ad usum sacramenti»; Ibidem ad 3:«materia corporalis non est capax gratiae quasi gratiae subiectum, sedsolum sicut gratiae instrumentum [...]. Et ad hoc materia sacramenticonsecratur, vel ab ipso Christo, vel ab episcopo, qui gerit in Ecclesia
personam Christi».84 Cfr. S. Th., III, 73, 1, ob. 1 y 2.
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compiersi, ma come attuata. Primo, perché questaconversione non è successiva ma istantanea, [...] e nellemutazioni istantanee il compiersi s’identifica con l’essere
compiuto. Secondo, perché le forme sacramentali servono aindicare l’effetto del sacramento, come le forme artificiali servono a indicare l’effetto dell’arte [...]. Perciò anche nella forma della consacrazione del pane deve esprimersi laconversione come attuata, perché ad essa mira l’intenzione.
[2 e 3] Ora, poiché la conversione stessa vieneespressa in questa forma come compiuta, necessariamente gliestremi della conversione vanno indicati come sono almomento in cui la conversione si è già realizzata. Ma allora iltermine di arrivo ha la natura propria della sua sostanza,mentre il termine di partenza non conserva la sua sostanza,ma solo i suoi accidenti, con i quali si presenta ai sensi e secondo i quali è determinabile dai sensi. È giusto quindi cheil termine di partenza venga indicato con il pronomedimostrativo [“Questo”] , riferito agli accidenti sensibili che
rimangono. Invece il termine di arrivo si esprime con un sostantivo, che indica la natura di ciò in cui la cosa siconverte: e questo, come abbiamo notato, è il Corpo di Cristonella sua integrità e non la sola carne. Perciò la forma“Questo è il mio Corpo” è convenientissima»85.
85 S. Th., III, 78, 2, c.: «Consecratio consistit in conversione substantiae
panis in Corpus Christi. Oportet autem formam sacramenti significare idquod in sacramento efficitur. Unde et forma consecrationis panis debetsignificare ipsam conversionem panis in Corpus Christi. In qua triaconsiderantur, scilicet ipsa conversio, et terminus a quo, et terminus adquem. Conversio autem potest considerari dupliciter, uno modo, ut infieri; alio modo, ut in facto esse. Non autem debuit significari conversioin hac forma ut in fieri, sed ut in facto esse. Primo quidem, quia haecconversio non est successiva, ut supra habitum est [q. 75, a. 7], sedinstantanea, in huiusmodi autem mutationibus fieri non est nisi factumesse. Secundo, quia ita se habent formae sacramentales ad significandum
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8º. I sacramenti della Nuova Alleanza (Legge), oltreche segni, sono cause che producono ciò che significano.
a) Gli altri sacramenti agiscono per una potenzadivina presente in essi che li fa essere strumenti dello SpiritoSanto, come avviene con l’acqua nel Battesimo.
Ma nell’Eucaristia gli accidenti del pane e del vinoconsacrati santificano, pure, coloro che li ricevono, anche seil potere soprannaturale non è immediatamente connesso conil potere che viene dal cielo, ma è connesso tramite il Corpoe il Sangue del Signore contenuti in essi: « L’acqua del Battesimo non ha efficacia spirituale in quanto acqua, ma per la virtù dello Spirito Santo presente in essa, cosicché ilCrisostomo spiegando le parole evangeliche di SanGiovanni [5,4] “Un angelo del Signore di tempo intempo...”, osserva: “Nei battezzati non opera la sempliceacqua; ma essa lava tutti i peccati dopo che ha ricevuto la grazia dello Spirito Santo” [ In Io, homil. 36: MG 59, 204].
Ora, come la virtù dello Spirito Santo sta all’acqua delbattesimo, così il vero Corpo di Cristo sta alle specie del
effectum sacramenti, sicut se habent formae artificiales adrepraesentandum effectum artis […]. Unde et in hac forma debet exprimiconversio ut in facto esse, ad quod fertur intentio. Et quia ipsa conversioexprimitur in hac forma ut in facto esse, necesse est quod extrema
conversionis significentur ut se habent in facto esse conversionis. Tuncautem terminus ad quem habet propriam naturam suae substantiae, sedterminus a quo non manet secundum suam substantiam, sed solumsecundum accidentia, quibus sensui subiacet, et ad sensum determinari
potest. Unde convenienter terminus conversionis a quo exprimitur per pronomen demonstrativum relatum ad accidentia sensibilia, quae manent.Terminus autem ad quem exprimitur per nomen significans naturam eiusin quod fit conversio, quod quidem est totum Corpus Christi, et non solacaro eius, ut dictum est [q. 76, a. 1, ad. 2]. Unde haec forma estconvenientissima, “hoc est Corpus meum”».
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pane e del vino. Quindi le specie del pane e del vino nulla producono, se non in virtù del vero Corpo di Cristo»86.
b) Così pure l’Eucaristia e gli altri sacramentidifferiscono nel «come» si producono i due effetti definitires et sacramentum e res tantum. Res tantum indica ciò chesolo è effetto; res et sacramentum è ciò che, oltre a essereeffetto del sacramentum tantum, è causa attiva di effettisuccessivi. Nell’Eucaristia è solo effetto – res tantum – lagrazia sacramentale donataci quando ci comunichiamo:grazia santificante e nutritiva, unione a Cristo e ai fratelli,
unità della Chiesa, carità, pace…; la res et sacramentum è ilCorpo e Sangue del Signore sotto le specie eucaristiche.
Alcuni sacramenti danno immediatamente i dueeffetti, per es. il Battesimo, che dà il carattere (o poteresoprannaturale causale, indelebile e irripetibile) e la graziadella nascita spirituale. L’Eucaristia invece non dà i dueeffetti immediatamente. Nel realizzarsi [in fieri] le parole di
Cristo e la potenza dello Spirito Santo operano latransustanziazione, che colloca il Corpo e il Sanguesacramentati di Cristo sotto le specie; e nel mantenersi [infacto esse], le specie consacrate fanno sì che resti sotto lespecie l’essere sacramentale già realizzato nel primomomento. Finché le specie durano, permarranno il Corpo e il
86 S. Th., III, 73, 1, ad 2: «Aqua Baptismi non causat aliquem spiritualemeffectum propter ipsam aquam, sed propter virtutem Spiritus Sancti inaqua existentem, unde Chrysostomus dicit [ In Ioan., hom. 36: MG 59,204], super illud Ioan. V,[4]: “Angelus Domini secundum tempus etc.”,“in baptizatis non simpliciter aqua operatur, sed, cum Spiritus Sanctisusceperit gratiam, tunc omnia solvit peccata”. Sicut autem se habetvirtus Spiritus Sancti ad aquam Baptismi, ita se habet Corpus Christiverum ad species panis et vini. Unde species panis et vini non efficiuntaliquid nisi virtute Corporis Christi veri».
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Sangue di Cristo; quando esse scompariranno, anche essispariranno.
c) Gli altri sacramenti si compiono quando sonoamministrati e tutto ciò che producono si realizza in chi liriceve, come nel Battesimo la res et sacramentum, ilcarattere sacramentale, e la res tantum, la grazia.
Nell’Eucaristia, sia nell’aspetto in fieri che in quelloin facto esse, il Corpo e il Sangue stanno fuori di chi sicomunicherà; e soltanto quando si comunica si ricevono il primo e il secondo effetto sacramentale.
Per tutto questo San Tommaso insegna: «Un sacramento è tale in quanto contiene qualche cosa di sacro. Ma una cosa può essere sacra in due modi: in sensoassoluto, o relativamente a un’altra cosa. Ora, è questaappunto la differenza tra l’Eucaristia e gli altri sacramentiaventi materia sensibile: l’Eucaristia contiene qualche cosadi sacro in senso assoluto, cioè il Cristo stesso; l’acqua del
Battesimo invece contiene qualche cosa di sacro in sensorelativo, cioè una virtù santificatrice, e lo stesso vale delcrisma e di altre cose simili. Ecco perché il sacramentodell’Eucaristia si compie con la stessa consacrazione dellamateria, mentre gli altri sacramenti si compiono applicandola materia all’uomo che deve essere santificato.
Da ciò deriva un’altra differenza. Nel sacramento
dell’Eucaristia la res et sacramentum si trova nella materia stessa; mentre la res tantum , ossia la grazia conferita, sitrova in chi la riceve. Nel Battesimo, al contrario, ambeduele cose si trovano in chi lo riceve: sia il carattere che è res et
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sacramentum , sia la grazia della remissione dei peccati cheè res tantum. Lo stesso si dica degli altri sacramenti»87.
Nel mistero dell’Eucaristia vediamo, quindi: – che «è il sacramento dell’unità ecclesiastica»88.
– che non solo propriamente, ma per antonomasia le èattribuito il titolo di sacramento: «l’origine di tutti i sacramentiè la passione di Cristo; dal fianco di lui pendente sulla croceinfatti fluirono i sacramenti, come dicono i santi; la perfezione invece del sacramento sta nel fatto che contienela grazia; il fine poi del sacramento è duplice: prossimo,cioè la santificazione del ricevente, e ultimo, cioè la vitaeterna. Ora, queste cose si trovano nell’Eucaristia secondouna certa eccellenza»89;
87 S. Th., III, 73, 1, ad 3: «Sacramentum dicitur ex eo quod continetaliquid sacrum. Potest autem aliquid esse sacrum dupliciter, scilicet
absolute, et in ordine ad aliud. Haec est autem differentia interEucharistiam et alia sacramenta habentia materiam sensibilem, quodEucharistia continet aliquid sacrum absolute, scilicet ipsum Christum,aqua vero Baptismi continet aliquid sacrum in ordine ad aliud, scilicetvirtutem ad sanctificandum, et eadem ratio est de chrismate et similibus.Et ideo sacramentum Eucharistiae perficitur in ipsa consecrationemateriae, alia vero sacramenta perficiuntur in applicatione materiae adhominem sanctificandum. Et ex hoc etiam consequitur alia differentia.
Nam in sacramento Eucharistiae id quod est res et sacramentum, est in
ipsa materia; id autem quod est res tantum, est in suscipiente, scilicetgratia quae confertur. In Baptismo autem utrumque est in suscipiente, etcharacter, qui est res et sacramentum; et gratia remissionis peccatorum,quae est res tantum. Et eadem ratio est de aliis sacramentis».88 S. Th., III, 67, 2, c.: «Illud autem est sacramentum ecclesiasticaeunitatis». Cfr. III, 73, 2, sc et c.; III, 80, 5, ad 2.89 In IV Sent., d. 8, q. 1, 1C [sol. III]: «Origo autem omniumsacramentorum est passio Christi, de cuius latere in cruce pendentissacramenta profluxerunt, ut sancti dicunt; perfectio autem sacramenti est
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– « Poiché questo sacramento è specialmente inmemoria della passione del Signore; per cui si legge: “Tuttele volte che lo farete, lo farete in memoria di me” [1Cor11,25]; e così quanto all’origine è detto sacrificio e ostia.Similmente anche contiene la grazia non a modo diintenzione come gli altri sacramenti, ma la pienezza della grazia nella sua fonte; e così l’Eucaristia è detta[sacramento] per antonomasia»90;
– «in base a queste cose risulta chiara la rispostaalle difficoltà: poiché una cosa può essere denominata per antonomasia in base a ciò che è comune»91;
– «“Mistero della fede” può riferirsi alla stessa passione, che è un mistero di fede, come qualcosa di occultolatente nella fede di tutti i fedeli di Cristo, soprattutto degliantichi, presso i quali era in diversi modi figuratanascostamente nel mistero; anche [può riferirsi] allo stessoSangue, in quanto è contenuto nel sacramento, il quale
certamente è nascosto sotto le specie, e ha la massima
in hoc quod continet gratiam; finis autem sacramenti est duplex; proximus, scilicet sanctificatio recipientis, et ultimus, scilicet vitaaeterna. Haec autem per quamdam excellentiam in Eucharistia
inveniuntur».90 In IV Sent., d. 8, q. 1, 1C [sol. III]: «Quia hoc sacramentum estspecialiter in memoriam Dominicae passionis; unde [1Cor 11,25]:“quotiescumque feceritis, in mei memoriam facietis”; et ideo quantum adoriginem vocatur sacrificium vel hostia. Similiter etiam gratiam non permodum intentionis continet sicut alia sacramenta, sed plenitudinemgratiae in suo fonte; et ideo antonomastice Eucharistia dicitur». 91 In IV Sent., d. 8, q. 1, 1C [sol. III]: «Et per haec patet solutio ad objecta:quia ab eo quod est commune, aliquid antonomastice denominari potest».
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difficoltà a essere creduto: per cui per antonomasia si dice:“Mistero della fede”»92;
– « Non si può consacrare che con il pane di frumento; e il motivo di ciò è l’istituzione divina, poiché Egliconsacrò con questo pane. Si può poi assegnare una tripliceragione dell’istituzione. Prima, in base all’effetto, poichétale pane presta meglio il nutrimento; per cui è adatto a significare l’ eccellenza della grazia che viene conferita inquesto sacramento…»93;
– «Ciò che è comune a tutti i sacramenti siattribuisce per antonomasia all’Eucaristia a motivo della sua eccellenza»94;
– «…nessuno può essere superiore…»95;
92 In IV Sent., d. 8, q. 2, 2C [sol III]: «“mysterium fidei” […] potestreferri ad ipsam passionem, quae est mysterium fidei, ut occultumquoddam latens in fide omnium Christi fidelium, et praecipueantiquorum, apud quos erat in mysterio abscondite diversimode figurata;et ad ipsum Sanguinem, prout in sacramento continetur, quod quidemlatet sub speciebus, et maximam habet difficultatem ad credendum; undeantonomastice dicitur, “mysterium fidei”». 93 In IV Sent., d.11, q. 2, 2A [sol I]: «Respondeo dicendum ad primamquaestionem, quod non potest confici nisi de pane triticeo; cuius causaest divina institutio, quia Ipse hoc pane confecit. Ratio autem institutionis
potest triplex assignari. Prima ex effectu; quia talis panis meliusnutrimentum praestat; unde competit ad significandum excellentiam gratiae quae in hoc sacramento confertur».94 S. Th., III, 73, 4, ad 2: «...quod id quod est commune omnibussacramentis, attribuitur antonomastice ei, propter eius excellentiam».95 Cfr. S. Th., III, 73, 5, c.: «“nec nulla oblatio hac potior est” [PS. ALEXANDER I, Ep. I, c. 4: MA 1, 639], ideo, ut in maiori venerationehaberetur, Dominus in ultimo discessu suo a discipulis hoc sacramentuminstituit».
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– «essendo questo sacramento più nobile deglialtri»96;
– « In questo sacramento si richiede una devozionemaggiore che negli altri sacramenti, essendo qui presenteCristo tutto intero. E anche più estesa, perché in questo sacramento è necessaria la devozione di tutto il popolo per ilquale si offre il sacrificio, e non soltanto quella di coloro chericevono il sacramento, come negli altri sacramenti»97;
– «l’Eucaristia viene chiamata “il sacramento dellacarità”»98;
– «…è il massimo dei sacramenti…»99;
– «è “il sacramento della pietà”»100;
– «…merita la massima riverenza…»101;
96 S. Th., III, 78, 4, c.: «…cum hoc sacramentum sit prae ceteris dignius».97 S. Th., III, 83, 4, ad 5: «In hoc sacramento maior devotio requiriturquam in aliis sacramentis, propter hoc quod in hoc sacramento totusChristus continetur. Et etiam communior, quia in hoc sacramentorequiritur devotio totius populi, pro quo sacrificium offertur, et nonsolum percipientium sacramentum, sicut in aliis sacramentis. Et ideo,sicut Cyprianus dicit [ De Orat. Dom. c. 31: ML 4, 557], “sacerdos,
praefatione praemissa, parat fratrum mentes, dicendo, ‘sursum corda’, ut,
dum respondet plebs, ‘habemus ad Dominum’, admoneatur nihil aliud secogitare quam Deum”».98 S. Th., III, 73, 3, ad 3: «ita Eucharistia dicitur sacramentum caritatis».99 S. Th., III, 80, 7, sc: «huius sacramenti, quod est maximumsacramentum».100 S. Th., III, 80, 9, sc: «est “sacramentum pietatis”».101 S. Th., III, 80, 10, ob. 3: «huic sacramento, […] maxima reverentiadebetur».
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– «molto più l’abbia fatto nell’istituire questo sacramento, trattandosi di una cosa più importante»102;
– «…così grandi misteri»103;
– «nell’Eucaristia si compendia tutto il misterodella nostra salvezza: perciò essa si celebra con maggiore solennità degli altri sacramenti»104.
Questi e molti altri sono i motivi per cui il ConcilioVaticano II insegna che l’Eucaristia è:
– « fonte e culmine di tutta la vita cristiana»105;
– e che «…tutti i sacramenti, come pure tutti iministeri ecclesiastici e le opere d’apostolato, sono strettamente connessi alla sacra Eucaristia e ad essaordinati (S. Th., III, 73, 3, c.; III, 65, 3). Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spiritualedella Chiesa (cfr. S. Th., III, 65, 3, ad 1; III, 79, 1, c., e ad 1) ,cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che,
mediante la sua Carne vivificata e vivificante nello SpiritoSanto, dà vita agli uomini e questi sono invitati e indotti aoffrire insieme a Lui se stessi, il proprio lavoro e tutte lecose create. L’Eucaristia risulta così fonte e culmine di tuttal’evangelizzazione, poiché i catecumeni vengono gradualmente introdotti alla partecipazione dell’Eucaristia,
102 S. Th., III, 83, 4, ad 2: «In huius sacramenti institutione multo magishoc fecerit, tanquam in re potiori».103 S. Th., III, 83, 4, c.: «…tantis mysteriis».104 S. Th., III, 83, 4, c.: «In hoc sacramento totum mysterium nostraesalutis comprehenditur, ideo prae ceteris sacramentis cum maiorisolemnitate agitur».105 Lumen Gentium, 11: «totius vitae christianae fontem et culmen» (in
AAS 57 [1967] 15; DH 4127).
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e i fedeli, già segnati dal sacro Battesimo e dallaConfermazione, per mezzo dell’Eucaristia vengono pienamente inseriti nel Corpo di Cristo»106.
106 Presbyterorum ordinis, 5: «Cetera autem Sacramenta, sicut et omniaecclesiastica ministeria, et opera apostolatus, cum Sacra Eucharistiacohaerent et ad eam ordinantur [38]. In Sanctissima enim Eucharistia totum
bonum spirituale Ecclesiae continetur [39], ipse scilicet Christus, Pascha
nostrum panisque vivus per Carnem suam Spiritu Sancto vivificativam evivificantem vitam praestans hominibus, qui ita invitantur et adducuntur adseipsos, suos labores cunctasque res creatas una cum Ipso offerendos.Quapropter Eucharistia ut fons et culmen totius evangelizationis apparet,dum catechumeni ad participationem Eucharistiae paulatim introducuntur, etfideles, iam sacro baptismate et confirmatione signati, plene per receptionemEucharistiae Corpori Christi inseruntur» (in AAS 58 [1966] 997-998; in
Enchiridion Vaticanum, vol.1, n.1253). Nella nota 38 esplicitamente è citatoil testo: «L’Eucaristia è come la consumazione della vita spirituale e il fine ditutti i sacramenti» S. Th., III, 73, 3, c.
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5. Cibo e bevanda (cibus - potus)
«Come leoni spiranti fiamme, così torniamo da quella mensa,resi terribili per il demonio»107.
San Giovanni Crisostomo
Nella Somma queste due parole appaiono unite,riferite all’Eucaristia, 17 volte.
Il trattato inizia con un parallelo tra la vita del corpo ela vita dello spirito: « I sacramenti della Chiesa hanno lo
scopo di provvedere l’uomo nella vita spirituale. Ma la vitadello spirito somiglia a quella del corpo, essendo le cosecorporali immagini di quelle spirituali. Ora, è evidente chealla vita del corpo, come occorrono la generazione per laquale l’uomo incomincia a vivere, e la crescita con la qualeraggiunge la perfezione della vita, così anche occorrel’alimento per conservarsi in vita. Perciò, come per la vita spirituale era necessario che ci fosse il Battesimo, che è la
rigenerazione spirituale, e la Cresima, che è la crescita spirituale, così era necessario che ci fosse il sacramentodell’Eucaristia, che è l’alimento spirituale»108.
107 Cfr. S. Th., III, 79, 6, c.: «…“Unde Chrysostomus dicit: ut leonesflammam spirantes, sic ab illa mensa discedimus, terribiles effectidiabolo”» [ Hom. 46: MG 59, 261].108
S. Th., III, 73, 1, c.: «Sacramenta Ecclesiae ordinantur adsubveniendum homini in vita spirituali. Vita autem spiritualis vitaecorporali conformatur, eo quod corporalia spiritualium similitudinemgerunt. Manifestum est autem quod, sicut ad vitam corporalem requiriturgeneratio, per quam homo vitam accipit, et augmentum, quo homo
perducitur ad perfectionem vitae; ita etiam requiritur alimentum, quohomo conservatur in vita. Et ideo, sicut ad vitam spiritualem oportuitesse Baptismum, qui est spiritualis generatio, et Confirmationem, quaeest spirituale augmentum; ita oportuit esse sacramentum Eucharistiae,quod est spirituale alimentum».
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Il sacramento dell’Eucaristia «è ordinato allarefezione spirituale che assomiglia a quella corporale. Ora,alla refezione corporale occorrono due cose: il cibo che è
alimento solido e la bevanda che è alimento liquido.Conseguentemente anche alla completezza di questo sacramento concorrono due cose: il cibo spirituale e labevanda spirituale, secondo le parole evangeliche: “ La miaCarne è vero cibo e il mio Sangue è vera bevanda” [Gv6,50]. Perciò questo sacramento, pur essendo molteplice perla sua materia, è uno solo per la sua forma e perfezione»109.
Le due specie (pane e vino) manifestano l’esplicitadestinazione come alimento: «…Cristo istituì questo sacramento sotto le specie del pane e del vino, come risultadal Vangelo. Quindi il pane e il vino sono la materiaconveniente di questo sacramento. E questo per buoneragioni. Primo, a motivo dell’uso di questo sacramento checonsiste nella manducazione. Infatti come nel sacramento del Battesimo per l’abluzione spirituale si adopera l’acqua,
perché l’abluzione corporale si fa comunemente con acqua,così nella Eucaristia si assumono per la refezione spirituale il pane e il vino, perché di essi più comunemente si cibano gliuomini…» 110 . Ma, pure, che l’Eucaristia è sacrificio:
109 S. Th., III, 73, 2, c.: «Ordinatur enim ad spiritualem refectionem, quaecorporali conformatur. Ad corporalem autem refectionem duorequiruntur, scilicet cibus, qui est alimentum siccum; et potus, qui est
alimentum humidum. Et ideo etiam ad integritatem huius sacramenti duoconcurrunt, scilicet spiritualis cibus et spiritualis potus, secundum illudIoan. VI,[56] “Caro mea vere est cibus, et Sanguis meus vere est potus”.Ergo hoc sacramentum multa quidem materialiter est, sed unumformaliter et perfective».110 S. Th., III, 74, 1, c.: «Christus hoc sacramentum sub specie panis etvini instituit, sicut patet Matth. XXVI,[26-28]. Unde panis et vinum suntmateria conveniens huius sacramenti. Et hoc rationabiliter. Primoquidem, quantum ad usum huius sacramenti, qui est manducatio. Sicut
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Cirillo, commentando le parole, “Questo è il mio Corpo che sarà dato per voi”, afferma: “Non dubitare che ciò sia vero,ma piuttosto accetta con fede le parole del Salvatore, il
quale, essendo la verità, non mentisce”. E tale presenza si addice prima di tutto alla perfezione della Nuova Legge. Infatti i sacrifici dell’Antica Legge contenevano il vero sacrificio della morte di Cristo soltanto in modo figurato, secondo le parole di S. Paolo:“ La Legge ha l’ombra dei beni futuri, non l’immagine vivadelle cose stesse” [Eb 10,1]. Era giusto dunque che il sacrificio della Nuova Legge, istituito da Cristo, avessequalche cosa di più e cioè che contenesse lui medesimo cheha patito [ipsum passum], non solo sotto forma di simbolo odi figura, ma nella realtà. Di conseguenza questo sacramento che contiene realmente Cristo stesso è, comeafferma Dionigi, “il coronamento [perfectivum] di tutti glialtri sacramenti”, nei quali la virtù di Cristo è partecipata.
Secondo, si addice alla carità di Cristo, il quale per
la nostra salvezza assunse un corpo reale di natura umana.Ora, essendo particolarmente proprio dell’amicizia, comedice Aristotele, che “gli amici vivano insieme”, Cristo ci ha promesso in premio la propria presenza corporale con le parole: “ Dovunque sarà il corpo, là si raccoglieranno leaquile” [Mt 24,28]. Ma nel frattempo non ha voluto privarcene in questa peregrinazione, unendoci a sé in questo sacramento per mezzo della realtà del suo Corpo e del suo
Sangue. Di qui le sue parole: “Chi mangia la mia Carne ebeve il mio Sangue, rimane in me e io in lui ” [Gv 6,57].Cosicché questo sacramento è il segno della più grandecarità ed è il sostegno della nostra speranza per l’unionetanto familiare di Cristo con noi.
Terzo, si addice alla perfezione della fede, la quale,ha per oggetto sia la divinità di Cristo che la sua umanità,
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Alla domanda: Perché gli accidenti persistono?,risponde San Tommaso: « Agostino afferma: “Sotto le speciedel pane e del vino che vediamo, noi onoriamo delle realtà
invisibili, cioè la Carne e il Sangue”»116
. E argomenta a partire del fatto che l’Eucaristia è
cibo e bevanda: «con i sensi si costata che, fatta laconsacrazione, rimangono tutti gli accidenti del pane e delvino. E ciò è stato disposto sapientemente dalla provvidenza divina.
Primo, perché non essendo per gli uomini cosa
abituale, ma ributtante, mangiare carne umana e bere sangue umano, la Carne e il Sangue del Cristo ci vengono presentati sotto le specie di quei cibi, che più frequentemente sono usati dagli uomini, cioè del pane e del vino.
Secondo, perché questo sacramento non sia oggettod’irrisione da parte dei non credenti, come sarebbe semangiassimo il Signore nostro nelle sue proprie specie.
Terzo, perché il ricevere in modo invisibile il
Corpo e il Sangue del Signore giovi ad accrescere ilmerito della fede»117.
Tertio, hoc competit perfectioni fidei, quae, sicut est de divinitate Christi,ita est de eius humanitate, secundum illud Ioan. XIV,[1] “creditis inDeum, et in me credite”. Et quia fides est invisibilium, sicut divinitatemsuam nobis exhibet Christus invisibiliter, ita et in hoc sacramentoCarnem suam nobis exhibet invisibili modo».
116 S. Th., III, 75, 5, sc: «Agustinus dicit, in libro Sententiarum Prosperi [cfr. LANFRANCUM, De corp. et sang. Domini, c. 13: ML 150,423]: “Nosin specie panis et vini, quam videmus res invisibiles, idest Carnem etSanguinem, honoramus”».117 S. Th., III, 75, 5, c.: «Sensu apparet, facta consecratione, omniaaccidentia panis et vini remanere. Quod quidem rationabiliter perdivinam providentiam fit. Primo quidem, quia non est consuetumhominibus, sed horribile, carnem hominis comedere et sanguinem bibere,
proponitur nobis Caro et Sanguis Christi sumenda sub speciebus illorum
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Per quale motivo sotto l’apparenza del pane si ha ilCorpo del Signore e non solo la carne?: « In virtù del sacramento nell’Eucaristia è presente sotto le specie del
pane non solo la carne, ma tutto il Corpo di Cristo, cioè leossa, i nervi e le altre parti consimili. Ciò risulta dalla formadi questo sacramento, nella quale non si dice: “Questa è lamia carne”, bensì: “Questo è il mio Corpo”. Perciò nelle parole del Signore: “ La mia carne è veramente cibo” [Gv6,55], carne sta per il corpo intero, poiché essa secondo gliusi degli uomini è più adatta alla funzione di cibo: infatticomunemente gli uomini si cibano della carne degli animali,e non delle ossa...»118.
Cristo tutto intero è presente sotto le due specie:sembrerebbe dunque che una di esse è superflua, poiché unacontiene lo stesso dell’altra: «…è tesi certissima che sottoognuna delle due specie sacramentali è presente tutto ilCristo: però in modi diversi. Infatti sotto le specie del pane ilCorpo di Cristo è presente in forza del sacramento, il
Sangue invece per concomitanza naturale, come si è detto sopra riguardo all’anima e alla divinità. Al contrario sottole specie del vino è presente il Sangue di Cristo in forza del
quae frequentius in usum hominis veniunt, scilicet panis et vini. Secundo,ne hoc sacramentum ab infidelibus irrideretur, si sub specie propriaDominum nostrum manducemus. Tertio ut, dum invisibiliter Corpus etSanguinem Domini nostri sumimus, hoc proficiat ad meritum fidei».118 S. Th., III, 76, 1, ad 2: «Ex vi sacramenti sub hoc sacramentocontinetur, quantum ad species panis, non solum Caro, sed totum CorpusChristi, idest ossa et nervi et alia huiusmodi. Et hoc apparet ex formahuius sacramenti, in qua non dicitur, “haec est caro mea”, sed, “hoc estCorpus meum”. Et ideo, cum Dominus dixit, Ioan. VI,[56] “caro meavere est cibus”, caro ponitur ibi pro toto Corpore, quia, secundumconsuetudinem humanam, videtur esse magis manducationiaccommodata, prout scilicet homines carnibus animalium vescunturcommuniter, non ossibus…».
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sacramento, e il Corpo di Cristo per concomitanza naturale,come l’anima e la divinità; questo perché attualmente ilSangue di Cristo non è separato dal suo Corpo, come lo fu
nel tempo della sua passione e morte. Per cui, se allora si fosse celebrato questo sacramento, sotto le specie del paneci sarebbe stato il Corpo di Cristo senza il Sangue e sotto le specie del vino il Sangue senza il Corpo, come era nellarealtà delle cose»119.
Perciò: «Sebbene tutto il Cristo sia presente inciascuna delle due specie, non vi è presente inutilmente.
Primo, perché ciò serve a rappresentareefficacemente la passione di Cristo, nella quale il Sangue fu separato dal Corpo. Cosicché nella forma stessa dellaconsacrazione del Sangue viene ricordata la sua effusione.
Secondo, in quanto ciò è conveniente per l’uso del sacramento, al fine di poter offrire distintamente ai fedeli ilCorpo di Cristo come cibo e il Sangue come bevanda.
Terzo, ciò si addice anche agli effetti, perché, come
abbiamo accennato sopra, “il Corpo viene offerto per la salvezza del corpo e il Sangue per la salvezzadell’anima”»120.
119 S. Th., III, 76, 2, c.: «Certissime ex supra dictis [a. 1] tenendum essequod sub utraque specie sacramenti totus est Christus, aliter tamen etaliter. Nam sub speciebus panis est quidem Corpus Christi ex visacramenti, Sanguis autem ex reali concomitantia, sicut supra dictum est
[a. 1, ad 1] de anima et divinitate Christi. Sub speciebus vero vini estquidem Sanguis Christi ex vi sacramenti, Corpus autem Christi ex realiconcomitantia, sicut anima et divinitas, eo quod nunc Sanguis Christi nonest ab eius Corpore separatus, sicut fuit tempore passionis et mortis.Unde, si tunc fuisset hoc sacramentum celebratum, sub speciebus panisfuisset Corpus Christi sine Sanguine, et sub specie vini Sanguis sineCorpore, sicut erat in rei veritate».120 S. Th., III, 76, 2, ad 1: «Quamvis totus Christus sit sub utraque specie,non tamen frustra. Nam primo quidem, hoc valet ad repraesentandam
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Se venisse a mancare la materia di una delle duespecie «una non deve essere consacrata senza l’altra, perchéil sacrificio non sarebbe perfetto»121. In una delle obiezioni,
più avanti, S. Tommaso aggiunge: « All’integrità di questo sacramento concorre, come abbiamo visto sopra, tanto laconsumazione del Corpo quanto quella del Sangue. Sedunque si riceve il Corpo senza il Sangue, il sacramento sarebbe imperfetto. Il che equivale a un sacrilegio. Infatti il Papa Gelasio soggiunge: “La divisione di un solo e identicomistero non può farsi senza un grande sacrilegio”»122. Enella risposta distingue: « La perfezione di questo sacramentonon si ha nella comunione dei fedeli, ma nella consacrazionedella materia. Perciò non si toglie nulla alla perfezione diquesto sacramento se il popolo riceve il Corpo senza ilSangue, purché il sacerdote consacrante riceva l’uno el’altro» 123 . E ancora nella risposta seguente: « Larappresentazione della passione del Signore si ha nella
passionem Christi, in qua seorsum Sanguis fuit a Corpore. Unde et informa consecrationis Sanguinis fit mentio de eius effusione. Secundo,hoc est conveniens usui huius sacramenti, ut seorsum exhibeaturfidelibus Corpus Christi in cibum, et Sanguis in potum. Tertio, quantumad effectum, secundum quod supra dictum est [q. 74, a. 1] quod “Corpusexhibetur pro salute corporis, Sanguis pro salute animae”».121 S. Th., III, 74, 1, ad 2: «Nec propter defectum alterius, est unumtantum sine altero consecrandum, quia non esset perfectum sacrificium».122 S. Th., III, 80, 12, ob. 2: «Praeterea, ad perfectionem huius sacramenti
concurrit manducatio Corporis et potatio Sanguinis, ut supra habitum est[q.73, a.2]. Si ergo sumatur Corpus sine Sanguine, erit sacramentumimperfectum. Quod ad sacrilegium pertinere videtur. Unde ibidemGelasius subdit [ Ep. 37: TL 451], “quia divisio unius eiusdemquemysterii sine grandi sacrilegio non potest provenire”».123 S. Th., III, 80, 12, ad 2: «Ad secundum dicendum quod perfectio huiussacramenti non est in usu fidelium, sed in consecratione materiae. Et ideonihil derogat perfectioni huius sacramenti si populus sumat Corpus sineSanguine, dummodo sacerdos consecrans sumat utrumque».
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stessa consacrazione di questo sacramento, nella quale non si può mai consacrare il Corpo senza il Sangue. Il popoloinvece può ricevere il Corpo senza il Sangue, senza che ne
derivi nessun inconveniente. Perché il sacerdote offre econsuma il Sangue a nome di tutti; inoltre perché, comeabbiamo spiegato, in ciascuna delle due specie Cristo ècontenuto per intero»124.
Se con il nome di «carne» s’intendono pure le altre parti del corpo, ad es. ossa, nervi ecc. e il sangue è una partedel corpo umano, sembrerebbe che non si dovrebbe
consacrare il Sangue separatamente, come non si consacranoseparatamente le altre parti: « Nella passione di Cristo, dellaquale l’Eucaristia è il memoriale, le altre parti del Corponon furono separate tra loro come il Sangue; ma il Corporimase integro, in conformità alle parole: “ Non gliromperete alcun osso” [cfr. Es 12,46]. Ecco perché inquesto sacramento nessun’altra parte, all’infuori delSangue, viene consacrata separatamente dal Corpo»125.
Per la sola figura dell’Agnello sembrerebbe che ci sidovrebbe comunicare una sola volta all’anno, ma è figura
124 S. Th., III, 80, 12, ad 3: «Ad tertium dicendum quod repraesentatioDominicae passionis agitur in ipsa consecratione huius sacramenti, inqua non debet Corpus sine Sanguine consecrari. Potest autem a populoCorpus sine Sanguine sumi, nec exinde aliquod sequitur detrimentum.
Quia sacerdos in persona omnium Sanguinem offert et sumit, et subutraque specie totus Christus continetur, ut supra habitum est [q.76,a.2]».125 S. Th., III, 76, 2, ad 2: «Ad secundum dicendum quod in passioneChristi, cuius hoc sacramentum est memoriale, non fuerunt aliae partesCorporis ab invicem separatae, sicut Sanguis, sed Corpus indissolutum
permansit, secundum quod legitur Exod. XII,[46] “os non comminuetisex eo”. Et ideo in hoc sacramento seorsum consecratur Sanguis aCorpore, non autem alia pars ab alia».
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parole di S. Matteo “si trasfigurò dinanzi a loro” [Mt 17,2]la Glossa afferma: “Ai discepoli nella Cena diede quelcorpo che aveva per natura, non mortale però, né passibile”.
E commentando un passo del Levitico: “se la tua offertasarà un’oblazione cotta sulla teglia” [ = lat. sartagine, Lev2,5], dice: “La croce, forte più di tutte le cose, rese la Carnedi Cristo adatta per essere mangiata, mentre prima della passione sembrava non commestibile”. Ora, Cristo diede il suo Corpo come atto a essere mangiato. Quindi lo diedequale esso fu dopo la passione, ossia impassibile eimmortale» 128. Il Santo Dottore risponde: «Si dice che Cristonella Cena diede il suo Corpo non mortale e passibile, nel senso che non lo diede in modo fisico e cruento [lo dette informa sacramentale]. La croce poi rese la carne di Cristoadatta per essere mangiata, perché questo sacramento avevail compito di rappresentare la passione di Cristo»129.
Perciò: «...conviene che si riceva sia il Corpo che ilSangue: perché in entrambi consiste la perfezione del
sacramento. Di conseguenza, come il sacerdote ha il compito
128 S. Th., III, 81, 3, ob. 1: «Videtur quod Christus sumpserit et dederitCorpus suum discipulis impassibile. Quia super illud Matth. XVII,[2]“transfiguratus est ante illos”, dicit quaedam Glossa [Glossa ordin. V, 53F], “illud Corpus quod habuit per naturam, dedit discipulis in cena, nonmortale et passibile”. Et Levit. II, super illud [5], “si oblatio tua fuerit desartagine”, dicit Glossa [Glossa ordin. I, 217 B], “crux, super omnia
fortis, carnem Christi, quae ante passionem non videbatur esui apta, postaptam fecit”. Sed Christus dedit Corpus suum ut aptum admanducandum. Ergo dedit tale quale habuit post passionem, scilicetimpassibile et immortale».129 S. Th., III, 81, 3, ad 1: «Ad primum ergo dicendum quod Christusdicitur non dedisse in cena Corpus suum mortale et passibile, quia nondedit corporali et passibili modo. Crux autem facit carnem Christi aptammanducationi, inquantum hoc sacramentum repraesentat passionemChristi».
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di consacrare e perfezionare questo sacramento, in nessunmodo deve consumare il Corpo di Cristo senza il Sangue»130.
130 S. Th., III, 80, 12, c.: «Convenit quod utrumque sumatur, scilicet etCorpus et Sanguis, quia in utroque consistit perfectio sacramenti. Et ideo,quia ad sacerdotem pertinet hoc sacramentum consecrare et perficere,nullo modo debet Corpus Christi sumere sine Sanguine».
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mai, e che sono: divinità, quantità dimensionale al mododella sostanza, e gli altri accidenti del Corpo138, l’anima (che potrebbe in via ipotetica mancare), lo stato mortale e
passibile o immortale e glorioso, ecc.Per comprendere meglio questa verità vedremo la
Messa in diverse fasi della vita di Gesù: nell’ultima Cena,nell’ipotesi che si fosse celebrata nel momento della suamorte e dopo la Resurrezione.
1. Nell’ultima Cena
Immaginiamo l’ultima Cena. Nel momento piùimportante Gesù istituisce l’Eucaristia. La distribuisce agliApostoli: « Infatti era certamente il vero e identico Corpo diCristo quello che vedevano allora i discepoli nella sua specie [in propria specie] e quello che veniva ricevuto sottole specie del sacramento [in specie sacramenti]»139. La stessa persona seduta a capotavola. Avviene che quello che era
passibile stava sotto la specie in forma impassibile, come pure era invisibile quello che, di per sé, era visibile. Perquesto S. Tommaso ha messo come argomento d’autoritàdello stesso articolo l’insegnamento del nostro amicoInnocenzo III: « Ai discepoli ha dato il Corpo tale come loaveva allora»140.
inglese: ID., The Collected Works of Abbot Vonier , London 1952, II, 329:«…escorted by friends… a cortège of splendours…». 138 Cfr. S. Th., III, 76, 4.139 S. Th., III, 81, 3, c.: «Manifestum est enim quod idem verum CorpusChristi erat quod a discipulis tunc in propria specie videbatur, et in speciesacramenti sumebatur».140 De sacro altaris mysterio, l. 4, c. 12: ML 217, 864: «tale Corpus tuncdedit discipulis quale habuit».
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Nella terza obiezione S. Tommaso presenta laseguente difficoltà: « Le parole sacramentali non sono piùefficaci quando sono proferite dal sacerdote nella persona di
Cristo [in persona Christi] di quando furono pronunziate daCristo stesso. Ma ora in virtù delle parole sacramentali ilCorpo di Cristo sull’altare viene consacrato impassibile eimmortale. Dunque tanto più allora»141. E risponde così: «Gliaccidenti del Corpo di Cristo, come si disse sopra, sono presenti in questo sacramento per naturale concomitanza, non già in forza [= virtù, potere, ragione…] del sacramento, ilquale rende presente la sostanza del Corpo di Cristo [e delSangue]. Perciò la virtù delle parole sacramentali ha ilcompito di produrre e rendere presente nel sacramento ilCorpo di Cristo [e il Sangue] , con tutti gli accidenti che (inquel momento) realmente possiede»142. Dice Dom Vonier chequest’ultima frase è un vero lampo di genio!143 (letteralmente«una genialità»). « Dal resto è grazie a questa distinzione frale virtù del sacramento e la concomitanza che può essere
mantenuto l’aspetto sacrificale dell’Eucaristia»144
.
141 S. Th., III, 81, 3 ob. 3: «Verba sacramentalia non sunt modo maiorisvirtutis quando proferuntur a sacerdote in persona Christi, quam tuncquando fuerunt prolata ab ipso Christo. Sed nunc virtute verborumsacramentalium in altari consecratur Corpus Christi impassibile etimmortale. Ergo multo magis tunc».142 S. Th., III, 81, 3, ad 3: «Accidentia Corporis Christi sunt in hocsacramento ex reali concomitantia, non autem ex vi sacramenti, ex quaest ibi substantia Corporis Christi. Et ideo virtus verborumsacramentalium ad hoc se extendit ut sit sub hoc sacramento Corpus,Christi scilicet, quibuscumque accidentibus realiter in eo existentibus».143 A. VONIER , La chiave della dottrina eucaristica, 223; ID., TheCollected Works, 332: «The final phrase is a real stroke of genius».144 A. VONIER , La chiave della dottrina eucaristica, 221-222.
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I diversi stati del Corpo di Cristo nell’Eucaristia
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l’ambiente circostante mediante le proprie dimensioni, conle quali i corpi si toccano tra loro, ma mediante ledimensioni delle specie del pane e del vino. Di conseguenza
a essere immutate e viste sono le specie, non già il Corpo stesso di Cristo» 147 . «Quindi tutto ciò che appartiene aCristo in se stesso (nella sua sostanza) gli può essereattribuito sia nella propria specie che nella presenzaeucaristica: p. es. vivere, morire, soffrire, essere animato[con l’anima] o inanimato [senza l’anima] e cose simili.Tutto ciò che invece gli conviene per i suoi rapporti con icorpi esterni gli può essere attribuito se viene consideratocome esistente nella sua propria specie e non in quanto è presente nel sacramento: come essere deriso, coperto di sputi, crocifisso, flagellato e cose simili»148, « perciò Cristo,in quanto sta nel sacramento non può subire [la passione]. Invece può morire»149.
specie contingit circumstantia corpora per proprias dimensiones, nonautem prout est in hoc sacramento».147 Cfr. S. Th., III, 81, 3, c.: «Corpus autem Christi, secundum quod estsub sacramento, ut supra dictum est [a.1, ad 2; q.76, a.5], noncomparatur ad ea quae circumstant mediantibus propriis dimensionibus,quibus corpora se tangunt, sed mediantibus dimensionibus specierum
panis et vini. Et ideo species illae sunt quae patiuntur et videntur, nonautem ipsum Corpus Christi».
148 S. Th., III, 81, 4, c.: «Et ideo quidquid pertinet ad Christum secundumquod est in se, potest attribui ei et in propria specie et in sacramentoexistenti, sicut vivere, mori, dolere, animatum vel inanimatum esse, etcetera huiusmodi. Quaecumque vero conveniunt ei per comparationemad corpora extrinseca, possunt ei attribui in propria specie existenti, nonautem prout est in sacramento, sicut irrideri, conspui, crucifigi, flagellari,et cetera huiusmodi».149 S. Th., III, 81, 4, ad 1: «Et ideo Christus, secundum quod est subsacramento, pati non potest. Potest tamen mori».
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I diversi stati del Corpo di Cristo nell’Eucaristia
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nel sacramento, acquisirebbero un nuovo stato glorioso eimmortale, come quello che aveva Cristo nella sua specie propria in quel momento, e come lo ha adesso nei cieli. In
modo che per virtù del sacramento sotto la specie del vinoc’è la sostanza del Sangue di Cristo insieme (per virtù dellaconcomitanza naturale) al Corpo, anima, divinità e agliaccidenti della natura umana; e sotto la specie del pane c’è lasostanza del Corpo di Cristo insieme al Sangue, anima,divinità e agli accidenti della natura umana.
Perché è proprio di questo sacramento prendere il
Corpo e il Sangue di Cristo così quale li trova, in qualsiasistato essi siano.
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«Il nuovo mistero del Nuovo Testamento»
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L’argomento si incentra sulle altre quattro azionioppure, se si vuole, se l’essenza del sacrificio della Messaconsista semplicemente nella sola duplice consacrazione o inqualche altra azione:
– Non consiste nell’oblazione verbale dopo laconsacrazione, che non si svolge in persona Christi;
– E nemmeno consiste nella frazione del pane, chenon coinvolge la specie del vino; e la commistione sarebbesolo «distruzione» che si ripercuote sugli accidenti. Alcuni
hanno pensato che la reale distruzione della vittima siaessenzialmente necessaria per il sacrificio, ma anche se ciò poteva essere necessario «nei sacrifici dell’AnticoTestamento e nel sacrificio della croce, non per questo neconsegue che si debba accettare un’identica distruzione nelsacrificio della Messa, che è un sacrificio del tutto singolare e sui generis, che si accorda solo analogicamente con glialtri sacrifici»156. La «distruzione» nella Messa è meramente
simbolica o rappresentativa;
– Così pure non consiste nella comunione del sacerdote,che non è azione sacrificale ma partecipazione al sacrificio.
Perciò è dottrina comune che l’essenza del sacrificioconsiste nella sola consacrazione di entrambe le specie, inordine alla comunione, come parte integrante.
156 G. ALASTRUEY, Tratado de la Santísima Eucaristía, BAC, Madrid1951, 322: «en los sacrificios del Antiguo Testamento y en el sacrificiode la cruz, no por esto se sigue que haya que aceptar igual destrucción enel sacrificio de la misa, el cual es un sacrificio completamente singular y
sui generis, que sólo analógicamente conviene con los otros sacrificios».
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– Nemmeno occorre respingere l’immolazione ponendo l’essenza del sacrificio nell’oblazione161.
Basta dunque la duplice consacrazione delle duespecie, con riferimento alla comunione come parte integrantedel sacrificio, perché sia rappresentata l’immolazione cruentadella croce, cossichè nell’Eucaristia Cristo è immolatoincruentamente, misticamente o sacramentalmente e offertosacerdotalmente. Per questo S. Tommaso afferma chel’Eucaristia «…si compie nella consacrazione, in cui sioffre il sacrificio a Dio...»162. E insiste ripetutamente: « Il
Sangue di Cristo nel sacramento rappresenta direttamente la passione, nella quale fu effusa»163; « Il Sangue, consacrato separatamente rappresenta in modo speciale la passione diCristo, mediante la quale il suo Sangue fu separato dalCorpo»164.
Come abbiamo visto, i diversi stati di Cristo, mortalee passibile, esangue, inanimato, glorioso e immortale, «non
entrano direttamente nella natura del sacramento come tale[...], esse devono essere escluse dall’Eucaristia consideratacome un sacrificio»165.
161 HABERT, De Eucharist., 9, 3; M. DE LA TAILLE, Elucid., 2-3; LEPIN, L’idée du sacrifice de la Messe, p.II, c. 6, a. 2.
162 S. Th., III, 82, 10, ad 1: «Sed hoc sacramentum perficitur inconsecratione Eucharistiae, in qua sacrificium Deo offertur».163 In I Cor., cap. XI, lect. 6: p. 361, n. 675: «Sanguis Christi insacramento directe repraesentat passionem, per quam est effusus...».164 In I Cor., cap. XI, lect. 6: p. 362, n. 681: «...Sanguis seorsumconsecratus specialiter repraesentat passionem Christi, per quam eiusSanguis separatus est a Corpore».165 A. VONIER , La chiave della dottrina eucaristica, 223-224.
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San Tommaso anche dice: «Sebbene tutto il Cristo sia presente in ciascuna delle due specie, non vi è presenteinutilmente. Primo, perché ciò serve a rappresentare la
passione di Cristo, nella quale il Sangue fu separato dalCorpo. Cosicché nella forma stessa della consacrazione delSangue si fa menzione della sua effusione»166. E in un altroluogo insegna: «Se consideriamo ciò che è solo segno[sacramentum tantum] , li compete molto bene che il Corpo sia significato sotto la specie di pane, il Sangue invece sotto la specie di vino, perché si significa la refezione spirituale; la refezione consiste propriamente in cibo ebevanda... Se si considera in quanto realtà e sacramento[res et sacramentum], compete al sacramento essererammemorativo della passione del Signore. E non potevaessere meglio significato di così [con la consacrazioneseparata delle due specie] , in quanto il Sangue è significatocome effuso e separato dal Corpo»167.
Che la ‘donna eucaristica’, la Vergine Maria, ci
ottenga la grazia d’imitarla sempre, perché possiamoeucaristizzare tutta la nostra vita!
166 S. Th., III, 76, 2, ad 1: «quamvis totus Christus sit sub utraque specie,non tamen frustra. Nam primo quidem, hoc valet ad repraesentandam
passionem Christi, in qua seorsum Sanguis fuit a Corpore. Unde et informa consecrationis Sanguinis fit mentio de eius effusione».167 In Matth., cap. XXVI, lect. 4: ed. Marietti, p. 338, n. 2191: «Si ergoconsideremus sacramentum tantum, sic bene competit ut Corpus signetursub specie panis, Sanguis sub specie vini, quia signatur ut indicansrefectionem spiritualem; sed refectio est proprie in cibo et potu... Item sisumatur ut res et sacramentum, ad hoc competit quod illud sacramentumest rememorativum Dominicae passionis. Et non potuit melius significarequam sic, ut significetur Sanguis ut effusus et separatus a Corpore».
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8. In specie propria e in specie sacramentale
«“Il vivificante Verbo di Dio unendosi alla propria Carne la resevivificante. Era dunque conveniente che egli si unisse in qualche modo ai
nostri corpi per mezzo della sua santa Carne e del suo prezioso Sangue,che noi riceviamo in una vivificante benedizione in pane e vino”»168.
San Cirillo
Affronteremo ora altre due nozioni che S. Tommasoutilizza in modo frequente nel trattato sull’Eucaristia: ladifferenza esistente tra ciò che lui chiama in specie propria e
in specie sacramenti, o con altri nomi. Di fatto la parola species, o il suo plurale, compare nel trattato 50 volte,dunque è un’idea che lavora anche come una chiave nel pensiero eucaristico del santo Dottore.
Vediamo prima i nomi, poi il significato e infine, unasorte di confronto tra l’una e l’altra, e le differenze.
1. I nomi
In specie propria: Con la libertà che lo caratterizza S.Tommaso usa termini equivalenti anche molto belli, per es.:
in sua specie visibili169,visibili specie170,
168 S. Th., III, 79, 1, c.: «Unde et Cyrillus dicit [ In Luc., super 22,19: MG72, 92], “vivificativum Dei Verbum, uniens seipsum propriae Carni, fecitipsam vivificativam. Decebat ergo eum nostris quodammodo uniricorporibus per sacram eius Carnem et pretiosum Sanguinem, quaeaccipimus in benedictione vivificativa in pane et vino”».169 S. Th., III, 75, 1, ad 4.170 S. Th., III, 79, 7, c.
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sub specie propria171,in sua specie172…
Per non ridondare, leggiamo semplicemente un passodove l’Angelico dà i motivi per cui Nostro Signore, nelmomento in cui sta per lasciare questo mondo, cenando conloro per l’ultima volta, istituisce il sacrificio eucaristico inaltra specie, a motivo di ciò che racchiude quello cheistituisce, cioè Cristo sacramentato contenuto in esso:«Quando Cristo nella sua propria specie stava per separarsidai discepoli lasciò a loro se stesso sotto la specie
sacramentale, come in assenza dell’imperatore si esponealla venerazione la sua immagine»173.
Sub aliena specie: utilizza poche volte questaespressione174. Mentre invece impiega altri sinonimi:
in sacramentali specie (due volte)175; sub specie sacramenti, quae est species panis et vini176; sed specie panis et vini (quattro volte)177;
sub utraque specie sacramenti178
…
171 S. Th., III, 75, 5, c.172 S. Th., III, 76, 7, sc.173 S. Th., III, 73, 5, c.: «Et ideo, quando ipse Christus in propria specie adiscipulis discessurus erat, in sacramentali specie seipsum eis reliquit,
sicut in absentia imperatoris exhibetur veneranda eius imago». Alcunitraducono specie propria per apparenza naturale, o specie, senzaaggiungere propria. Ambedue traduzioni sono imprecise.174 S. Th., III, 79, 2, ad 3.175 S. Th., III, 73, 5, c; 77, 7, ad 3.176 S. Th., III, 76, 8, ob. 2.177 S. Th., III, 73, 1, ob. 2 e ad 2; cfr. S. Th. III, 75, 5, sc.; 81, 4, ad 2.178 S. Th., III, 76, prologus; 76, 2.
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Quindi « per Cristo non è la stessa cosa essere in séed essere nel sacramento»186.
Differenza che diventa visibile anche nel mangiare:«Ciò che viene mangiato nella propria specie, viene anche franto e masticato nella propria specie. Ma il Corpo diCristo non viene mangiato nella propria specie, bensì sottole specie sacramentali. Perciò S. Agostino, spiegando le parole evangeliche, “ La carne non giova a nulla” [Gv 6,64] scrive: “Esse si riferiscono a coloro che le interpretavanocarnalmente. Avevano capito cioè che si trattasse di carne
come quella fatta a pezzi in un animale ucciso, o venduta almacello”. Quindi lo stesso Corpo di Cristo non si frange, senon sotto le specie sacramentali. - Ed è in questo senso cheva intesa la professione di Berengario: la frazione e latriturazione dei denti si riferiscono alle specie sacramentali, sotto le quali è presente veramente il Corpo di Cristo»187.
Altra caratteristica che distingue questi due concetti è
quella delle dimensioni: in specie propria Cristo sta con le
autem prout est in sacramento, sicut irrideri, conspui, crucifigi, flagellari,et cetera huiusmodi».186 S. Th., III, 76, 6, c.: «Christo autem non est idem esse secundum se, etesse sub sacramento…».187
S. Th., III, 77, 7, ad 3: «Illud quod manducatur in propria specie,ipsummet frangitur et masticatur in sua specie. Corpus autem Christi nonmanducatur in sua specie, sed in specie sacramentali. Unde super illudIoannis VI,[64] “caro non prodest quidquam”, dicit Augustinus [ In
Ioann., tr. 27: ML 35, 1617], “hoc est intelligendum secundum illos quicarnaliter intelligebant. Carnem quippe sic intellexerunt quo modo incadavere dilaniatur, aut in macello venditur”. – Et ideo ipsum CorpusChristi non frangitur, nisi secundum speciem sacramentalem. Et hocmodo intelligenda est confessio Berengarii, ut fractio et contritio dentiumreferatur ad speciem sacramentalem, sub qua vere est Corpus Christi».
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sue dimensioni proprie, in specie diversa con le dimensionidelle specie del pane e del vino188, al modo della sostanza.
Un’altra differenza: in specie propria Cristo èvisibile, in specie aliena è invisibile, sta sotto le specie del pane e del vino 189 . Questo riguarda anche la passibilità,come San Tommaso dice molto bene: « Infatti [quando eranonell’ultima cena] era certamente il vero e identico Corpo diCristo quello che vedevano allora i discepoli nella sua specie e quello che veniva ricevuto sotto le specie del sacramento. Esso non era impassibile nella specie propria in
cui lo vedevano, anzi era pronto alla passione [perché si preparava proprio alla passione]. Quindi nemmeno il Corpodi Cristo sotto la specie del sacramento era impassibile»190.Il Corpo che ricevevano nel sacramento non era impassibile, bensì passibile. «Tuttavia quel Corpo, che in se stesso era passibile, si trovava in modo impassibile sotto le specie sacramentali: come vi si trovava in modo invisibile, puressendo in se stesso visibile. Infatti come la visione richiede
il contatto tra l’oggetto visibile e il mezzo interposto, così la passione richiede il contatto tra il corpo passibile e le coseche agiscono su di esso. Ora, il Corpo di Cristo, secondo ilmodo in cui è presente nel sacramento, e di cui abbiamo parlato sopra, non è in relazione con l’ambiente circostantemediante le proprie dimensioni, con le quali i corpi sitoccano tra loro, ma mediante le dimensioni delle specie del
188 Cfr. S. Th., III, 81, 3, c.189 Cfr. S. Th., III, 75, 5.190 S. Th., III, 81, 3, c.: «Manifestum est enim quod idem verum CorpusChristi erat quod a discipulis tunc in propria specie videbatur, et in speciesacramenti sumebatur. Non autem erat impassibile secundum quod in
propria specie videbatur, quinimmo erat passioni paratum. Unde necipsum Corpus quod in specie sacramenti dabatur, impassibile erat».
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pane e del vino. Di conseguenza a essere immutate e viste sono le specie, non già il Corpo stesso di Cristo»191.
È in rapporto con questo, come vedremo più avanti,ciò che riguarda la differenza tra in specie propria e in altra specie con riferimento a se Cristo è presente in manieralocale o no, cioè qual è il movimento del Corpo di Cristo,com’è la presenza definitiva dovuta a quella circoscrittiva,che certo non è quella che ha nel sacramento.
Questa realtà segna pure la differenza esistente tra ilsacrificio della Croce e la sua perpetuazione nel sacrificiodella Messa: quest’ultimo è un sacrificio incruento,sacramentale, mistico 192 . San Tommaso lo esprime così:« Poiché questo sacramento è segno della passione di Cristo,e non la passione stessa, così bisogna che la passione significata dalla “frazione” non sia nel Corpo di Cristo, manelle specie, che lo significano»193.
191
S. Th., III, 81, 3, c.: «Impassibili tamen modo erat sub speciesacramenti quod in se erat passibile, sicut invisibiliter quod in se eratvisibile. Sicut enim visio requirit contactum corporis quod videtur adcircumstans medium visionis, ita passio requirit contactum corporis quod
patitur ad ea quae agunt. Corpus autem Christi, secundum quod est subsacramento, ut supra dictum est [a.1, ad 2; q.76, a.5], non comparatur adea quae circumstant mediantibus propriis dimensionibus, quibus corporase tangunt, sed mediantibus dimensionibus specierum panis et vini. Etideo species illae sunt quae patiuntur et videntur, non autem ipsum
Corpus Christi».192 Ad esempio, PAOLO VI, Misteryum fidei, n. 17: «Il Signor s’immolain modo incruento nel Sacrificio della Messa», [«Dominus incruenteimmolatur in Sacrificio Missae»] (in AAS 57 [1965] 762; Enchiridiondelle Encicliche, vol. 7, n. 878); Catechismo della Chiesa Cattolica: «V.Il sacrificio sacramentale...», [«V. Sacrificium sacramentale...»], titoloche presiede il n. 1356.193 In Sent. IV , d.12, q. 1, a. 3A [sol. I], ad 2: «Quia hoc sacramentum estsignum passionis Christi, et non ipsa passio; ideo oportet quod passio
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9. In forza del sacramento e in forzadella concomitanza
« Il Sangue, l’anima e la divinità sono presenti nell’Eucaristia però nonallo stesso modo che il Corpo di Cristo. Ma i parroci avvertiranno che non
tutte le realtà sopra accennate sono contenute nell’Eucaristia allo stessomodo e per lo stesso motivo. Alcune vi si trovano in virtù della
consacrazione. Si sa che le parole della consacrazione producono quel che significano e i teologi dicono che una cosa è contenuta nel sacramento in
forza del sacramento , quanto è espressa dalla forma; di guisa che se potesse avvenire (per ipotesi) che una cosa fosse del tutto separata dalle
altre, si ritroverebbe nel sacramento soltanto quella espressa dalla forma enon il resto. Altre vi si trovano in quanto sono congiunte realmente con
quanto è espresso dalla forma. Così perché la forma adoperata per laconsacrazione del pane significa il Corpo del Signore secondo le parole“questo è il mio Corpo”, in virtù del sacramento, sarà nell’Eucaristia il
Corpo stesso di Cristo. Ma poiché al Corpo sono congiunti il Sangue,l’anima e la divinità, anche queste si ritroveranno nel sacramento, non in forza della consacrazione, ma in quanto sono in realtà inseparabilmentecongiunte al Corpo di Cristo; cioè in altre parole, per concomitanza. Da
ciò segue che il Cristo è tutto intero nell’Eucaristia»195.Catechismo Romano
195 Catechismo Romano, (Trad. di T. Centi), Leonardo, Milano-Siena1994, n. 222, pp.131-132; [Catechismus Romanus, Pars II, cap. 4, n. 34,lin. 515-531: «Sanguis, anima et divinitas non eodem modo in Eucaristia,quo corpus Christi, sunt. In quo tamen Pastores animadvertant necesseest non omnia eadem ratione aut virtute in hoc Sacramento contineri.Quaedam enim sunt quae ex vi et efficientia consecrationis inSacramento esse dicimus; nam cum verba illa efficiat quidquid
significant, id esse en Sacramento ex vi Sacramenti divinarum rerumScriptores appellarunt, quod verborum forma exprimitur; ita, sicontingeret ut aliquid ab aliis rebus omnino seiunctum esset, id solum,quod forma significaret, in Sacramento esse, cetera non item esse,docuerunt. Quaedam vero in Sacramento continentur, quod illis rebusconiuncta sint, quae forma exprimuntur. Nam cum forma quae ad panemconsecrandum adhibetur, corpus Domini significet, cum dicitur: “Hoc estCorpus meum”, ipsum Christi Domini corpus ex vi sacramenti inEucharistia erit; at quia Corpori Sanguis, anima et divinitas coniungitur,haec quoque in Sacramento erunt omnia, non quidem ex consecrationis
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risposta: « Poiché la conversione del pane e del vino nontermina alla divinità o all’anima del Cristo, di conseguenzala divinità e l’anima di Cristo non sono in questo
sacramento in forza del sacramento [ex vi sacramenti] , ma per reale concomitanza [ex reali concomitantia]»199. E nellastessa risposta prosegue spiegando: « Infatti, non avendo maila divinità lasciato il corpo che assunse, dovunque si trova ilCorpo di Cristo, deve esserci anche la sua divinità. Perciò inquesto sacramento è necessario che vi sia la divinità diCristo in concomitanza del suo Corpo»200. Il testo latino dice«è perciò necessario che la divinità vi sia… concomitantemeius Corpus», perché la divinità non ha mai abbandonato ilCorpo del Signore, nemmeno quando era nel sepolcro,nemmeno quando Egli discese nel limbo dei giusti. In unaltro luogo dice: « Di un altro modo qualcosa è in questo sacramento per reale concomitanza, come la divinità delVerbo è in questo sacramento per la sua indissolubile unioneal Corpo di Cristo, sebbene in nessun modo la sostanza del
pane si converta nella divinità»201
. Per quanto riguarda all’anima, si da la diversità che
essa fu separata dal Corpo di Nostro Signore dopo la sua
199 S. Th., III, 76, 1, ad 1: «conversio panis et vini non terminatur addivinitatem vel animam Christi, consequens est quod divinitas vel animaChristi non sit in hoc sacramento ex vi sacramenti, sed ex reali
concomitantia».200 S. Th., III, 76, 1, ad 1: «Quia enim divinitas Corpus assumptumnunquam deposuit, ubicumque est Corpus Christi, necesse est et eiusdivinitatem esse. Et ideo in hoc sacramento necesse est esse divinitatemChristi concomitantem eius Corpus».201 In I Cor., cap. XI, lect. 6: ed. Marietti, p. 360, n. 674: «Alio modo estaliquid in hoc sacramento ex reali concomitantia, sicut divinitas Verbi estin hoc sacramento propter indissolubilem unionem ipsius ad CorpusChristi, licet nullo modo substantia panis in divinitatem convertatur».
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Secondo il Santo Dottore dunque sappiamo in checosa si conclude la trasformazione ex vi sacramenti per tremotivi:
1º. Per i termini a quo e ad quem, tra i quali deveesserci una qualche somiglianza.
2º. Per quello che significano le parole del sacramento.
3º. Per la finalità che ha il sacramento.
Per questi motivi non sono termine dellatrasformazione né l’anima né la divinità: « In base a ciòdunque è chiaro che dal momento che l’anima di Cristo nonha somiglianza con la sostanza del pane, né si fa menzionedell’anima nella forma del sacramento, né l’anima convieneall’uso del sacramento, che è il mangiare e il bere, [così] laconversione del pane e del vino non termina all’anima, maal Corpo e al Sangue di Cristo, che non sono separatidall’anima: quindi l’anima non vi è contenuta in forza del
sacramento, e tuttavia vi è contenuta per la naturaleconcomitanza al Corpo che vivifica»203.
formae, cuius virtute fit conversio; unde in illud conversio terminaturquod est significatum per formam. Tertio ex usu sacramenti: quia quod
pertinet ad cibum, continetur sub specie panis ex vi sacramenti; quod pertinet ad potum, sub specie vini. Ex naturali autem concomitantia, etquasi per accidens, continetur sub sacramento illud quod per se non estterminus conversionis, sed sine quo terminus conversionis esse non
potest». 203 In IV Sent., d. 10, a. 2A [sol. I] c: «Secundum hoc ergo patet quodcum anima Christi non habeat similitudinem cum substantia panis, nec informa sacramenti de anima fiat mentio, nec anima conveniat ad usumsacramenti, qui est manducare et bibere; ad animam non terminaturconversio panis nec vini, sed ad Corpus et Sanguinem Christi, quae abanima separata non sunt; et ideo anima non continetur ibi ex visacramenti, sed tamen continetur ibi ex naturali concomitantia ad Corpusquod vivificat».
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realmente unito a quello che qui si pone per trasformazione, viè ciò che sta realmente unito a quello che costituisce il terminead quem della trasformazione212. San Tommaso aggiunge una
riflessione assai importante: «di due cose unite realmente traloro, dovunque si trova realmente l’una bisogna che si trovianche l’altra: poiché le cose che sono unite realmentevengono separate solo dall’attività dello spirito»213.
3. I nomi
Abbiamo già avuto modo di riferirci a questi due modi
di presenza di Gesù Cristo nell’Eucaristia. San Tommaso usadiverse espressioni per indicare l’uno e l’altro. Pero indicare il primo modo adopera la seguente terminologia:
ex vi sacramenti,quasi ex vi sacramenti214, ex vi verborum215, ex vi conversionis, ex vi sacramenti216, per se217, directe ex vi sacramenti218…
212 Cfr. S. Th., III, 76, 1, c.: «Ex naturali autem concomitantia est in hocsacramento illud quod realiter est coniunctum ei in quod praedictaconversio terminatur».213 S. Th., III, 76, 1, c.: «Si enim aliqua duo sunt realiter coniuncta,
ubicumque est unum realiter, oportet et aliud esse, sola enim operationeanimae discernuntur quae realiter sunt coniuncta».214 S. Th., III, 76, 1, c.215 Cfr. S. Th., III, 81, 3, ad 3.216 S. Th., III, 79, 5, c.217 S. Th., III, 76, 2, ad 3; 76, 4, ad 1; 76, 6, c. e ad 1.218 S. Th., III, 79, 5, c. (due volte); ed in altri contesti: 76, 1, c.; 76, 3, ad2 (due volte); 76, 4, c. (due volte); 76, 5, c. (due volte).
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Non c’è il Sangue sotto la specie del pane, enemmeno l’anima né la divinità;
Non c’è il Corpo sotto la specie del vino, e nemmenol’anima né la divinità.
B. Secondo “ex vi concomitantiae” c’è quanto è unito allasostanza del Corpo e del Sangue:
Sotto l’apparenza del pane, in forza della concomitanzac’è il Sangue, l’anima, la divinità, la quantità dimensiva – che
mai si separa realmente dalla sostanza – e gli altri accidenti.Sotto l’apparenza del vino c’è il Corpo, l’anima, la divinità,la quantità dimensiva e gli altri accidenti.
Vediamo due passi di S. Tommaso: «…la quantitàdimensiva è lì per concomitanza e quasi per accidens. Talequantità dimensiva è presente in questo sacramento non nelmodo proprio [della quantità], […] ma secondo il modo della sostanza»225. Inoltre, ex vi concomitantiae, vi sono pure glistati di Cristo (eccetto la condizione o stato di vittima).Durante sua vita terrena era nello stato passibile, oipoteticamente quando si trovava nello stato di separazionedell’anima al momento della morte – fino alla resurrezione –,o anche nel suo stato glorioso e immortale, come nellaresurrezione e fino ad ora. Diciamo eccetto lo stato di vittimain quanto, per la duplice consacrazione, si presenta sempre
nello stato sacramentale di vittima. Gli altri stati sonoaccidenti del Corpo di Cristo, non formano parte dellasostanza del Corpo di Cristo. Perciò la dottrina dei due modi
225 S. Th., III, 76, 4, ad 1: «Quantitas autem dimensiva eius est ibiconcomitanter et quasi per accidens, ideo quantitas dimensiva CorporisChristi est in hoc sacramento, non secundum proprium modum, […] sed
per modum substantiae».
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della presenza di Cristo nell’Eucaristia è molto importante:abbiamo infatti difficoltà a capire che la Messa è sacrificio perché diciamo: – «Come? Se Cristo è resuscitato…».
Mentre l’insegnamento della Chiesa, come dice il Conciliodi Trento, è che a motivo del sacramento il Sangue appareseparato dal Corpo, e questo è il sacrificio eucaristico. Che visia Cristo nel suo stato di risorto com’è ora in cielo è unaconseguenza, perché il sacramento fa sempre presente ilCorpo e il Sangue qualunque sia lo stato in cui si trovi ilCorpo di Cristo in quel momento, senza che questo intacchila realtà sacramentale.
Nel secondo passo S. Tommaso risolve la difficoltàche si presenta da parte dello stato del Corpo di Cristosull’altare paragonandolo allo stato che possedeva sulla tavoladell’ultima Cena, e considerando gli stati come accidenti delCorpo: «Gli accidenti del Corpo di Cristo sono presenti inquesto sacramento per reale concomitanza, non già in forzadel sacramento, il quale rende presente la sostanza del Corpo
di Cristo. Perciò la virtù delle parole sacramentali ha ilcompito di rendere presente nel sacramento il Corpo […], qualsiasi siano gli accidenti che realmente possiede»226.
Coerenti con le loro dottrine eretiche, non per nulla, i protestanti sacramentari – Carlostad, Zwinglio, Ecolampadio… –si beffano della concomitanza; Martin Lutero la ridicolizza;Melantone se ne disinteressa, quando dice che certi vanno
tormentandosi con vuote ragioni227. In questi tempi di falsi
226 S. Th., III, 81, 3, ad 3: «Accidentia Corporis Christi sunt in hocsacramento ex reali concomitantia, non autem ex vi sacramenti, ex quaest ibi substantia Corporis Christi. Et ideo virtus verborumsacramentalium ad hoc se extendit ut sit sub hoc sacramento Corpus, […]quibuscumque accidentibus realiter in eo existentibus».227 Cfr. G. ALASTRUEY, Tratado, 146 e 67.
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che nel Catechismo della Chiesa Cattolica si parli di taledottrina perché almeno 11 volte si usa l’espressione« parole»230 o «conversione»231 riferite al Corpo e Sangue del
Signore contenuti sotto il pane e il vino; sembrerebbe poi, inun caso, far riferimento alla concomitanza, quando usa la preposizione «con» per riferirsi all’anima e alla divinità232.
230 n. 1333: «per le parole di Cristo» [«per verba Christi»]; n. 1353:«l’efficacia delle parole» [«vis verborum»]; n. 1357: «per le parole diCristo» [«per ... Christi verba»].231 n. 1333: «diventano» [«fiunt»], «diventando» [«efficiuntur»]; n. 1350:«diventeranno» [«efficientur»]; n. 1357: «diventati» [«effecta»]; n. 1375(due volte): «conversione» [«conversionem», «conversione»]; n. 1353:«diventino» [«fiant»]; n. 1411: «diventino» [«fiant»].232 n. 1374: «con l’anima e la divinità» [«una cum anima et divinitate»].
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10. Al modo della sostanza – al modo della quantità
« È evidente che le dimensioni del pane e del vinonon si convertono nelle dimensioni del Corpo di Cristo,
ma la sostanza nella sostanza»233. San Tommaso
Ci occuperemo ora di altri due concetti usati spessoda S. Tommaso nel trattato sull’Eucaristia: per modum substantiae – per modum quantitatis, i quali hanno pure – come accade di solito in S. Tommaso – altri sinonimi:
dimensionibus alienis, e dimensionis propriae234
. Si notaanche qui, come già abbiamo avuto modo di constatare, lafedeltà di S. Tommaso nel rispettare ciò che riguarda la fedee ciò che riguarda la ragione. Infatti ogni volta che compieun avanzamento teologico lo fa fondandosi su un articolo difede o basandosi su un fatto dell’esperienza. Abbiamo peresempio in questo caso tre momenti nei quali egli fariferimento, e si fonda, su fatti dell’esperienza. Noi a voltenon facciamo tanto casi di questo o lo comprendiamosuperficialmente e quindi non riusciamo a percepire tutta la profondità del pensiero teologico di S. Tommaso, e quindirestiamo incapaci di capire perché egli dice una cosa oun’altra, e tutto rimane così in una nebulosa.
Così, nella questione 75, che parla degli accidenti, S.Tommaso dice: quod sensu apparet , «come si constata con i
sensi» 235 gli accidenti del pane e del vino persistono.
233 S. Th., III, 76, 1, ad 3: «Ex quo patet quod dimensiones panis vel vininon convertuntur in dimensiones Corporis Christi, sed substantia insubstantiam».234 Cfr. S. Th., III, 76, 5, c.235 S. Th., III, 75, 5, c.
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chiarissimo. Ed è ciò che chiaramente è insegnato dalConcilio di Trento. È quello che ricorda Paolo VI, inoccasione delle negazioni di Schillebeeckx, nella Mysterium
Fidei241
. Ed è quello che spiega bellamente S. Tommaso:Cristo è presente al modo della sostanza: « È perciò evidenteche il Corpo di Cristo è presente in questo sacramento secondo il modo della sostanza [per modum substantiae] enon secondo il modo della quantità [per modum quantitatis].Ora, la totalità propria della sostanza è contenutaindifferentemente in una quantità piccola o in una quantità grande... [una goccia d’acqua è acqua, come lo è purel’immenso oceano]. Perciò in questo sacramento dopo laconsacrazione è contenuta tutta la sostanza del Corpo e delSangue di Cristo, come prima della consacrazione eracontenuta la sostanza del pane e del vino»242.
sacramento ex vi sacramenti, non autem dimensiones Corporis velSanguinis Christi. Unde patet quod Corpus Christi est in hoc sacramento
per modum substantiae, et non per modum quantitatis».
241 Cfr. Mysterium Fidei, n. 11: «Non è infatti lecito [...] discutere delmistero della transustanziazione senza far cenno della mirabileconversione di tutta la sostanza del pane nel Corpo e di tutta la sostanzadel vino nel Sangue di Cristo, conversione di cui parla il Concilio diTrento, in modo che essi si limitino soltanto alla “transignificazione” e“transfinalizzazione” come dicono» (in AAS 57 [1965] 755; Enchiridiondelle Encicliche, vol. 7, n. 855, p. 597); e n. 47: «Dopo il concilio diTrento, il Nostro predecessore Pio VI contro gli errori del Sinodo diPistoia, ammonì con parole gravi che i parroci, che hanno il compito
d’insegnare, non tralascino di parlare della transustanziazione, che è unodegli articoli di fede [Const. Auctorem Fidei, in Enchiridion delle
Encicliche, vol. 1, n. 990]. Parimenti il nostro predecessore Pio XII di f.m., richiamò i limiti che non devono sorpassare tutti coloro che discutonosottilmente del mistero della transustanziazione [ Allocutio, 22.09.1956:in AAS 48 (1956) 720]» (in AAS 57 [1965] 768; Enchiridion delle
Encicliche, vol. 7, n. 897, p. 623).242 S. Th., III, 76, 1, ad 3: «Unde patet quod Corpus Christi est in hocsacramento per modum substantiae, et non per modum quantitatis.
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Al modo della sostanza – al modo della quantità
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Riassumendo, abbiamo tre cose evidenti che siconcatenano:
1º. È evidente il persistere degli accidenti di pane e
vino; 2º. È dunque evidente che si trasforma solo lasostanza del pane e del vino, mentre gli accidenti non sitrasformano;
3º. È per conseguenza evidente che non si hanno ledimensioni del Corpo e Sangue di Cristo al modo dellaquantità (solo il Sangue sarebbero circa 6 litri), bensì almodo della sostanza e in forza della concomitanza.
Il Corpo di Cristo per tanto non è presente al mododella quantità dimensiva, non può essere commensurato(misurato); dunque il Corpo di Cristo nel Sacramento non èlocalizzato 243 . È conseguenza dell’esservi al modo dellasostanza. « La sostanza del Corpo di Cristo si riferisce aquel luogo per mezzo di dimensioni aliene [non mediante le proprie]. Le dimensioni proprie del Corpo di Cristo invece
si riferiscono a quel luogo per mezzo della sostanza. Equesto è contro la ragione di un corpo localizzato. Dunquein nessun modo il Corpo di Cristo è in questo sacramentocome in un luogo»244.
Propria autem totalitas substantiae continetur indifferenter in parva velmagna quantitate […]. Unde et tota substantia Corporis Christi etSanguinis continetur in hoc sacramento post consecrationem, sicut ante
consecrationem continebatur ibi substantia panis et vini».243 Cfr. S. Th., III, 76, 3, c.: «Corpus Christi est in hoc sacramento permodum substantiae, idest, per modum quo substantia est subdimensionibus, non autem per modum dimensionum, idest, non per illummodum quo quantitas dimensiva alicuius corporis est sub quantitatedimensiva loci».244 S. Th., III, 76, 5, c.: «Substantia autem Corporis Christi comparaturad locum illum mediantibus dimensionibus alienis, ita quod e conversodimensiones propriae Corporis Christi comparantur ad locum illum
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Pone S. Tommaso una difficoltà: « Essere in un luogoin maniera delimitata [definitive] e circoscrittiva fa partedella localizzazione. Ma il Corpo di Cristo sembra che sia in
questo sacramento per delimitazione: perché è presente làdove sono le specie del pane e del vino senza essere in altre parti dell’altare. Sembra inoltre che vi sia presente inmaniera circoscrittiva, perché è contenuto talmente entro la superficie dell’ostia consacrata, da non oltrepassarla e danon esserne oltrepassato. Dunque il Corpo di Cristo è comelocalizzato in questo sacramento»245. E risponde: « Il Corpodi Cristo non è in questo sacramento in maniera delimitata[definitive] , perché allora non sarebbe se non sull’altaredove si compie questo sacramento, mentre invece è in cielo secondo la propria specie e in molti altri altari sotto le specie sacramentali. Parimente è chiaro che non è in questo sacramento in maniera circoscrittiva, perché non sta secondo la misura della propria quantità, come si è detto.Che poi non oltrepassi la superficie del sacramento e non sia
presente in altre parti dell’altare è cosa che non appartienealla presenza delimitata o circoscrittiva; ma dipende dal fatto che comincia ad essere lì per la consacrazione e laconversione del pane e del vino, come si è detto»246. Cioè
mediante substantia. Quod est contra rationem corporis locati. Undenullo modo Corpus Christi est in hoc sacramento localiter».245 S. Th., III, 76, 5, ob. 1: «Videtur quod Corpus Christi sit in hoc
sacramento sicut in loco. Esse enim in aliquo definitive velcircumscriptive est pars eius quod est esse in loco. Sed Corpus Christividetur esse definitive in hoc sacramento, quia ita est ubi sunt species
panis vel vini, quod non est in alio loco altaris. Videtur etiam ibi essecircumscriptive, quia ita continetur superficie hostiae consecratae quodnec excedit nec exceditur. Ergo Corpus Christi est in hoc sacramentosicut in loco».246 S. Th., III, 76, 5, ad 1: «Ad primum ergo dicendum quod CorpusChristi non est in hoc sacramento definitive, quia sic non esset alibi quam
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Al modo della sostanza – al modo della quantità
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non si ha la presenza di Cristo nel sacramento nel luogo inmodo definitivo e limitato, né si ha la presenza circoscrittivache commisura le dimensioni del luogo.
Facciamo maggiore chiarezza. La presenzacircoscrittiva è quella « per la quale la cosa è in un luogo perché la propria quantità si adatta e commisura con ledimensioni del luogo, in modo che vi sia tutta in tutto illuogo e, mediante le sue parti, nelle parti del luogo»247, cosache non avviene nell’Eucaristia.
Non avviene nemmeno la presenza nell’ubi inmodo definitive, o locale e limitato, per cui «la cosa è dital modo in un luogo che, allo stesso tempo, non è presente in un altro»248.
Cristo è presente in modo del tutto particolare eineffabile: è presente sacramentalmente. Che vuol dire? Cheil Corpo di Cristo in specie propria sta in cielo econtemporaneamente in molti altari sotto le specie
in hoc altari ubi conficitur hoc sacramentum; cum tamen sit et in caelo in propria specie, et in multis aliis altaribus sub specie sacramenti. Similiteretiam patet quod non est in hoc sacramento circumscriptive, quia non estibi secundum commensurationem propriae quantitatis, ut dictum est [inc., cfr. a. 4, ad 1, 2 e 3]. Quod autem non est extra superficiemsacramenti, nec est in alia parte altaris, non pertinet ad hoc quod sit ibi
definitive vel circumscriptive, sed ad hoc quod incoepit ibi esse perconsecrationem et conversionem panis et vini, ut supra dictum est [a. 1;q. 75, aa. 2-6]».247 G. ALASTRUEY, Tratado, 171: «por la cual la cosa está en un lugar poradaptación y conmensuración de su propia cantidad con las dimensionesdel lugar, de suerte que está toda en todo el lugar y por sus partes en las
partes del lugar».248 G. ALASTRUEY, Tratado, 171: «la cosa está de tal manera en un lugarque no esté en otro a la vez».
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sacramentali249. Perciò S. Tommaso dice che «...il Corpo diCristo è qui presente [nel sacramento] secondo il modo proprio di questo sacramento»250.
Spesso insegna che il Corpo di Cristo nell’Eucaristia, perché presente in specie sacramenti, è presente per modum substantiae, e non al modo della quantità:
– «…la sua quantità dimensiva (le sue dimensioni) è presente concomitantemente e quasi per accidens. Talidimensioni sono presenti in questo sacramento non nel modoloro proprio, e cioè integralmente in tutto il corpo e parzialmente nelle singole parti; ma secondo il modo della sostanza, la cui natura è di essere tutta nel tutto e tutta inciascuna parte»251.
– « È perciò evidente che il Corpo di Cristo è presente in questo sacramento secondo il modo della sostanza e non secondo il modo della quantità»252.
– «…il Corpo di Cristo è presente in questo
sacramento alla maniera della sostanza, ossia alla stessamaniera in cui la sostanza è presente sotto le propriedimensioni, non già come le dimensioni: ossia non alla
249 Cfr. S. Th., III, 76, 5, ad 1: «…cum tamen sit et in caelo in propriaspecie, et in multis aliis altaribus sub specie sacramenti».250
S. Th., III, 75, 1, ad 3: «…Corpus Christi esse ibi, sicut dictum est,secundum modum proprium huic sacramento».251 S. Th., III, 76, 4, ad 1: «Quantitas autem dimensiva eius est ibiconcomitanter et quasi per accidens, ideo quantitas dimensiva CorporisChristi est in hoc sacramento, non secundum proprium modum, utscilicet sit totum in toto et singulae partes in singulis partibus; sed permodum substantiae, cuius natura est tota in toto et tota in qualibet parte».252 S. Th., III, 76, 1, ad 3: «Unde patet quod Corpus Christi est in hocsacramento per modum substantiae, et non per modum quantitatis».
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parti di un corpo organico si fonda sulla sua quantitàdimensiva; ma la natura della sostanza precede anche laquantità dimensiva. Ora, poiché la conversione della sostanza
del pane termina direttamente alla sostanza del Corpo diCristo, e quest’ultimo si trova propriamente e direttamente inquesto sacramento secondo il modo della sostanza, le distanze suddette tra le parti organiche [o proporzione] sono senzadubbio nel vero Corpo di Cristo; tale Corpo però non sirapporta a questo sacramento secondo quelle determinazioni spaziali, bensì secondo il modo di essere della propria sostanza, come sopra abbiamo detto»258.
E in fine: « Il Corpo di Cristo conserva sempre la suavera natura di corpo e non si cambia in spirito. Ma è propriodella natura del corpo di essere “una quantità avente posizione” […]. Ebbene, la natura della quantità [dimensiva]vuole che parti diverse occupino diverse parti dello spazio. Èdunque impossibile che tutto il Cristo sia in tutte le parti delle specie»259. E risponde: « L’argomento parte dalla natura del
specierum esset totus Christus, oporteret enim quod sub qualibet parteesset quaelibet pars; et ita, ubi esset una pars, esset et alia».258 S. Th., III, 76, 3, ad 2: «Illa determinata distantia partium in corporeorganico fundatur super quantitatem dimensivam ipsius, ipsa autemnatura substantiae praecedit etiam quantitatem dimensivam. Et quiaconversio substantiae panis directe terminatur ad substantiam Corporis
Christi, secundum cuius modum proprie et directe est in hoc sacramentoCorpus Christi, talis distantia partium est quidem in ipso Corpore Christivero, sed non secundum hanc distantiam comparatur ad hocsacramentum, sed secundum modum suae substantiae, ut dictum est [inc.; a.1, ad 3]».259 S. Th., III, 76, 3 ob. 3: «Corpus Christi semper veram retinet corporisnaturam, nec unquam mutatur in spiritum. Sed de ratione corporis est utsit quantitas positionem habens, ut patet in praedicamentis. Sed adrationem huius quantitatis pertinet quod diversae partes in diversis
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corpo secondo la sua quantità dimensiva. Ma, come noiabbiamo già notato sopra, il Corpo di Cristo riguarda questo sacramento non in ragione della quantità dimensiva, bensì in
ragione della sostanza»260
.È un fatto interessantissimo che noi appena
consideriamo. Ed è un fatto davanti al quale anche i granditeologi sono rimasti estasiati, di fronte a come Dio ha fatto ilmistero dell’Eucaristia in un modo assolutamenteimpensabile per il pensiero umano. Anche dopo laRivelazione ci ritroviamo con tanti aspetti che evidentemente
superano la capacità della nostra comprensione, perché èevidente che Dio ci supera. Dice un teologo, Toledo: « Dio può molto di più di quanto l’uomo possa capire oimmaginare. E in realtà, se l’uomo istruito può fare moltecose che l’incolto per ignoranza non può capire néimmaginare, come non potrà fare Dio molte più cose diquelle concepibili per l’intelligenza creata ol’immaginazione? È stolto perciò pretendere di misurare con
la nostra intelligenza la sapienza di Dio, che è infinitamente più lontana dall’intelligenza creata di quanto questa siadistante da un incolto o dall’immaginazione di un animaleirrazionale… In questo mistero occorre l’umiltà, con laquale coesiste la fede, ma non si raggiunge la suaconoscenza perfetta e distinta»261 . Così avviene con Dio,
partibus loci existant. Non ergo potest esse, ut videtur, quod totusChristus sit sub qualibet parte specierum».260 S. Th., III, 76, 3, ad 3: «Ratio illa procedit de natura corporis quamhabet secundum quantitatem dimensivam. Dictum est [in c.; et ad 2]autem quod Corpus Christi non comparatur ad hoc sacramentum rationequantitatis dimensivae, sed ratione substantiae».261 Enarr. in 3 pars S. Th., q. 76, 4, concl. 3; cit. por G. ALASTRUEY,Tratado, 167: «Que Dios puede mucho más que lo que el hombre puedecomprender o imaginar. Y en verdad, pues si el hombre perito puede
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davanti al quale siamo tutti più che rozzi. Nel sacramentoeucaristico Egli ha voluto fare cose meravigliose, come ilmodo particolare, ineffabile, unico, della presenza per
modum substantiae.
hacer muchas cosas que el rústico por su ignorancia no puedecomprender ni imaginar, ¿cómo no podrá Dios hacer muchas más cosasde las que el entendimiento creado o la imaginación pueda concebir? Esnecio, por tanto, pretender medir por nuestro entendimiento la sabiduríade Dios, que está infinitamente más lejos del entendimiento creado quelo que éste dista de un rústico o de la imaginación de un animalirracional… En este misterio es necesaria la humildad, con la quecoexiste la fe, pero no se alcanza su perfecto y distinto conocimiento».
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– « In quel Noè che, ubriacatosi con l’uva piantata dalui stesso, restò nudo in casa sua, chi non vede Cristo che ha patito tra la sua gente?»265.
– « E Mosè fu pure simbolo del popolo giudeo, che poi doveva credere nel Cristo che ha patito»266.
– « I bambini sarebbero estranei a tale salvezza e luce[…] se non fossero associati in adozione al popolo di Dio, possedendo il Cristo giusto che ha patito per l’ingiusto percondurli a Dio»267.
– « La materia (argomento) del salmo (68) è Cristoche ha patito [Christus passus] , per la fragilità dellanatura umana»268.
– «Che altro potrebbe significare il pesce utilizzato, se non Cristo che ha patito?»269; « Ma che significa il pescearrostito, mangiato da Cristo dopo la resurrezione edatogli dai discepoli, se non Cristo stesso che ha patito?
265 SANT’AGOSTINO, Contra Faustum, 12, 23: «Iam uero illud, quod deuinea, quam plantauit inebriatus Noe, nudatus est in domo sua, cui nonadpareat Christus passus in gente sua?».266 SANT’AGOSTINO, Epistolae, 147, 13: «Gestauit quippe Moyses typum
populi iudaeorum in Christum passum postea credituri».267 SANT’AGOSTINO, De peccatorum meritis et remissionem, 44: «Ab hacergo salute et lumine alieni sunt parvuli, et in perditione ac tenebris
remanebunt, nisi per adoptionem populo Dei fuerint sociati, tenentesChristum passum justum pro injustis, ut eos adducat ad Deum».268 [SINE NOMINE], Commentarius in LXXXV Psalmos; vedi anche: H. HALBERSTATENSIS, Commentaria in Psalmos. 269 ALCUINUS, In Evangelium Joannis [ML 100, 0998A]; altri testi diriferimento: ALANUS DE I NSULIS, Distinctiones dictionum theologicalium [ML 210]; SMARAGDUS S. MICHAELIS, Collectiones in epistolas etevangelia [ML 102, 0247A]; R. MAURO, Homiliae (C) [ML 110];PETRUS COMESTOR , Sermones [ML 198,1792B].
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« Per quanto invece riguarda il Cristo stessoimmolato [Christum passum] , che è contenuto in questo sacramento, la figura principale va riscontrata in tutti i
sacrifici del Vecchio Testamento»275
.« Era giusto dunque che il sacrificio della Nuova Legge,
istituito da Cristo, avesse qualche cosa di più e cioè checontenesse lui medesimo che ha patito [ipsum passum] , non solo sotto forma di simbolo o di figura, ma nella realtà»276.
« Ma quanto a ciò che è realtà e sacramento [res etsacramentum] fu più espressiva la figura della legge di Mosè[che l’oblazione di Melchisedec] , con la quale veniva significato più espressamente il Cristo che ha patito [Christus passus]»277.
«…giachè [l’Eucaristia] è il sacramento della passione del Signore, contiene in sé il Cristo che ha patito[Christum passum]…»278.
275 S. Th., III, 73, 6, c.: «Quantum autem ad ipsum Christum passum, quicontinetur in hoc sacramento, figurae eius fuerunt omnia sacrificiaVeteris Testamenti».276 S. Th., III, 75, 1, c.: «Et ideo oportuit ut aliquid plus haberetsacrificium Novae Legis a Cristo institutum, ut scilicet contineret ipsum
passum, non solum in significatione vel figura, sed etiam in rei veritate».277 In IV Sent., d. 8, q. 1, a. 2C [sol. III], c: «sed quantum ad id quod estres et sacramentum; expressior fuit figura legis mosaicae, qua expressiusChristus passus significabatur».278 In Ioann., c. 6, lc. 6, n. 963: «cum hoc sacramentum sit Dominicae
passionis, continet in se Christum passum».
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2. Alcune considerazioni a partire della grammatica279
Prima di analizzare direttamente l’espressione
Christus passus, vediamo due espressioni davverointeressanti in rapporto con il nostro tema. Sono Corpoofferto (consegnato) – Sangue versato. Nelle paroledell’istituzione eucaristica Nostro Signore dice che la realtàcontenuta nell’Eucaristia è il suo Corpo consegnato (cfr. Lc22,19) e il suo Sangue versato (cfr. Mt 26,28; Mc 14,24; Lc22,20). Nel testo greco del Nuovo Testamento queste duequalità sono espresse con due participi presenti (dido,menon =
consegnato; evkcunno,menon = versato). In realtà nelle lingueclassiche i sistemi verbali non sempre si corrispondono tra diloro. Il greco presenta i cosiddetti «aspetti» dei tempiverbali, che il latino conosce di meno. Questo vuol dire chein greco il «tempo» del verbo non sempre ha un valoretemporale (presente, passato o futuro), pur avendolo spesso,specie nel modo indicativo. È tipico invece dei «tempi» dei
verbi greci denotare una caratteristica (aspetto) dell’azione. Nel caso del tempo presente ciò che si indica è
l’aspetto della continuità, della durata di un’azione. Il modoin cui tale aspetto del presente considera la continuità èmolto discusso tra i grammatici della lingua greca e noninteressa al nostro discorso 280 . Basti sapere che i due
279 Ringrazio i padri Lic. Tomás Orell, IVI, Gonzalo Ruiz, IVI, MiguelA. Pertini, IVI e Miguel Soler, IVI e i professori specialisti in latino dott.Camerina Pagano e dott. Edoardo D’Angelo (Napoli) per le loro dotteindicazioni.280 Ad es., F. BLASS e A. DEBRUNNER dicono che l’aspetto del presente èindicare un’azione duratura e lineare (cfr. Gramática del Greco del
Nuevo Testamento, Brescia 19972, 401-402). J. SWETNAMM dice che il presente greco «esprime il punto di vista di un’azione considerata nonterminata, per così dire guarda l’azione dal suo interno, senza riferirsi
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esegeti sottolineano la forza particolare di questi due participi presenti 282.
Addentrandoci nell’espressione latina usata da S.Tommaso, vediamo che grammaticalmente passus è il participio perfetto del verbo patior , che vuol dire patire, soffrire. È un verbo deponente, un verbo cioè di forma passiva ma di senso attivo.
Tale caratteristica formale dei verbi deponenti è, se sivuole, la più evidente, ma non l’unica né la più importante,dato che spesso tale uso implica certe sfumature che sonoespresse più adeguatamente nella forma passiva che in quellaattiva. È, crediamo, il caso di questo participio. In effetti, laforma passus, essendo il participio perfetto di un verbodeponente, ha vari aspetti nel suo significato:
• Indica un’azione compiuta e terminata nel passato, un’azione completa;
• Il participio passato è spesso impiegato in latino
con senso presente, specie se si tratta di verbiindicanti una condizione, mentale o fisica, delsoggetto283, come è il caso di «patire» ( patito). Inquesto senso il participio passato di un verbo
282 Cfr. J.M. LAGRANGE, Évangile selon Saint Luc, París 19488, 544.283 Cfr. B.L. GILDERSLEEVE & G. LODGE, Latin Grammar , Wauconda
[USA] 1997
14
, 181: «The Latin is more exact than the English in the useof the tenses. So the Pf. Part. [= Perfect Participle] is frequentlyemployed when we use the Present; especially in classical prose, withverbs that indicate a condition, mental or physical, where the action ofthe participle is conceived as continuing up to, and sometimes into, thatof the leading verb» [«Il latino è più esatto dell’inglese nell’uso deitempi. Così il Participio Passato è spesso usato quando usiamo il
presente; specialmente nella prosa classica, con verbi indicanti unacondizione, mentale o fisica, quando l’azione del participio è intesa nelsenso di continuità fino a, e talvolta dentro, quello del verbo principale»].
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deponente può impiegarsi per indicare uno statoesistente o esprimere una simultaneità, cioèqualcosa di presente284;
•
Inoltre il participio passato, in quanto aggettivoverbale, indica un attributo del soggetto, cioèattribuisce al soggetto la qualità espressa dalverbo come qualcosa di suo proprio285.
3. Interpretazioni del Christus passus
Non sono corrette:
– Alcuni affermano che Cristo soffre ora: « Alcuniinfatti hanno detto che “Christus passus” significa nientealtro che Cristo paziente, in modo che le parole di S.Tommaso “nell’Eucaristia è contenuto Christus passus” significhino: nell’Eucaristia è contenuto Cristo che ora soffre benché in forma nascosta e sacramentale, maveramente sofferente in atto»286;
– « Altri hanno insegnato che con queste parole siindica ciò che Cristo ha sofferto in passato, in modo che il senso delle parole di S. Tommaso sarebbe che nel sacramento dell’Eucaristia è contenuto Cristo che ha sofferto in passato, ma che ora non è presente nello statodella passione»287.
284 Cfr. R. OROZ, Gramática Latina con notas lingüísticas, Santiago deChile 1932, 321.285 Cfr. V. VÄNÄÄNEN, Introduzione al latino volgare, Bologna 1982,341-342.286 Cfr. A HOFFMANN O.P., «El sacrificio de la Misa según Santo Tomás»in Rivista Diálogo 7, 73. Articolo tradotto dai PP. Miguel Ángel Fuentes,IVI e Marcelo Lattanzio, IVI. 287 Cfr. A. HOFFMANN, «El sacrificio…», 73-74.
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Cristo che ha patito
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È corretto:
– Che il Christus passus è contenuto nell’Eucaristia:« L’Eucaristia è il sacramento perfetto della passione delSignore, in quanto contiene il Cristo stesso che ha patito[Christum passum]. Non poté perciò essere istituita primadell’incarnazione: quello invece era il tempo dei sacramentiche dovevano prefigurare la passione del Signore»288;
– Che nell’Antico Testamento era prefiguratodall’agnello pasquale, specialmente in quanto questo venivaimmolato: « Per quanto invece riguarda il Cristo stessoimmolato [Christum passum] , che è contenuto in questo sacramento, la figura principale va riscontrata in tutti i sacrifici del Vecchio Testamento, specialmente nel sacrificio dell’espiazione che era solennissimo […]. Mal’agnello pasquale prefigurava questo sacramento […] perché veniva immolato da tutti i figli d’Israele nellaquattordicesima luna, il che prefigurava la passione di
Cristo, che per l’innocenza viene denominato agnello»289
.
288 S. Th., III, 73, 5, ad 2: «Ad secundum dicendum quod Eucharistia estsacramentum perfectum Dominicae passionis, tanquam continens ipsumChristum passum. Et ideo non potuit institui ante incarnationem, sed tunc
habebant locum sacramenta quae erant tantum praefigurativa Dominicae passionis».289 S. Th., III, 73, 6, c.: «Quantum autem ad ipsum Christum passum, quicontinetur in hoc sacramento, figurae eius fuerunt omnia sacrificia veterisTestamenti; et praecipue sacrificium expiationis, quod eratsolemnissimum […]. Agnus paschalis […] praefigurabat hocsacramentum […] quia immolabatur ab omni multitudine filiorum Israelquartadecima luna, quod fuit figura passionis Christi, qui propterinnocentiam dicitur agnus».
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– Che è la res et sacramentum: « giacché è il sacramento della passione del Signore, contiene in sé ilCristo che ha patito [Christum passum]»290.
– Che giustamente bisogna dire che «il Cristo sacramentale si dice “Cristo che ha patito”, perché secondo l’ordine presente dell’istituzione divina, la presenza reale di Cristo sotto l’una o l’altra specie nonavviene senza che per ciò stesso si renda presente lo stessoCristo nello stato della passione in quanto, come abbiamodetto, in virtù delle parole sotto la specie del pane non si
rende presente se non il Corpo di Cristo e sotto la specie delvino non si rende presente se non il Sangue di Cristo»291.
– «Come il sacramento dell’Eucaristia contieneveramente e realmente Cristo Gesù, allo stesso modocontiene il Cristo che ha sofferto, il Corpo e il Sangue,violentamente separati sulla croce per la nostra salvezza. Sitrova lì la res et sacramentum eucaristica. È una realtà
significata a sua volta dal segno sensibile (signum tantum). Ètramite il segno sensibile che simbolizza e provoca una realtàulteriore: la grazia sacramentale della comunione el’applicazione sacrificale della virtù meritoria e soddisfattoria acquistata sulla Croce. Torniamo sempre cosìal sacrificio cristallizzato, cosa necessaria se si vuole trovare sull’Altare un vero sacrificio identico al sacrificio dellaCroce, lo stesso offerente e la stessa vittima offerta»292.
290 In Ioann. c. 6, lc. 6, n. 963: «Cum hoc sacramentum sit Dominicae passionis, continet in se Christum passum».291 A. HOFFMANN, «El sacrificio…», 77.292 B. AUGIER , «Le sacrifice ecclésiastique» in Revue Thomiste II (1934),
p. 207, nota 21: «L’antithèse entre la figure et la réalité vraie ne permet pasde traduire les mots “Christus passus”, par l’expression dont usent
plusieurs théologiens contemporains: “le Christ en sa passion”. Il faut
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Cristo che ha patito
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Riassumendo:
Applicando le nozioni grammaticali che abbiamo vistoall’espressione Christus passus, espressione quasi idiomaticausata da S. Tommaso per riferirsi alla realtà contenutanell’Eucaristia, possiamo dedurre che essa indica da una parteche vi si trova la totalità della passione redentrice di Cristo,compressi i frutti e i meriti ottenuti dal Signore per mezzo diessa, cioè l’opera completa della redenzione (ciò che è propriodel «perfetto»). Dall’altra parte il tempo passato del participioindica che Cristo ha ormai patito in carne propria una volta
sola, sul Calvario, e che quindi la Messa è sacrificio relativo,segno commemorativo del sacrificio del Calvario. Il valore presente del participio perfetto indica tuttavia che quelsacrificio avvenuto nel passato si perpetua, si fa presente, benché in altra forma (in forma sacramentale). Si indica infineche quel modo di farsi presente, quell’essere contenuto come«patito» nell’Eucaristia, è un fatto proprio ed esclusivo diCristo, come lo è il suo unico sacrificio.
Possiamo chiederci perché S. Tommaso, se vuoleindicare la realtà della presenza attuale del sacrificio diCristo nell’Eucaristia, non impiega mai, almeno nellequestioni che nella Somma Teologica dedica all’Eucaristia,la forma presente del participio ( patiens, soffrendo). Una
tradure: “le Christ qui a souffert ”, qui a subi la Passion. De même que le
sacrament d’Eucharistie contient vraiment et réellement le Christ Jésus, demême contient-il “le Christ qui a souffert ”, le Corps et le Sang,violemment séparés sur la Croix pour notre salut. C’est la realité signifiée
par le signe sensible (signum tantum). C’est, moyennant le signe sensiblequi la symbolise et la cause, une réalité qui à son tour signifie et cause uneréalité ultérieure: la grâce sacramentelle de la communion et l’application
sacrificielle della vertu méritoire et satisfactoire acquise à la Croix. Nousrevenons toujours au sacrifice cristallisé et il le faut sous peine de ne pointtrouver à l’Autel un vrai sacrifice, identique au sacrifice de la Croix, lemême offrant et la même hostie».
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prima risposta, semplicemente grammaticale, è che il participio presente indica un’azione che si sta svolgendoattualmente, e quindi non implica la conclusione o la
perfezione (nel senso di completato, finito) dell’opera.Ma poi il participio presente potrebbe indurre a
interpretazioni sbagliate, come se Cristo soffrisse in carne propria, cioè in forma cruenta, in ogni Messa. Perciò èun’espressione meno adatta ad indicare il fatto che Cristo,nella Messa, si offre in forma diversa che nel Calvario, benchési tratti dell’unico e identico sacrificio. In altre parole: nel
participio presente patiens potrebbe intendersi che Cristo stasoffrendo ora sull’altare, mentre in realtà Cristo si rende presente con l’unico suo sacrificio, il quale offrì una sola voltain passato, ma che perpetua in ogni Messa. In questo senso laforma passiva e al passato è più idonea a significare che Cristosi offre nella Messa in un altro modo (sacramentalmente, in specie aliena) e non in modo cruento (come nel Calvario, in specie propria), pur trattandosi dello stesso Cristo e dello
stesso e unico sacrificio.
Mi pare che in questo senso, cioè indicando la presenza sacramentale del sacrificio di Cristo, debbaintendersi il passo della Summa in III, 66, 9, ad 5: « Nel sacramento dell’Eucaristia si commemora la morte diCristo, in quanto lo stesso Cristo che ha patito [Christus passus] viene imbandito a noi come banchetto pasquale,
secondo l’espressione di S. Paolo: “Come nostra Pasqua siè immolato il Cristo: Banchettiamo dunque...”»293. Notiamol’espressione di S. Tommaso «exhibetur nobis»: ci viene
293 «Sed in sacramento Eucharistiae commemoratur mors Christiinquantum ipse Christus passus exhibetur nobis quasi paschaleconvivium, secundum illud I Cor. V,[7-8] “Pascha nostrum immolatusest Christus, itaque epulemur”».
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sostanziale di Cristo in stato glorioso, ma anche la presenzaoperativa del suo atto sacrificale redentore» 297 con ilcumulo di tutte le grazie e meriti acquisiti sulla Croce che si
applicano in questo sacramento, in modo che «l’effetto che la passione di Cristo produsse nel mondo, questo sacramentolo produce nel singolo uomo»298.
297 C. JOURNET, La Messe, présence du sacrifice de la Croix, Desclée deBrouwer, Bruges 1957, 112: «la Messe nous apporte non seulement la
présence substantielle du Christ dans son état glorieux, mais encore la présence operative de son acte sacrificiel rédempteur».298 S. Th., III, 79, 1, c.: «Et ideo effectum quem passio Christi fecit inmundo, hoc sacramentum facit in homine».
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12. Sacrificio e gloria
L’Eucaristia «...è propriamente il sacramentodel Corpo di Cristo… più che il sacramento
della sua divinità»299.San Tommaso
1º. La fede della Chiesa
Insegna il Concilio di Trento: «Sempre vi è stata
nella Chiesa di Dio questa fede, che, cioè, subito dopo laconsacrazione, sotto l’specie del pane e del vino vi è il veroCorpo di nostro Signore e il suo vero Sangue, insieme con la sua anima e divinità: il Corpo è sotto la specie del pane e ilSangue sotto la specie del vino, e l’anima sotto l’una el’altra specie; ma in forza di quella naturale unione econcomitanza, per cui le parti del Cristo Signore, che ormaiè risorto dai morti e non muore più, sono unite tra loro.
Inoltre la divinità è presente per quella sua mirabile unioneipostatica col corpo e con l’anima. È quindi verissimo che sotto una sola specie è contenuto tanto, quanto sottoentrambe. Cristo, infatti, è tutto e integro sotto la specie del pane e sotto qualsiasi parte di questa specie, e tutto anche sotto la specie del vino e sotto ogni sua parte»300.
299 S. Th., III, 74, 4, c.: «quia panis est proprie sacramentum CorporisChristi, quod sine corruptione conceptum est, magis quam divinitatisipsius».300 Decreto sul Sacramento dell’Eucaristia, cap. III. «Eccellenza dellasantissima Eucaristia sugli altri sacramenti”, DH 1640: «et semper haecfides in Ecclesia Dei fuit, statim post consecrationem verum Domininostri Corpus verumque eius Sanguinem sub panis et vini specie una cumipsius anima et divinitate exsistere: sed Corpus quidem sub specie paniset Sanguinem sub vini specie ex vi verborum, ipsum autem Corpus sub
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In forza del sacramento, delle parole o della doppiaconversione (transustanziazione), sotto la specie del pane c’èsolo il Corpo del Signore e, separato, sotto la specie del vino
solo il Sangue del Signore.Ciò avviene per se301, directe302.
Di per se e direttamente nell’Eucaristia non ci sono:
1. Né il Sangue sotto la specie di pane;2. Né il Corpo sotto la specie di vino;3. Né l’anima di Cristo;4. Né la divinità;5. Né la quantità dimensiva propria del Corpo o del
Sangue, cioè le dimensioni e gli accidenti cheaccompagnano la quantità come il peso, ilvolume, ecc.;
6. Né le qualità del Corpo e del Sangue di Cristo,come sono la forma, la figura, il colore, ecc.;
7. Né le qualità passibili che gli permettono di
subire alterazioni;8. Né gli accidenti azione e passione. Il Corpo nelquale termina per se la transustanzione del panenon è soggetto di passioni che gli vengano da un
specie vini et Sanguinem sub specie panis animamque sub utraque, vinaturalis illius conexionis et concomitantiae, qua partes Christi Domini,
qui iam ex mortuis resurrexit non amplius moriturus [cfr. Rm 6,9], interse copulantur, divinitatem porro propter admirabilem illam eius cumcorpore et anima hypostaticam unionem [can. 1 et 3]. – Quapropterverissimum est, tantumdem sub alterutra specie atque sub utraquecontineri. Totus enim et integer Christus sub panis specie et sub quavisipsius speciei parte, totus item sub vini specie et sub eius partibus exsistit[can. 3]».301 S. Th., III, 76, 2, ad 3.302 S. Th., III, 76, 1, c.
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sacramento non nel modo loro proprio [della quantità] [...], ma secondo il modo della sostanza...»303.
È chiaro dunque che il modo di essere di una cosa sistabilisce da ciò che la riguarda essenzialmente, non daquanto avviene come per accidens. Se vediamo ad es. unacaramella bianca, la vediamo perché è bianca, non perché èdolce, anche se la caramella bianca è dolce. Giacché pure ladolcezza è nella vista alla maniera tipica del biancore, non aquella della dolcezza. Analogamente, in forza del sacramentosotto la specie del vino c’è solo la sostanza del Sangue
separata dal Corpo del Signore, con il suo valore sacrificale,e ciò riguarda l’Eucaristia essenzialmente. C’è anche il suoCorpo, ma ciò avviene solo come per accidens, poichéavviene per concomitanza; e nelle nostre Messe, cioèrealizzate dopo la resurrezione del Signore, vi è il Corpoglorioso, ma non al modo proprio del Corpo glorioso, bensìal modo proprio del sacrificio sacramentale.
2. Directe><
non fit per se. Tutto quanto avviene perconcomitanza, adesso nell’Eucaristia, è unito indisso-lubilmente al Corpo e al Sangue del Signore, però in relazionea quanto vi è per virtù del sacramento gli avviene come per
303 S. Th., III, 76, 4, ad 1: «Modus existendi cuiuslibet rei determinatur
secundum illud quod est ei per se, non autem secundum illud quod est ei per accidens, sicut corpus est in visu secundum quod est album, nonautem secundum quod est dulce, licet idem corpus sit album et dulce.Unde et dulcedo est in visu secundum modum albedinis, et nonsecundum modum dulcedinis. Quia igitur ex vi sacramenti huius est inaltari substantia Corporis Christi, quantitas autem dimensiva eius est ibiconcomitanter et quasi per accidens, ideo quantitas dimensiva CorporisChristi est in hoc sacramento, non secundum proprium modum, utscilicet sit totum in toto et singulae partes in singulis partibus; sed permodum substantiae, cuius natura est tota in toto et tota in qualibet parte».
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accidens 304 , cioè, al modo come gli accidenti sono nellasostanza, realizzati non direttamente, ma indirettamente, inmodo che «la virtù delle parole sacramentali ha il compito di
produrre e rendere presente nel sacramento il Corpo [e ilSangue]… siano quelli che siano gli accidenti che esistano inesso realmente»305. Dom Vonier dice che quest’ultima frase èun colpo di genio! Letteralmente «un vero lampo di genio»306.
3. L’aspetto glorioso non distrugge la realtàsacrificale. Ciò che è per accidens non entra nella divisionedel genere 307 , quindi analogamente ciò che avviene nel
sacramento come per accidens, a motivo della concomitanza,non si deve considerare come se fosse un altro generediverso da quanto accade nel sacramento «per se» e«directe», tramite la conversione sacramentale, per la qualesi realizza essenzialmente e direttamente il sacrificiosacramentale del Nuovo Testamento.
4. Ciò che è sostanziale non dipende tanto di ciò che
è accidentale, quanto questo di quello. Come è noto, ciò cheè accidentale dipende dalla sostanza – da ciò che è essenziale – più di quanto la sostanza dipenda dall’accidente308, per cuianalogamente dobbiamo pensare che nell’Eucaristia ciò chevi è come per accidens dipende da quanto vi è
304 S. Th., III, 76, 4, ad 1: «quasi per accidens».305 S. Th., III, 81, 3, ad 3: «Et ideo virtus verborum sacramentalium adhoc se extendit ut sit sub hoc sacramento Corpus, Christi scilicet,quibuscumque accidentibus realiter in eo existentibus».306 A. VONIER , La chiave della dottrina eucaristica, 223. Nell’edizioneinglese: «The final phrase is a real stroke of genius», Collected Works, II, 332.307 Cfr. S. Th., III, 80, 3, ad 3: «id quod est per accidens non cadit indivisione alicuius generis».308 Cfr. In IV Sent., d.10, a. 2C [qla. III], ob. 3.
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essenzialmente più di quanto ciò che vi è essenzialmente dipenda da ciò che vi è come per accidens. Le due coseavvengono allo stesso istante, ma ciò che è per concomitanza
accade soltanto se c’è il Corpo e Sangue del Signore. Lostato glorioso di Cristo pertanto non impedisce in alcunmodo che si offra in stato di Vittima. L’Eucaristia è, dunque,direttamente ed essenzialmente, sacrificio.
Quando diciamo quasi per accidens vogliamoindicare un modo di essere di una cosa in un’altra, al modocome gli accidenti sono nella sostanza, l’accompagnano, le
sono concomitanti, quasi per accidens. Ma non si parla diaccidente metafisico perché tutto ciò che si trova sotto laspecie del pane dopo la consacrazione, concomitante alCorpo di Cristo, quasi per accidens, metafisicamente parlando può essere un accidente (come la quantitàdimensiva) o una parte sostanziale (come il Sangue) o unasostanza incompleta (come l’anima) o una sostanza completa(come la Divinità). Ma tutte queste realtà sono quasi per
accidens nel Corpo dopo la consacrazione.
5. Ogni cosa è ciò che ha di principale, il restoaderisce a ciò. Chiarisce San Tommaso: « Bisogna notare cheogni cosa è in modo massimo ciò che in essa è principale,tutte le altre cose invece, aderiscono a ciò che è principale, ein certo qual modo sono assunte da essa, in quanto ciò che è principale si serve delle altre cose secondo la sua
disposizione. Questa affermazione si può riscontrare sia nella società civile, nella quale i principi sono quasi tutta la città,ed essi si servono degli altri d’accordo alla loro disposizione,come se fossero membri che a loro aderiscono; sia pure inuna unione naturale. Infatti, sebbene l’uomo constanaturalmente d’anima e corpo, tuttavia l’anima è più principale, alla quale il corpo aderisce, eppure l’anima si
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3º. Lo stato glorioso non è incluso direttamente, per se,
nella natura del sacramento
Come diceva S.S. Pio XII, Gesù sta nell’Eucaristia«con segni esteriori che sono indizi di morte»310 , come ilSangue separato dal suo Corpo. San Pietro Giuliano Eymardaffermava con una bella espressione: « Egli prende dallamorte ciò che può, cioè prende la condizione di morte e cosìlo vediamo come Agnello immolato per noi»311. Perciò S.Tommaso insegna: L’Eucaristia «…è propriamente il sacramento del Corpo di Cristo, concepito senza corruzione,
più che il sacramento della sua divinità...»312, e rimanda isuoi lettori più avanti, dove parla del modo della presenza, amotivo della concomitanza, dell’anima e della divinitànell’Eucaristia313.
Lo stato glorioso non s’include per se nella natura delsacramento, come neanche glia altri stati del Corpo di Cristo;«essi non entrano direttamente nella natura del sacramento
come tale, il sacramento li trascende; il sacramento èugualmente vero, ugualmente potente, ugualmentediretto…»314 in qualunque stato Cristo si trovi. Si è fatto giànotare che nei nostri tempi quasi tutta la letteraturaeucaristica e buona parte del culto e della devozione al Ssmo.
310 PIO XII, Mediator Dei, 548; DH 3848: «per externa signa, quae suntmortis indices...» (in AAS 39 [1947] 548; in Enchiridion delle Encicliche,
vol.7, n.496). 311 SAN PIETRO G. EYMARD, Obras Eucarísticas, Ed. Eucaristía, Madrid4
1963, 50. 312 S. Th., III, 74, 4, c.: «quia panis est proprie sacramentum CorporisChristi, quod sine corruptione conceptum est, magis quam Divinitatisipsius».313 Cfr. S. Th., III, 76, 1, ad 1.314 A. VONIER , La chiave della dottrina eucaristica, 223.
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Sacramento si fondano più sugli elementi concomitanti chesu quelli sacramentali di essa, così che spesso si offusca larealtà sacrificale dell’Eucaristia315.
Negare la differenza tra ciò che nell’Eucaristia è ex vi sacramenti e ciò che è ex vi concomitantiae, pur non essendo di fede, sarebbe erroneo e temerario, non solo per l’autoritàdel Concilio di Trento, che per chiarire maggiormente ilmistero usa queste frasi, ma anche perché la differenza di cui parliamo deriva chiaramente dai principi della fede316.
4º. L’unione ipostatica fa parte della concomitanza
Certi teologi sono arrivati a dire che il pronome possessivo mio, nella formula della consacrazione sia del pane che del vino, significherebbe l’unione ipostatica e,quindi, la divinità si troverebbe nell’Eucaristia in forza delsacramento. Ma non è così, perché le parole «Questo è il mioCorpo» significano solo «il Corpo di Cristo in quanto uomo
e, perciò, in quanto corpo umano, perché né la sussistenzané l’unione ipostatica sono della sua essenza e nemmeno sono le sue parti integranti; e il Corpo di Cristo Signore fuucciso e offerto in quanto umano, benché veramente unitoalla divinità. Quindi la divinità viene significata in esse[nelle parole della formula] solo in via secondaria e
315 Cfr. A. VONIER , La chiave della dottrina eucaristica, 226.316 Cfr. G. ALASTRUEY, Tratado de la Santísima Eucaristía, 146-147;SUÁREZ, De Euchar ., disp. 56, sec. 3; ISAMBERT, De sacr. Euch., ad q.76, disp. 1, a 2.
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consequenziale»317, concomitantemente, «non avendo mai ladivinità lasciato il Corpo che assunse»318.
Affermava S. Tommaso: «Con il pronome “mio”, cheimplica l’indicazione della prima persona, cioè di quella che parla, è sufficientemente espressa la persona di Cristo, nellaquale si proferiscono le parole, come si è detto»319.
5º. Mai si ha il Corpo senza il Sangue, né viceversa
Il caso di concomitanza che di solito provoca più
difficoltà è questo: « Attualmente né il Corpo è mai senza ilSangue, né il Sangue senza il Corpo nel sacrificio eucaristico. Per molta buona gente questa verità dogmatica ha fattodimenticare la nozione fondamentale del sacrificioeucaristico. Sembra che esse abbiano l’impressione che, perl’inseparabilità del Corpo e del Sangue, l’Eucaristia non siaun’immolazione abbastanza energica a meno che si cerchinoaltrove le caratteristiche di un vero sacrificio [...]. Non
offriamo a Dio nel sacrificio eucaristico le due cose che Egliama di più in questo mondo: il Corpo e il Sangue del Figlio suo? Che questo Corpo e questo Sangue siano circondati diogni sorta di gloria, che siano anche collegati l’un l’altro nondiminuisce certamente la perfezione del dono, né la sua precisa natura. Non vi sarebbe sacrificio se il dono fossequalcosa di meno del Corpo e del Sangue; ma perché la presenza di maggiori glorie nel Corpo e nel Sangue
317 NUÑO, In 3 p. S. Thom., q. 76, a. 1.318 S. Th., III, 76, 1, ad 1: «Quia enim Divinitas Corpus assumptumnunquam deposuit».319 S. Th., III, 78, 2, ad 4: «Per hoc pronomen “meum”, quod includitdemonstrationem primae personae, quae est persona loquentis,sufficienter exprimitur persona Christi, ex cuius persona haec
proferuntur».
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impedirebbe il sacrificio? Purché noi ci avviciniamo a Dio presentandoGli la Carne e il Sangue della vittima per mezzodel nostro ministero sacramentale noi compiamo un atto
sacerdotale esplicitamente qualificato. Che Dio si degni di fare dei nostri doni qualcosa di più ricco di quel che potrebbe fare il nostro solo ministero, non può creare confusione. Inqueste regioni sublimi della vita divina le realtà sonoinseparabili: si accompagnano le une con le altre, senzadistruggere reciprocamente la loro realtà individuale»320.
Fin qui l’incomparabile sfogo di un cuore
appassionatamente sacerdotale che dà un argomento adhominem, al suo livello, di molto valore. Noi tuttavia pensiamo che la risposta scientifica alla difficoltà deve essere,ripetiamo, questa: il modo di essere di una cosa si stabilisce daciò che la riguarda essenzialmente, non per quanto avvienecome per accidente. Se vediamo una caramella bianca, lavediamo perché è bianca, non perché è dolce, per quanto lacaramella bianca sia dolce. Poiché anche la dolcezza sta nella
vista al modo proprio della bianchezza, non al modo delladolcezza. Analogamente, a motivo del sacramento c’è solo lasostanza del Sangue separata dal Corpo del Signore con il suovalore sacrificale, e questo è adeguato all’Eucaristiaessenzialmente. C’è pure il suo Corpo, con il suo Sangue perconcomitanza, e il Sangue con il Corpo, per concomitanza, maquesto avviene come per accidens, perché avviene per
concomitanza. L’uno e l’altro si avranno per concomitanzanon al modo proprio di ciascuno, ma al modo propriodell’altra realtà sacramentale, cioè il Sangue sotto la specie di pane e il Corpo sotto la specie di vino, e ciò accade non di per sé, ma come per accidens.
320 A. VONIER , La chiave della dottrina eucaristica, 230-231.
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«Come per la consacrazione del pane comincia ad essere presente il Corpo di Cristo sotto questo sacramento, così perla consacrazione del vino incomincia a essere presente il
Sangue. Se dunque le parole della consacrazione del paneavessero il loro effetto prima della consacrazione del vino, succederebbe che in questo sacramento il Corpo di Cristocomincerebbe ad essere presente privo di Sangue. Il che nonè ammissibile»323. Argomento che scioglie in questo modo:« Dalla ragione esposta nella difficoltà sembra che siano stati ingannati quanti tennero la suddetta opinione. Si devedunque ricordare che, dopo la consacrazione del pane sono presenti nella specie del pane sia il Corpo di Cristo in forzadel sacramento [ex vi sacramenti] , sia il suo Sangue in forzadella reale concomitanza; invece dopo la consacrazione delvino, nelle specie del vino il Sangue di Cristo è presente in forza del sacramento, e il Corpo di Cristo per naturaleconcomitanza, cosicché tutto il Cristo è presente sotto l’unae sotto l’altra specie, come si è detto sopra»324.
Come dice Dom Vonier: « sopratutto l’aspetto sacrificale dell’Eucaristia può essere salvaguardato solo se si dà l’importanza che conviene a tutto ciò che si trova
323 S. Th., III, 78, 6, ob. 1: «Sicut enim per consecrationem panis incipitesse Corpus Christi sub hoc sacramento, ita per consecrationem viniincipit esse Sanguis. Si ergo verba consecrationis panis haberenteffectum suum ante consecrationem vini, sequeretur quod in hoc
sacramento inciperet esse Corpus Christi exsangue. Quod estinconveniens».324 S. Th., III, 78, 6, ad 1: «ex hac ratione videntur fuisse decepti illi qui
praedictam positionem posuerunt. Unde intelligendum est quod, factaconsecratione panis, est quidem Corpus Christi ibi ex vi sacramenti, etSanguis ex reali concomitantia; sed postmodum, post consecrationemvini, fit ibi e converso Sanguis Christi ex vi sacramenti, Corpus autemChristi ex reali concomitantia; ita quod totus Christus est sub utraquespecie, sicut supra dictum est [q. 76, a. 2]».
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nell’Eucaristia “in virtù del sacramento” (vi sacramenti). Dal punto di vista dogmatico inoltre questa distinzione è diimportanza vitale se si vuol difendere la fede antica [...].
Ricordiamoci, dal momento che Cristo è tutto in questo sacramento (benché non in virtù del sacramento), vi è per modum sacramenti , cioè non secondo il modo di esserenaturale, ma secondo un modo d’essere interamente nuovo,il modo di essere sacramentale…» 325 . E San Tommasoarriva a dire che c’è un doppio modo di essere del Corpo diCristo: un modo di essere secundum se e un altro nelsacramento, uno secondo il suo essere naturale, e un altrosecondo la sua presenza sacramentale: «Ora, per Cristo nonè la stessa cosa essere in sé ed essere nel sacramento: poiché dicendo che egli è nel sacramento, si indica una suarelazione con questo sacramento»326.
Indirettamente questo è anche confermato da un’altroargomento di San Tommaso: «quanto più grande è ciò controcui si pecca, tanto più grave è il peccato. E poiché la divinità di
Cristo è superiore alla sua umanità e l’umanità stessa è superiore ai sacramenti della sua umanità, i peccati più gravi sono quelli che si commettono direttamente contro la divinità,come i peccati d’incredulità e di bestemmia. Al secondo posto per gravità vengono i peccati che si commettono control’umanità di Cristo, tanto che si legge: “chi pecca contro il Figlio dell’uomo, otterrà il perdono; ma chi pecca contro lo
325 A. VONIER , La chiave della dottrina eucaristica, 227; en CollectedWorks, II 334: «above all, that the sacrificial aspect of the Eucharist issaved only through our giving due prominence to what is in the Eucharistvi sacramenti. Dogmatically, too, this distinction is supremely vital forthe defence of the ancient faith».326 S. Th., III, 76, 6, c.: «Christo autem non est idem esse secundum se, etesse sub sacramento, quia per hoc ipsum quod dicimus ipsum esse subsacramento, significatur quaedam habitudo eius ad hoc sacramentum».
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Spirito Santo, non otterrà il perdono né in questo secolo né inquello futuro” [Mt 12,32]. Al terzo posto ci sono i peccati che si commettono contro i sacramenti, i quali si ricollegano
all’umanità di Cristo. Dopo di essi vengono gli altri peccaticontro le semplici creature»327. Distinguendo tra umanità diCristo e suo sacramento.
Tornando alla differenza tra sacramento econcomitanza, il Card. Billot affermava: «tale affermazione,contenuta nel Concilio di Trento, è di grande importanza perla comprensione di tutto il mistero [eucaristico]. – Perché da
una parte, affermando che vi sacramenti sotto la specie del pane c’è solo il Corpo del Signore, e sotto la specie del vino solo il Sangue, si gettano le fondamenta della dottrina del sacrificio della Messa»328.
Ho la netta impressione che la dimenticanza di questochiarimento del mistero dell’Eucaristia, che getta lefondamenta della dottrina della Messa come sacrificio, ha
327 S. Th., III, 80, 5, c.: «Quanto id contra quod peccatur est maius, tanto peccatum est gravius. Et quia divinitas Christi est maior humanitateipsius; et ipsa humanitas est potior quam sacramenta humanitatis, indeest quod gravissima peccata sunt quae committuntur in ipsamdivinitatem, sicut est peccatum infidelitatis et blasphemiae. Secundarioautem sunt gravia peccata quae committuntur in humanitatem Christi,unde Matth. XII,[32] dicitur: “qui dixerit verbum contra Filium hominis,remittetur ei, qui autem dixerit verbum contra Spiritum Sanctum, non
remittetur ei neque in hoc saeculo neque in futuro”. Tertio autem locosunt peccata quae committuntur contra sacramenta, quae pertinent adhumanitatem Christi. Et post hoc sunt alia peccata, contra purascreaturas».328 L. BILLOT, De Ecclesiae Sacramentis, I, 459: «Haec assertio quaecontinetur in Tridentino [...], magni momenti est ad intelligentiam totiusmysterii. - Nam qua parte dicit esse sub specie panis vi sacramenti solumCorpus, et sub specie vini solum Sanguinem, fundamentum praestatdoctrinae suo loco exponendae de sacrificio Missae».
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indotto molti sacerdoti a cadere, benché involontariamente,nelle corruttele e devianze liturgiche che desolano tanticristiani e cristiane che, con serenità e semplicità, continuano
a combattere la buona battaglia della fede di sempre riguardoal Santo Sacrificio.
Accantonare questa dottrina è rendersi volontariamenteincapace di stare sempre pronti a rispondere a chiunque vidomandi ragione della speranza che è in voi (1Pt 3,15),cadendo in un fideismo eucaristico perché si è incapace di dareragione del perché la Messa è sacrificio.
6º. L’insegnamento di Pio XII
Vogliamo ora ricordare quanto insegna Pio XII nellasua enciclica Mediator Dei sulla natura del SacrificioEucaristico:
a) Non è una semplice commemorazione
« L’augusto sacrificio dell’altare non è, dunque, una pura e semplice commemorazione della passione e morte diGesù Cristo, ma è un vero e proprio sacrificio, nel quale,immolandosi incruentamente, il sommo sacerdote fa ciò che fece una volta sulla croce offrendo al Padre tutto se stesso,vittima graditissima. “Una... e identica è la vittima; quello
stesso che adesso si offre per il ministero dei sacerdoti, sioffrì allora sulla croce; è diverso soltanto il modo di farel’offerta” [Trento, sess. 22, c.2]».
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b) Confronto con quello della Croce
1) Stesso sacerdote
«87. Identico, quindi, è il sacerdote, Gesù Cristo, la cuiSacra Persona è rappresentata dal suo ministro. Questi, per laconsacrazione sacerdotale ricevuta, assomiglia al SommoSacerdote e ha il potere di agire in virtù e nella persona diCristo stesso [cfr. S. Th., III, 22, 4]; perciò, con la sua azione sacerdotale, in certo modo “presta a Cristo la sua lingua, glioffre la sua mano” [S. Giovanni Crisostomo]».
2) Stessa Vittima
«88. Parimenti identica è la Vittima, cioè il Divin Redentore, secondo la sua umana natura e nella realtà del suo Corpo e del suo Sangue».
3) Diverso il modo
«89. Differente, però, è il modo col quale Cristo è
offerto. Sulla Croce, difatti, egli offrì a Dio tutto se stesso ele sue sofferenze e l’immolazione della Vittima fu compiuta per mezzo di una morte cruenta liberamente subìta; sull’Altare invece, a causa dello stato glorioso della suaumana natura, “la morte non ha più dominio su di Lui”[Rom 6,9] e quindi non è possibile l’effusione del Sangue;ma la divina Sapienza ha trovato il modo mirabile di
rendere manifesto il sacrificio del Nostro Redentore con segni esteriori, che sono simboli di morte. Per mezzo dellatransustanziazione del pane nel Corpo e del vino nelSangue di Cristo, come si ha realmente presente il suoCorpo, così si ha il suo Sangue; le specie eucaristiche poi, sotto le quali è presente, simboleggiano la cruenta separazione del Corpo e del Sangue.
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Così il ricordo della sua morte reale sul Calvario siripete in ogni sacrificio dell’altare, perché per mezzo di simboli distinti si significa e dimostra che Gesù Cristo è in
stato di vittima»329
.
329 PIO XII, Mediator Dei, 86-89: «Augustum igitur altaris Sacrificiumnon mera est ac simplex Iesu Christi cruciatuum ac mortiscommemoratio, sed vera ac propria sacrificatio, qua quidem perincruentam immolationem Summus Sacerdos id agit, quod iam in Cruce
fecit, semel ipsum aeterno Patri hostiam offerens acceptissimam. “Una... eademque est hostia, idem nunc offerens sacerdotum ministerio, qui seipsum tunc in Cruce obtulit, sola offerendi ratione diversa” [Conc. Trid.Sess. XXII, c. 1: Concilio Oecumenicorum Decreta, EDB, Bologna19914, 733]»; «Idem itaque Sacerdos, Christus Iesus, cuius quidemsacram personam eius minister gerit. His siquidem, ob consecrationemquam accepit sacerdotalem, Summo Sacerdoti assimilatur, ac potestatefruitur operandi virtute ac persona ipsius Christi [cfr. S. THOMAS, S. Th.III, 22, 4]. Quamobrem actione sua sacerdotali Christo quodammodo
“linguam suam commodat, manum prorrigit” [IOANNES CHRYSOSTOMUS, In Ioann. Hom., 86,4]»; «Eadem pari modo victima est, divinus nempeRedemptor, secundum humanam naturam suam et in CorporisSanguinisque sui veritate»; «Dissimilis tamen ratio est, qua Christusoffertur. In Cruce enim totum semet ipsum suosque Deo obtulit dolores;victimae vero immolatio per cruentam mortem, libera voluntate obitam,effecta est. In ara autem, ob gloriosum humanae naturae suae statum,“mors illi ultra non dominabitur ” [Rom 6,9], ideoque sanguinis effusiohaud possibilis est; verumtamen ex divinae sapientiae consilio
Redemptoris nostri sacrificatio per externa signa, quae sunt mortisindices, mirando quodam modo ostenditur. Siquidem per panis“transubstantiationem” in Corpus vinique in Sanguinem Christi, ut eiuscorpus reapse praesens habetur, ita eius cruor: eucharisticae autemspecies, sub quibus adest, cruentam Corporis et Sanguinis separationemfigurant. Itaque memorialis demonstratio eius mortis, quae reapse inCalvarie loco accidit, in singulis altaris sacrificiis iteratur, quandoquidem
per distinctos indices Christus Iesus in statu victimae significatur atqueostenditur» (in AAS 39 [1947] 548-549; Enchiridion delle Encicliche,vol. 6, nn. 492-496, pp. 490-493).
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Con la duplice consacrazione sempre, inesorabilmente,si significa e si mostra la morte di Cristo in croce, realizzandosila mactatio [o immolazione] mystica330. Perciò la Messa è di
per se sacrificio e, ancor più, lo sarà sempre, nonostante quelliche affermano il contrario.
Per ciò anche Paolo VI insegnava: « I segni sacrosantidell’Eucaristia […] contengono Lui, Cristo, vivo e vero […] ,ma qui rappresentato nell’atto del suo sacrificio…»331.
7º. La gloria della Vittima non annulla il sacrificio
Il fatto che attualmente, a motivo della concomitanza,vi sia il Cristo risorto non distrugge il fatto chesacramentalmente sia contenuto il Christus passus. Non c’èné può esservi contraddizione, perché si trovano sotto aspettidiversi 332 . E che nell’Eucaristia sia contenuto il Christus passus non altera il fatto che a motivo della concomitanza visia il Cristo risorto, glorioso e immortale. Penso che,
analogamente a come le sante piaghe del Corpo glorioso delSignore lungi dallo sminuire la realtà della Resurrezione laesaltano in quanto ci parlano della grande opera delSacrificio della Croce, così pure il fatto che il Sangueseparato dal Corpo nell’Eucaristia rappresenti la Passione delSignore non sminuisce in nulla la dignità del Signoreresuscitato, ma anzi la esalta, e viceversa.
Perciò nella Messa diciamo: « Annunciamo la tuamorte, proclamiamo la tua Resurrezione».
330 L. BILLOT, De Ecclesiae Sacramentis, I, 613.331 PABLO VI, Omelia, nel XVII Congresso Eucaristico Nazionaled’Italia, Pisa 10-06-1965; in Insegnamenti III (1965), 337.332 S. Th., III, 76, 4, ad 1.
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La Resurrezione non annulla il sacrificio che fu la suaanteprima, né il sacrificio annulla la Resurrezione, che ne fuil culmine.
In modo assolutamente splendido l’Eucaristiacomprende i due grandi misteri della Pasqua del Signore,come le due facce della stessa moneta. È il Mistero Pasqualedella morte e resurrezione di Gesù Cristo!
L’ignoranza di questa distinzione fondamentale deidue modi della presenza del Signore nell’Eucaristia, ex vi sacramenti – ex vi concomitantiae, sanzionata dal Conciliodi Trento333, induce molti a oscurare, distorcere, dimenticareo negare la realtà sacrificale dell’Eucaristia, a non riuscire arendere compatibile il fatto che realmente vi è «il Corpo dato o offerto» (Lc 22,19; cfr. 1Cor 11,24) e «il Sangue versato»(Mt 26,28; Mc 14,24; Lc 22,20) dal punto di vista delsacramento, col fatto che dal punto di vista dellaconcomitanza vi è il Signore glorioso e immortale. Diceva
Dom Vonier: «...è grazie a questa distinzione fra la virtù del sacramento e la concomitanza che può essere mantenutol’aspetto sacrificale dell’Eucaristia»334.
Questo è emerso nell’ultimo Sinodo dei Vescovisull’Eucaristia. L’ Instrumentum laboris ci fa sapere che, inrisposta ai Lineamenta, da più parti si è chiesto unchiarimento dell’Eucaristia come sacrificio: «Si riscontra
nelle risposte e nelle osservazioni ai Lineamenta una diffusaesigenza di approfondire la natura sacrificaledell’Eucaristia e si chiede di esporre tale verità della nostra
333 Cfr. DH 1640.334 A. VONIER , La chiave della dottrina eucaristica, 221-222.
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13. Unità
« La custodia e la promozione della comunione ecclesiale è un compitodi ogni fedele, che trova nell’Eucaristia, quale sacramento dell’unità
della Chiesa, un campo di speciale sollecitudine»337.Giovanni Paolo II
L’Eucaristia significa e causa l’unità della Chiesa. Ilsecondo effetto del sacramento-sacrificio, la res tantum, ètale ineffabile realtà.
« L’Apostolo scrive: “Poiché uno è il pane, noi,benché molti, siamo un medesimo corpo, partecipando tuttidi un medesimo pane e di un medesimo calice” [1Cor10,17]. Da ciò risulta evidente che l’Eucaristia è il sacramento dell’unità ecclesiastica»338.
« L’effetto di questo sacramento [res sacramenti] èl’unità del Corpo mistico, senza la quale non ci può essere salvezza: poiché nessuno può salvarsi fuori della Chiesa,come nel diluvio nessuno si salvò fuori dell’arca di Noè, simbolo della Chiesa, come insegna S. Pietro [1Pt 3,20-21]. Ma abbiamo detto sopra che l’effetto di un sacramento si può ottenere prima di ricevere il sacramento, per mezzo delvoto stesso di accostarsi al sacramento. Perciò prima diricevere questo sacramento può l’uomo trovare salvezzadallo stesso desiderio di riceverlo, così come prima di
337 Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia, n. 42.338 S. Th., III, 73, 2, sc: «Apostolus dicit, I Cor. X,[17] “unus panis etunum corpus multi sumus, omnes qui de uno pane et uno calice
participamus”. Ex quo patet quod Eucharistia sit sacramentumecclesiasticae unitatis».
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ricevere il Battesimo, in virtù del desiderio di ricever il Battesimo...»339.
«Come dice S. Agostino spiegando il testo evangelicocitato, “per questo cibo e per questa bevanda”, che sono la sua Carne e il suo Sangue, “vuole intendere la società del suo Corpo e delle sue membra che è la Chiesa, formata dai suoi santi e dai suoi fedeli, predestinati, chiamati, giustificatie glorificati”. Per cui, com’egli stesso altrove fa osservare,“nessuno deve avere il minimo dubbio che ogni fedelediviene partecipe del Corpo e del Sangue del Signore nel
momento in cui col Battesimo diviene membro del Corpo diCristo: e dopo essere stato inserito nell’unità del Corpo diCristo uno non rimane privo della comunione di quel pane edi quel calice anche se, formando parte della unità delCorpo di Cristo, parte da questo mondo prima di mangiarequel pane e di bere quel calice”»340.
339 S. Th., III, 73, 3, c.: «Res sacramenti est unitas Corporis mystici, sinequa non potest esse salus, nulli enim patet aditus salutis extra Ecclesiam,sicut nec in diluvio absque arca Noe, quae significat Ecclesiam, uthabetur I Petr. III,[20-21]. Dictum est autem supra [q. 68, a. 2] quod resalicuius sacramenti haberi potest ante perceptionem sacramenti, ex ipsovoto sacramenti percipiendi. Unde ante perceptionem huius sacramenti,
potest homo habere salutem ex voto percipiendi hoc sacramentum, sicutet ante Baptismum ex voto Baptismi, ut supra dictum est [q. 68, a. 2]».340 S. Th., III, 73, 3, ad 1: «Sicut Augustinus dicit [ In Ioann. tr. 26, super
6,55: ML 35, 1614], exponens illud verbum Ioannis, “hunc cibum et potum”, scilicet Carnis suae et Sanguinis, “societatem vult intelligiCorporis et membrorum suorum, quod est Ecclesia, in praedestinatis etvocatis et iustificatis et glorificatis sanctis et fidelibus eius”. Unde, sicutipse dicit, in Epistola ad Bonifacium [ Ep. 97: ML 33, 364], “nulli estaliquatenus ambigendum tunc unumquemque fidelium CorporisSanguinisque Domini participem fieri, quando in baptismate membrumCorporis Christi efficitur, nec alienari ab illius panis calicisque consortio,etiam si, antequam panem illum comedat et calicem bibat, de hoc saeculoin unitate Corporis Christi constitutus abscedat».
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S. Tommaso si pone la seguente obiezione: «Questo sacramento unisce gli uomini a Cristo come membra alcapo. Ma Cristo è il capo di tutti gli uomini, anche di quelli
che vissero all’inizio del mondo, come si disse sopra. Dunque l’istituzione di questo sacramento non doveva esseredifferita fino alla Cena del Signore». E risponde:« L’Eucaristia è il sacramento perfetto della passione delSignore in quanto contiene il Cristo stesso che ha patito. Non poté perciò essere istituita prima dell’incarnazione:quello invece era il tempo dei sacramenti che dovevano prefigurare la passione del Signore»343.
Fu molto conveniente che nostro Signore istituissecome materia del sacrificio incruento il pane e il vino «inrapporto all’effetto relativo a tutta la Chiesa, la quale, secondo la Glossa posta a commento delle parole di S. Paolo: “Molti siamo un solo corpo” [1Cor 10,17] , ècostituita dalla diversità dei fedeli “come il pane deriva dachicchi diversi e il vino è spremuto da diversi grappoli
d’uva”» 344 « Le carni degli animali uccisi, quantunquerappresentino la passione di Cristo in modo più espressivo,
343 S. Th., III, 73, 5, ob. 2 y ad 2: «Per hoc sacramentum homines Christouniuntur sicut membra capiti. Sed Christus est caput omnium hominum,etiam qui fuerunt ab initio mundi, ut supra dictum est [q. 8, a. 3 et 6].Ergo non debuit institutio huius sacramenti differri usque ad cenam
Domini. […] Eucharistia est sacramentum perfectum Dominicae passionis, tanquam continens ipsum Christum passum. Et ideo non potuitinstitui ante incarnationem, sed tunc habebant locum sacramenta quaeerant tantum praefigurativa Dominicae passionis».344 S. Th., III, 74, 1, c.: «Quantum ad effectum respectu totius Ecclesiae,quae constituitur ex diversis fidelibus, sicut “panis conficitur ex diversisgranis, et vinum fluit ex diversis uvis”, ut dicit Glossa [Glossa ordin. 6,47 F; Glosa Lombardi: ML 191, 1624] super illud I Cor. X,[17] “multiunum corpus sumus”, etc…».
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tuttavia sono meno indicate per l’uso comune di questo sacramento e per esprimere l’unità della Chiesa»345.
Anche l’aggiunta di qualche goccia d’acqua al vinofatta nell’offertorio contribuisce a questa significazione,« poiché ciò concorre a esprimere l’effetto di questo sacramento, che è l’unione del popolo cristiano con Cristo;come infatti spiega il papa Giulio I, “nell’acqua è raffiguratoil popolo, mentre nel vino si ha il Sangue di Cristo. Quandodunque nel calice si aggiunge l’acqua al vino, il popolo siunisce a Cristo”»346.
L’effetto del sacramento si può scoprire anche dallespecie nelle quali è donato: «…l’effetto di questo sacramento si desume dalle specie sotto le quali ci viene dato. Osserva S. Agostino in proposito: “Il Signore nostro ci affidò il suoCorpo e il suo Sangue servendosi di sostanze che devono laloro unità a una pluralità di cose: la prima infatti”, cioè il pane, “diviene un’unica sostanza da molti grani; la
seconda”, cioè il vino, “lo diviene dal confluire di moltichicchi di uva”. E per questo altrove esclama: “O sacramento di pietà, segno di unità, o vincolo di carità!”.Ora, considerando che Cristo e la sua passione è la causadella grazia, e che la refezione spirituale e la carità non si
345 S. Th., III, 74, 1, ad 1: «Licet carnes animalium occisorum expresserepraesentent Christi passionem, tamen minus competunt ad communemusum huius sacramenti, et ad ecclesiasticam unitatem significandam».346 S. Th., III, 74, 6, c.: «Quia hoc convenit ad significandum effectumhuius sacramenti, qui est unio populi christiani ad Christum, quia, utIulius Papa dicit [cfr. Gratianum, Decretum, P. III De cons., dist. 2, can.7 Cum omne], “videmus in aqua populum intelligi, in vino vero ostendiSanguinem Christi. Ergo, cum in calice vino aqua miscetur, Christo
populus adunatur”».
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Unità
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Adesso l’unità e la pace si ottengono in modoimperfetto; non così nella gloria: « Altrettanto si dica dellarefezione di questo cibo spirituale e dell’unità significata
dalle specie del pane e del vino: tali effetti si hanno, è vero,al presente, però in maniera imperfetta; perfettamente essi siottengono nello stato di gloria. Osserva in merito S. Agostino a commento delle parole di Gesù, “la mia carne èvero cibo” [Gv 6,55]: “Gli uomini che col mangiare e colbere desiderano di togliersi la fame e la sete, non ci riescono propriamente se non con questo cibo e con questa bevanda,che rende i suoi consumatori immortali e incorruttibili nella società dei santi, dove sarà pace e unità piena e perfetta”»349.
«Come sacramento l’Eucaristia produce il suo effettoin due modi: primo, direttamente per virtù del sacramento; secondo, quasi per una certa concomitanza, come si è detto a proposito di quanto è contenuto nel sacramento. In virtù del sacramento essa ha direttamente l’effetto per il quale è stataistituita. Ora, l’Eucaristia non è stata istituita al fine di
soddisfare, bensì al fine di nutrire spiritualmente per l’unionecon Cristo e con le sue membra, ossia come il nutrimento siunisce a chi se ne ciba. Compiendosi però tale unionemediante la carità, per il cui fervore si ha la remissione non solo della colpa ma anche della pena, per una certaconcomitanza con l’effetto principale l’uomo ottiene anche la
349 S. Th., III, 79, 2, c.: «Refectio spiritualis cibi, et unitas significata perspecies panis et vini, habentur quidem in praesenti sed imperfecte,
perfecte autem in statu gloriae. Unde Augustinus dicit [ In Ioann., tr. 26:ML 35, 1614], super illud Ioan. VI,[56] “caro mea vere est cibus”, “cumcibo et potu id appetant homines ut non esuriant neque sitiant, hocveraciter non praestat nisi iste cibus et potus, qui eos a quibus sumiturimmortales et incorruptibiles facit in societate sanctorum, ubi pax erit etunitas plena atque perfecta”».
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Unità
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Cristo, ossia la società dei santi. Chi dunque si accostaall’Eucaristia, per ciò stesso dichiara di essere unito a Cristoe incorporato alle sue membra. Ma questo si attua per mezzo
della fede formata [dalla carità] , che nessuno ha quando è in peccato mortale. È chiaro dunque che chi riceve l’Eucaristiacon il peccato mortale commette una falsità nei riguardi diquesto sacramento. Perciò si macchia di sacrilegio come profanatore del sacramento. E quindi pecca mortalmente»351.
«Cristo, apparendo visibilmente nella sua specie, non si lasciava toccare dagli uomini in segno della loro unione
spirituale con lui, come invece si offre per essere assunto inquesto sacramento. Perciò i peccatori toccandolo nella sua propria specie non commettevano un peccato di falsitàcontro le cose divine, come lo commettono i peccatori chericevono questo sacramento.
Inoltre Cristo possedeva allora una carne “simile aquella di peccato”: perciò era giusto che si lasciasse toccare
dai peccatori. Ma una volta eliminata dalla gloria dellaresurrezione la somiglianza con la carne di peccato nonvolle essere toccato dalla donna, che mancava di fede nei suoi riguardi, dicendole: “Non mi toccare, perché non sono
351 S. Th., III, 80, 4, c.: «In hoc sacramento, sicut in aliis, id quod estsacramentum est signum eius quod est res sacramenti. Duplex autem est
res huius sacramenti, sicut supra dictum est [q. 60, a. 3, sc; q. 73, a. 6],una quidem quae est significata et contenta, scilicet ipse Christus; aliaautem est significata et non contenta, scilicet Corpus Christi mysticum,quod est societas sanctorum. Quicumque ergo hoc sacramentum sumit,ex hoc ipso significat se esse Christo unitum et membris eiusincorporatum. Quod quidem fit per fidem formatam, quam nullus habetcum peccato mortali. Et ideo manifestum est quod quicumque cum
peccato mortali hoc sacramentum sumit, falsitatem in hoc sacramentocommittit. Et ideo incurrit sacrilegium, tanquam sacramenti violator. Et
propter hoc mortaliter peccat».
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ancora salito al Padre mio” [Gv 20,17]; cioè “nel tuocuore”, come spiega S. Agostino. Così i peccatori, che neiriguardi di lui mancano di fede formata [dalla carità] , sono
esclusi dal contatto di questo sacramento»352
. Riguardo a coloro che sono separati dalla fede
cattolica: «è più grave l’impedimento della carità stessa chel’impedimento del suo fervore. Di conseguenza il peccatod’incredulità che separa radicalmente l’uomo dall’unitàdella Chiesa, parlando in senso assoluto, indispone l’uomo più di ogni altro peccato a ricevere l’Eucaristia, che è il
sacramento di tale unità, come si è detto. Quindi unincredulo pecca più gravemente ricevendo questo sacramento che un credente peccatore, e più gravementeoltraggia Cristo presente in questo sacramento, specialmente se non crede alla sua reale presenza; perché, per quanto dipende da lui, sminuisce la santità di questo sacramento e la virtù di Cristo che opera in esso: ciòequivale a disprezzare il sacramento in se stesso. Il fedele
invece, che si comunica cosciente di essere in peccato, non profana questo sacramento in se stesso, ma ne profanal’uso, ricevendolo indegnamente. Ecco perché l’Apostolo,
352 S. Th., III, 80, 4, ad 1: «Christus in propria specie apparens nonexhibebat se tangendum hominibus in signum spiritualis unionis adipsum, sicut exhibetur sumendus in hoc sacramento. Et ideo peccatores
eum in propria specie tangentes non incurrebant crimen falsitatis circadivina, sicut peccatores sumentes hoc sacramentum. Et praeterea Christusadhuc gerebat “similitudinem carnis peccati”, et ideo convenienter se
peccatoribus tangendum exhibebat. Sed, remota similitudine carnis peccati per gloriam resurrectionis se tangi prohibuit a muliere, quaedefectum fidei circa ipsum patiebatur, secundum illud Ioan. XX,[17]“noli me tangere, nondum enim ascendi ad Patrem meum”, scilicet “incorde tuo”, ut Augustinus exponit [ In Ioann., tr. 121, super 20,17: ML35, 1957]. Et ideo peccatores, qui defectum fidei patiuntur formatae circaipsum, repelluntur a contactu huius sacramenti».
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4: AAS 85 [1993] 839-840]. Solo in questo contesto si ha lalegittima celebrazione dell’Eucaristia e la vera partecipazione ad essa. Perciò risulta un’esigenza intrinseca
all’Eucaristia che essa sia celebrata nella comunione, econcretamente nell’integrità dei suoi vincoli […]. La comunione ecclesiale dell’assemblea eucaristica è
comunione col proprio Vescovo e col Romano Pontefice. IlVescovo, in effetti, è il principio visibile e il fondamentodell’unità nella sua Chiesa particolare [LG, 23]. Sarebbe pertanto una grande incongruenza se il Sacramento pereccellenza dell’unità della Chiesa fosse celebrato senza unavera comunione col Vescovo. Scriveva sant’Ignazio di Antiochia: “Si ritenga sicura quell’Eucaristia che si realizza sotto il Vescovo o colui a cui egli ne ha dato incarico” [PG5,713]. Parimenti, poiché “il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudinedei fedeli” [LG, 23] , la comunione con lui è un’esigenza
intrinseca della celebrazione del Sacrificio eucaristico. Diqui la grande verità espressa in vari modi dalla Liturgia:“Ogni celebrazione dell’Eucaristia è fatta in unione non solo con il proprio Vescovo ma anche con il Papa, conl’Ordine episcopale, con tutto il clero e con l’intero popolo.Ogni valida celebrazione dell’Eucaristia esprime questauniversale comunione con Pietro e con l’intera Chiesa,oppure oggettivamente la richiama, come nel caso delle
Chiese cristiane separate da Roma” [CDF, Communionisnotio, 14: AAS 85 [1993] 847].
L’Eucaristia crea comunione ed educa allacomunione. San Paolo scriveva ai fedeli di Corintomostrando quanto le loro divisioni, che si manifestavano nelleassemblee eucaristiche, fossero in contrasto con quello checelebravano, la Cena del Signore. Conseguentemente
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di Dio, in modo che il suo fondamento ultimo è ladeterminazione divina, che è definitiva ma non arbitraria, edopera secondo convenienze specifiche. Ha voluto che i
sacramenti fossero come sono, e lo sono e lo saranno.Questa realtà è così al punto che anche le stesse
famiglie rituali, antiocheno-bizantina, romana e copta, che prendono origine delle tre sedi primaziali nella Chiesa, in base al canone VI del Concilio di Nicea363 sono in rapporto atradizioni derivanti da San Pietro, Principe degli Apostoli e primo Papa.
Antiochia, dove si era dato per la prima volta il nomedi «cristiani» (At 11,26) ai nostri fratelli, era la capitale dellaSiria, ambito culturale e linguistico in cui si ebbe larivelazione di Dio.
In fine, l’Eucaristia è una realtà che viene da Dio econduce a Dio.
363 «Gli antichi costumi di Egitto, Libia e Pentapoli si conservano, perché
il vescovo di Alessandria ha autorità su tutti questi luoghi, così come unacostume simile esiste in riferimento al vescovo di Roma. Similmente inAntiochia e nelle altre province saranno conservate le prerogative dellechiese»; Cfr. J. R ATZINGER , Introduzione allo spirito della liturgia, SanPaolo, Cinisello Balsamo 2001, 156-157: «il sesto canone del concilio di
Nicea, che parla delle tre sedi primaziali nella Chiesa: Roma,Alessandria, Antiochia. In questa sede non è necessario approfondireulteriormente il fatto che tutte e tre queste sedi stiano in stretto rapportocon le tradizioni petrine. Si tratta comunque, in tutti i tre casi, di punti dicristallizazione della tradizione liturgica».
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Dio
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a) Dio
L’Eucaristia ci rende partecipi di Dio: « Il secondo
significato riguarda l’effetto presente, cioè l’unità dellaChiesa in cui gli uomini vengono congregati per mezzo diquesto sacramento. Per tale motivo esso si denominacomunione o sinassi: spiega infatti il Damasceno, che “si dicecomunione, perché mediante l’Eucaristia comunichiamo conil Cristo, sia in quanto partecipiamo della sua umanità edivinità, sia in quanto comunichiamo e ci uniamo tra noivicendevolmente”»364 . « In greco si dice pure “metalessi”,
ossia assunzione, perché, come spiega il Damasceno, “conessa noi assumiamo la divinità del Figlio”»365.
Ci ottiene la salvezza poiché è propiziazione davantia Dio per la fede nel Sangue di Cristo: «…senza la fede nellala passione di Cristo non si poteva mai realizzare la salvezza, in conformità alle parole di S. Paolo: “Dio ha prestabilito Cristo come propiziazione per la fede nel suo
sangue” [Ro 3,25]. Era quindi necessario che in ogni tempo presso gli uomini qualche cosa rappresentasse la passionedel Signore. Di essa nel Vecchio Testamento il simbolo principale era l’agnello pasquale; tanto che l’Apostoloafferma: “Qual nostra Pasqua è stato immolato il Cristo”[1Cor 5,7]. Ora, nel Nuovo Testamento lo succedette il
364 S. Th., III, 73, 4, c.: «Aliam autem significationem habet respectu rei
praesentis, scilicet ecclesiasticae unitatis, cui homines congregantur perhoc sacramentum. Et secundum hoc nominatur “communio” vel“synaxis”, dicit enim Damascenus, IV libro [ De Fide Orth., c. 13: MG94, 1153], quod “dicitur ‘communio’, quia communicamus per ipsamChristo; et quia participamus eius carne et deitate; et quiacommunicamus et unimur ad invicem per ipsam”».365 Ibidem: «Dicitur etiam in graeco “metalepsis”, idest “assumptio”,quia, ut Damascenus dicit [ De Fide Orth., L. 4, c. 13: MG 94, 1153],“per hoc Filii deitatem assumimus”».
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buon sacerdote non fa niente di più di un sacerdote cattivo: perché il mistero si compie non secondo i meriti delconsacrante, ma per la parola del Creatore e per la virtù
dello Spirito Santo”»378
.Quando si domanda se il sacerdote peccatore possa
celebrare l’Eucaristia cita San Giovanni Damasceno e PapaGelasio: « Il Damasceno afferma che “il pane e il vino perl’intervento dello Spirito Santo si convertono soprannaturalmente nel Corpo e nel Sangue del Signore”. Ma il Papa Gelasio si domanda: “Come potrà intervenire lo
Spirito celeste, invocato per la consacrazione del divin sacramento, se il sacerdote che ne implora la presenza sirivela pieno di atti peccaminosi?”. Perciò l’Eucaristia non può essere consacrata da un cattivo sacerdote...». Erisponde: « Prima di quelle parole il Papa Gelasio aveva scritto: “La santa religione che segue la disciplina cattolica,esige tanta riverenza che nessuno deve osare di venire adessa se non con pura coscienza”. Da questo appare evidente
che egli intendeva distogliere il sacerdote peccatoredall’accedere a questo sacramento. Perciò le parole seguenti: “Come potrà intervenire lo Spirito celeste...?”, sono da intendersi nel senso che lo Spirito intervienecomunque non per merito del sacerdote, ma per la virtù diCristo, le cui parole vengono proferite dal sacerdote»379.
378 S. Th., III, 82, 5, sc: «Augustinus dicit […] “intra Ecclesiamcatholicam, in mysterio Corporis et Sanguinis Domini, nihil a bonomaius, nihil a malo minus perficitur sacerdote, quia non in meritoconsecrantis, sed in verbo perficitur Creatoris, et in virtute SpiritusSancti”».379 S. Th., III, 82, 5, ob. 2 y ad 2: «Damascenus dicit, in IV libro [ De fideOrth., c. 13: PG 94, 1145], quod “panis et vinum, per adventum SanctiSpiritus, supernaturaliter transit in Corpus Domini et Sanguinem”. SedGelasius Papa dicit [ Epist., Fragm. 7], et habetur in Decretis, I, qu. I,
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“Poiché gli uomini hanno l’abitudine di mangiare il pane edi bere il vino, Dio ha unito a queste cose la sua divinità e leha fatte Corpo e Sangue suo”. E più sotto: “Il pane della
comunione non è semplice pane, ma è pane unito alladivinità”... Dio ha unito “la sua divinità”, ossia la sua virtùdivina, al pane e al vino, non perché essi rimanessero inquesto sacramento, bensì allo scopo di farne il suo Corpo eil suo Sangue»382.
«S. Agostino afferma: “Dio non è la causa dellatendenza al non essere”. Ma questo sacramento si compie
per virtù divina. Dunque in essa la sostanza del pane e delvino non viene annichilata»383. Dio realizza una conversione soprannaturale:
«Questa conversione però non è simile alle conversioninaturali, ma è del tutto soprannaturale, compiuta dalla sola potenza di Dio»384.
La conversione che si realizza in ogni Eucaristia è
assolutamente singolare e sempre e in ogni caso è realizzatadalla potenza infinita di Dio: « È chiaro infatti che ogni enteopera in quanto è in atto. Ma ogni agente creato è limitato
382 S. Th., III, 75, 2, ob. 1 e ad 1: «Dicit enim Damascenus, in libro IV[ De Fide Orth., c.13: MG 94,1144. 1149], “quia consuetudo esthominibus comedere panem et vinum, coniugavit eis deitatem, et fecit eaCorpus et Sanguinem suum”. Et infra, “panis communicationis non panis
simplex est, sed unitus deitati”»; «Deus coniugavit divinitatem suam,idest divinam virtutem, pani et vino, non ut remaneant in hocsacramento, sed ut faciat inde Corpus et Sanguinem suum».383 S. Th., III, 75, 3, sc: «Augustinus dicit, […] “Deus non est causatendendi in non esse”. Sed hoc sacramentum divina virtute perficitur.Ergo in hoc sacramento non annihilatur substantia panis aut vini».384 S. Th., III, 75, 4, c.: «Haec tamen conversio non est similisconversionibus naturalibus, sed est omnino supernaturalis, sola Deivirtute effecta».
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Dio
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Qui Dio opera efficacemente e sacramentalmente,cioè per significazione: « Nella creazione agì la stessa parola di Dio che opera anche in questo sacramento, ma in
modo diverso. Infatti qui essa opera sacramentalmente,ossia secondo la forza della significazione. Perciò ènecessario indicare in questa forma l’ultimo effetto dellaconsacrazione mediante un verbo sostantivo, di modoindicativo e di tempo presente. Nella creazione delle coseinvece la parola di Dio operò soltanto come causaefficiente: e l’efficienza deriva dal comando della sua sapienza. Ecco perché nella creazione delle cose la paroladi Dio si esprime con un verbo di modo imperativo, p. es.:“si faccia la luce: e la luce fu” [Gen 1,3]»390.
– Nel sostentare gli accidenti senza soggetto proprio:« Perciò si deve concludere che in questo sacramento gliaccidenti rimangono senza soggetto. E la cosa è possibile pervirtù divina. Perché, dipendendo l’effetto dalla causa prima piùancora che dalla causa seconda, Dio, causa prima della
sostanza e dell’accidente, con la sua infinita virtù puòconservare in essere l’accidente anche quando sia venuta menola sostanza, la quale lo conservava in essere come causa propria; così come può produrre senza le cause naturali altri
390 S. Th., III, 78, 2, ad 2: «Sermo Dei operatus est in creatione rerum, quietiam operatur in hac consecratione, aliter tamen et aliter. Nam hicoperatur sacramentaliter, idest secundum vim significationis. Et ideooportet in hoc sermone significari ultimum effectum consecrationis perverbum substantivum indicativi modi et praesentis temporis. Sed increatione rerum operatus est solum effective, quae quidem efficientia est
per imperium suae sapientiae. Et ideo in creatione rerum exprimitursermo Dominicus per verbum imperativi modi, secundum illud Gen. I,[3]“fiat lux, et facta est lux”».
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Dio
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non viene concesso agli accidenti di essere senza soggetto in forza della loro essenza, ma per la virtù divina che li sostenta. Quindi non cessano di essere accidenti; perché né
si toglie ad essi la definizione di accidenti, né compete adessi la definizione della sostanza»393.
«Questi accidenti hanno acquistato la loroindividualità dalla sostanza del pane e del vino e, dopo chequesta si è cambiata nel Corpo e nel Sangue del Cristo, siconservano per virtù divina nella loro individualità di prima. Rimangono perciò singolari e sensibili»394.
« Rarefazione e densità sono qualità che i corpiderivano dall’avere essi dentro le loro dimensioni poca omolta materia: al pari di tutti gli altri accidenti essederivano dai principii della sostanza. Perciò, come sparendola sostanza vengono conservati per virtù divina gli altriaccidenti, così sparendo la materia si conservano per virtù
393 S. Th., III, 77, 1, ad 2: «Cum ens non sit genus, hoc ipsum quod estesse, non potest esse essentia vel substantiae vel accidentis. Non ergodefinitio substantiae est “ens per se sine subiecto”, nec definitioaccidentis “ens in subiecto” sed quidditati seu essentiae substantiae“competit habere esse non in subiecto”; quidditati autem sive essentiae
accidentis “competit habere esse in subiecto”. In hoc autem sacramentonon datur accidentibus quod ex vi suae essentiae sint sine subiecto, sedex divina virtute sustentante. Et ideo non desinunt esse accidentia, quianec separatur ab eis definitio accidentis, nec competit eis definitiosubstantiae».394 S. Th., III, 77, 1, ad 3: «Huiusmodi accidentia acquisierunt esseindividuum in substantia panis et vini, qua conversa in Corpus etSanguinem Christi, remanent virtute divina accidentia in illo esseindividuato quod prius habebant. Unde sunt singularia et sensibilia».
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S. Paolo, “offrì se stesso come vittima a Dio” [Ef 5,2], hanatura di sacrificio»398.
La potenza dell’Agente principale opera attraverso lealtre potenze partecipate e usate da Lui: « La virtù sacramentale risiede in più elementi e non in uno soltanto:la virtù del Battesimo, p. es., sta nelle parole e nell’acqua. Perciò anche la virtù di consacrare non risiede soltantonelle parole, ma anche nel potere conferito al sacerdotenella sua consacrazione o ordinazione, quando gli vien dettodal vescovo: “Ricevi il potere di offrire nella Chiesa il
sacrificio tanto per i vivi quanto per i morti”. Infatti la virtù strumentale risiede nei molteplici strumenti per mezzo deiquali agisce l’agente principale»399.
I fedeli cristiani laici, a motivo del Battesimo, sonoresi capaci di offrire sacrifici spirituali a Dio: «Un laico giusto è unito a Cristo spiritualmente per mezzo della fede edella carità, ma non per mezzo del potere sacramentale [del
Ordine Sacro]. Possiede perciò il sacerdozio spirituale peroffrire le ostie spirituali di cui parla il Salmista: “È sacrificio dinanzi a Dio un cuore contrito” [50,19]; e ancheS. Paolo: “Offrite i vostri corpi come ostia vivente” [Rm
398 S. Th., III, 79, 7, c.: «Inquantum enim in hoc sacramento
repraesentatur passio Christi, qua “Christus obtulit se hostiam Deo”, utdicitur Ephes. V,[2] habet rationem sacrificii».399 S. Th., III, 82, 1, ad 1: «Virtus sacramentalis in pluribus consistit, etnon in uno tantum, sicut virtus Baptismi consistit et in verbis et in aqua.Unde et virtus consecrativa non solum consistit in ipsis verbis, sed etiamin potestate sacerdoti tradita in sua consecratione vel ordinatione, cum eidicitur ab episcopo, “accipe potestatem offerendi sacrificium in Ecclesiatam pro vivis quam pro mortuis”. Nam et virtus instrumentalis in
pluribus instrumentis consistit, per quae agit principale agens».
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15. Mistero – miracolo
« Mysterium fidei»403.Messale Romano
L’Eucaristia è «una singolare abbondanza e varietà dimiracoli»; «miracolo massimo nel suo genere»404.
Leone XIII
1. Che cosa opera?
Nell’Eucaristia Dio Onnipotente opera il mistero e ilmiracolo. Mistero perché contiene realtà che oltrepassano lacapacità di ogni intelletto creato, anche se gli potessimomettere insieme tutti; e miracolo perché oltrepassa ciò che può fare ogni potenza creata, anche se le potessimo sommaretutte.
Così Dio, per sua potenza, trasforma tutta la sostanzadel pane e del vino in tutta la sostanza del Corpo e delSangue del Signore, e acclude ciò che va unito ed essiinseparabilmente.
a) Mistero
Citando ad Eusebio San Tommaso dice: «“Stando
per sottrarre agli sguardi degli altri il Corpo che avevaassunto per trasferirlo in cielo, era necessario che nel
403 Messale Romano, 91.404 Lettera Enciclica Mirae caritatis, n 7: «singulari quadam miraculorumcopia et varietate», «miraculum, unum omnium in suo genere maximum»(in ASS 34 [1901-02] 122; in Enchiridion delle Encicliche, EDB,Bologna 1997, vol. 3, n. 1564).
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giorno della Cena consacrasse per noi il sacramento del suoCorpo e del suo Sangue, perché fosse per sempre onoratonel mistero ciò che una sola volta veniva offerto in
riscatto”»405
.E citando Sant’Agostino: «“Il Salvatore per far
capire con più efficacia la grandezza di questomistero…”»406.
E la Glossa: « L’Apostolo parlando di questo sacramento scrive: “C’è chi resta con la fame e chi siubriaca” [1Cor 11,21], e la Glossa commenta: “Rimproveracoloro che dopo la celebrazione del sacro mistero e laconsacrazione del pane e del vino…”»407.
Così pure il Crisostomo «commentando il testoevangelico “Ne uscì subito sangue e acqua” [Gv 19,34], scriveva: “Poiché di là hanno inizio i sacri misteri, quandoti accosti al calice tremendo, accostati come se tu dovessibere allo stesso costato di Cristo”. E il Signore medesimo
afferma: “Questo è il mio Sangue che per voi sarà sparso per la remissione dei peccati” [Mt 26,28]»408.
405 S. Th., III, 73, 5, c.: «[Cf. GRATIANUM, Decretum, P. III. De cons.,dist. II, can. 35. Quia corpus (RF I, 1325)]: “Quia Corpus assumptumablaturus erat ab oculis et illaturus sideribus, necesse erat ut die cenaesacramentum Corporis et Sanguinis sui consecraret nobis, ut colereturiugiter per mysterium quod semel offerebatur in pretium”».406 Ibidem: «[ Ep. 64, cap. 6: ML 33, 203]:“Salvator, quo vehementiuscommendaret mysterii illius altitudinem…”».407 S. Th., III, 77, 6, sc: «Apostolus, I Cor. XI,[21] loquens de hocsacramento, dicit, “alius quidem esurit, alius autem ebrius est”, ubi dicitGlossa [Glossa LOMBARDI: ML 191, 1639] quod “notat illos qui, postcelebrationem sacri mysterii et consecrationem panis et vini…”».408 S. Th., III, 79, 1, c.: «Unde super illud Ioan. XIX,[34] “continuo exivitsanguis et aqua”, dicit Chrysostomus [ In Ioann., hom.85: MG 59, 463],
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L’Angelico si pone questa obiezione: « È necessarioallontanare dall’uomo ogni occasione di errore, comeraccomanda Isaia: “Togliete dalla via del mio popolo ogni
inciampo” [Is 57,14]. Ma taluni errarono pensando che ilCorpo e il Sangue di Cristo siano in questo sacramentomisticamente soltanto. Dunque non era opportuno che inquesta forma si dicesse: “mistero di fede”»409. Alla qualerisponde: « La parola “mistero” è usata qui non perescludere la realtà, ma per sottolineare il suo occultamento. Perché in questo sacramento il Sangue stesso di Cristo è presente in modo occulto; e la sua passione stessa fuoccultamente raffigurata nel Vecchio Testamento»410.
Insiste ancora in un’altra difficoltà: «Sopra abbiamodetto che, come il Battesimo è “il sacramento della fede”,così l’Eucaristia è “il sacramento della carità”. Perciò inquesta forma non “di fede”, ma “di carità” si sarebbedovuto parlare»411. E confuta: « L’Eucaristia è denominata
“quia hinc suscipiunt principium sacra mysteria, cum accesseris adtremendum calicem, vel ab ipsa bibiturus Christi costa, ita accedas”.Unde et ipse Dominus dicit, Matth. XXVI,[28] “hic est Sanguis meus,qui pro vobis effundetur in remissionem peccatorum”».409 S. Th., III, 78, 3, ob. 5: «Occasiones erroris sunt hominibussubtrahendae, secundum illud Isaiae LVII,[14] “auferte offendicula devia populi mei”. Sed quidam erraverunt aestimantes mystice solum esseCorpus et Sanguinem Christi in hoc sacramento. Ergo in hac forma
inconvenienter ponitur “mysterium fidei”».410 S. Th., III, 78, 3, ad 5: «“Mysterium” hic ponitur, non quidem adexcludendum rei veritatem, sed ad ostendendum occultationem. Quia etipse Sanguis Christi occulto modo est in hoc sacramento; et ipsa passioChristi occulte fuit figurata in Veteri Testamento».411 S. Th., III, 78, 3, ob. 6: «Supra dictum est quod [73, 3, ad 3; 74, 4, ad3], sicut Baptismus est “sacramentum fidei”, ita Eucharistia est“sacramentum caritatis”. Ergo in hac forma magis debuit poni “caritas”quam “fides”».
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“sacramento di fede” perché oggetto di fede: che il Sanguedi Cristo infatti sia realmente presente in questo sacramento si crede solo per fede. Inoltre la passione stessa di Cristo
giustifica per mezzo della fede. Il Battesimo invece è detto“sacramento della fede” in quanto ne è una professione[dichiarazione o confessione pubblica]. L’Eucaristia è poi“il sacramento della carità” nel senso che la significa e lacausa»412.
« Il Salvatore infatti per far risaltare con evidenzamaggiore l’altezza di quel mistero, lo volle imprimere per
ultimo profondamente nei cuori e nella memoria deidiscepoli»413 alla fine della sua vita.
«Ora invece, dovendosi più frequentemente celebrarei sacri misteri...»414.
« Da parte invece di coloro che si comunicanooccorre somma riverenza e cautela, perché non accada nullache offenda un così grande mistero»415.
412 S. Th., III, 78, 3, ad 6: «Dicitur “sacramentum fidei”, quasi fideiobiectum, quia quod Sanguis Christi secundum rei veritatem sit in hocsacramento, sola fide tenetur. Ipsa etiam passio Christi per fidemiustificat. Baptismus autem dicitur “sacramentum fidei” quia estquaedam fidei protestatio. Hoc autem est “sacramentum caritatis” quasifigurativum et effectivum».413
S. Th., III, 80, 8, ad 1: «[AGUSTINUS, Ep. 54, cap. 6: ML 33, 203]:“Namque Salvator, quo vehementius commendaret mysterii illiusaltitudinem, ultimum hoc voluit infigere cordibus et memoriaediscipulorum”».414 S. Th., III, 80, 8, ad 6: «Nunc autem, quia oportet frequentius sacramysteria celebrare…».415 S. Th., III, 80, 12, c: «Ex parte autem sumentium requiritur summareverentia, et cautela ne aliquid accidat quod vergat in iniuriam tantimysterii».
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« Il Crisostomo afferma: “Giuda, pur partecipando aimisteri, non si convertì. E così il suo delitto è per ogni verso più enorme: sia perché si accostò ai misteri con quel cattivo
proposito, sia perché dopo averli ricevuti non divennemigliore, né per il timore, né per la gratitudine né perl’onore”»416.
«S. Agostino ha scritto: “Nella Chiesa cattolicariguardo al mistero del Corpo e del Sangue del Signore unbuon sacerdote non fa niente di più di un sacerdotecattivo...”»417.
«S. Gregorio esclama: “Oh in quale grande illusionecadono coloro che reputano i divini e occulti misteri poteressere da alcuni santificati di più che da altri: mentre li santifica l’unico e identico Spirito Santo operandooccultamente e invisibilmente”. Ma questi occulti misterivengono celebrati nella Messa. [...] Si riferisce alla santitàdel divino sacramento»418.
«Veniamo finalmente a considerare il rito di questo sacramento.
416 S. Th., III, 81, 2, sc: «Chrysostomus dicit [ In Ioann., tr. 62: MG 35,1802], “Iudas, particeps existens mysteriorum, conversus non est. Undefit scelus eius utrinque immanius, tum quia tali proposito imbutus adiitmysteria; tum quia adiens melior factus non fuit, nec metu nec beneficionec honore”».
417 S. Th., III, 82, 5, sc: «Augustinus dicit […] “intra EcclesiamCatholicam, in mysterio Corporis et Sanguinis Domini, nihil a bonomaius, nihil a malo minus perficitur sacerdote…”».418 S. Th., III, 82, 6, ob. 1 e ad 1: «Dicit enim Gregorius, […] “in quammagnum laqueum incidunt qui divina et occulta mysteria plus ab aliissanctificata fieri posse credunt, cum unus idemque Spiritus Sanctus eamysteria occulte atque invisibiliter operando sanctificet!”. Sed haecocculta mysteria celebrantur in Missa»; «loquitur ibi quantum adsanctitatem divini sacramenti».
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…se nella celebrazione di questo mistero ci sial’immolazione di Cristo.
…le altre cose che si riferiscono alla celebrazione di
questo mistero. …le cerimonie che si compiono nella celebrazione diquesto mistero»419.
« Nell’Eucaristia si compendia tutto il mistero dellanostra salvezza: perciò essa si celebra con maggiore solennità degli altri sacramenti. E, poiché sta scritto: “Badaai tuoi passi nell’avviarti alla casa del Signore” [Qo 4,17],
e: “Prima della preghiera disponi l’anima tua” [Sir 18,23] ,nella celebrazione di questo mistero innanzitutto si premetteuna preparazione che disponga a compiere degnamente gliatti successivi... Il quarto atto contiene l’orazione che il sacerdote fa per il popolo, affinché i fedeli siano degni dicosì grandi misteri»420.
b) Miracolo
– È la potenza conferita agli accidenti: «Tra leoperazioni del pane alcune gli sono proprie in ragione degliaccidenti, p. es., alterare i nostri sensi. E tali operazioni siriscontrano nella specie del pane dopo la consacrazione a
419 S. Th., III, 83, prol.: «…utrum in celebratione huius mysterii Christusimmoletur. […] De his quae in celebratione huius mysterii dicuntur. […]
De his quae circa celebrationem huius mysterii fiunt».420 S. Th., III, 83, 4, c.: «Quia in hoc sacramento totum mysterium nostraesalutis comprehenditur, ideo prae ceteris sacramentis cum maiorisolemnitate agitur. Et quia scriptum est Eccle. IV,[23] “custodi pedemtuum ingrediens domum Domini”, et Eccli. XVIII,[17] “ante orationem
praepara animam tuam”, ideo ante celebrationem huius mysterii, primoquidem praemittitur praeparatio quaedam ad digne agenda ea quaesequuntur. […] Quarta autem pars continet orationem, quam sacerdos pro
populo facit, ut digni habeantur tantis mysteriis».
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natura, non per virtù sua, ma per virtù dell’agente principale»423.
«Tuttavia, poiché non sembra ragionevole ammetteremiracoli in questo sacramento se non in dipendenza dellaconsacrazione, la quale non importa né creazione né ritornodi materia, è meglio asserire che nella consacrazione stessaviene concesso miracolosamente alla quantità dimensiva del pane e del vino, di essere il primo soggetto delle forme successive. Ora, questa è una proprietà della materia. Diconseguenza è concesso alla suddetta quantità tutto ciò che
spetta alla materia. E così quanto potrebbe generarsi dallamateria del pane e del vino se fosse presente, può generarsidalla suddetta quantità dimensiva del pane e del vino; non per un nuovo miracolo, ma in forza del miracolo giàcompiuto»424.
423 S. Th., III, 77, 3, ad 3: «Immutatio quae est ad formam substantialem,non fit a forma substantiali immediate, sed mediantibus qualitatibusactivis et passivis, quae agunt in virtute formae substantialis. Haec autemvirtus instrumentalis conservatur in speciebus sacramentalibus divinavirtute sicut et prius erat. Et ideo possunt agere ad formam substantialeminstrumentaliter, per quem modum aliquid potest agere ultra suamspeciem, non quasi virtute propria, sed virtute principalis agentis».424
S. Th., III, 77, 5, c.: «Verum, quia non rationabiliter videtur dici quodmiraculose aliquid accidit in hoc sacramento nisi ex ipsa consecratione,ex qua non est quod materia creetur vel redeat; melius videtur dicendumquod in ipsa consecratione miraculose datur quantitati dimensivae paniset vini quod sit primum subiectum subsequentium formarum. Hoc autemest proprium materiae. Et ideo ex consequenti datur praedictae quantitatidimensivae omne id quod ad materiam pertinet. Et ideo quidquid possetgenerari ex materia panis si esset, totum potest generari ex praedictaquantitate dimensiva panis vel vini, non quidem novo miraculo, sed ex vimiraculi prius facti».
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«Sebbene [nelle sacre specie] non ci sia la materia per generare qualche cosa, c’è tuttavia la quantitàdimensiva a far le veci della materia…»425.
« Le specie sacramentali sono degli accidenti, esse però, secondo le spiegazioni date, hanno le funzioni e levirtù della sostanza»426.
« La quantità dimensiva del pane e del vinoconservano la propria natura e ricevono miracolosamente levirtù e le proprietà della sostanza. Ecco perché essa puòconvertirsi in ambedue le cose: in una nuova sostanza enelle sue dimensioni»427.
«...il cibo nutre in quanto si converte nella sostanzadi chi si alimenta. Ma abbiamo già detto che le specie sacramentali possono convertirsi in una sostanza che si genera da esse. Ora, per la stessa ragione per cui possonoconvertirsi in cenere e in vermi, possono convertirsi nelcorpo umano. Quindi è chiaro che nutrono.
L’opinione di alcuni poi, secondo la quale esse nonnutrirebbero in senso proprio convertendosi in corpoumano, ma ristorando e sostenendo tramite un influsso sui sensi, come l’odore del cibo può ristorare e l’odore del vinoinebriare, risulta falsa alla prova dei sensi. Infatti un simileristoro non è durevole per l’uomo, il cui corpo ha bisogno di
425
S. Th., III, 77, 5, ad 1: «Quamvis non sit ibi materia ex qua aliquidgeneretur, quantitas tamen dimensiva supplet vicem materiae».426 S. Th., III, 77, 5, ad 2: «Illae species sacramentales sunt quidemaccidentia, habent tamen actum et vim substantiae, ut dictum est [in c.; a.3]».427 S. Th., III, 77, 5, ad 3: «Quantitas dimensiva panis et vini et retinetnaturam propriam, et accipit miraculose vim et proprietatem substantiae.Et ideo potest transire in utrumque, idest in substantiam etdimensionem».
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compensare le sue continue perdite. E tuttavia l’uomo potrebbe sostenersi a lungo consumando in grande quantitàostie e vino consacrati.
Similmente non può reggersi l’opinione di chi diceche le specie sacramentali nutrono mediante la forma sostanziale del pane e del vino, la quale rimarrebbe. Sia perché essa non rimane, come sopra abbiamo dimostrato, sia perché nutrire non è compito della forma, ma piuttostodella materia, la quale riceve la forma di chi si nutre e perdequella dell’alimento. Aristotele infatti osserva che il cibo èdissimile all’inizio, mentre alla fine è simile»428.
« Dopo la consacrazione si può parlare di pane inquesto sacramento in due sensi. Primo, indicando come panele specie del pane che mantengono il nome della sostanza di prima: e in tal senso lo usa S. Gregorio nell’omelia di Pasqua. Secondo, si può chiamare pane lo stesso Corpo diCristo che è mistico pane “disceso dal cielo”. Perciò
428 S. Th., III, 77, 6, c.: «Cibus nutrit, quod convertitur in substantiamnutriti. Dictum est [a. 5] autem quod species sacramentales possuntconverti in substantiam aliquam quae ex eis generatur. Per eandem autemrationem possunt converti in corpus humanum, per quam possuntconverti in cineres vel in vermes. Et ideo manifestum est quod nutriunt.Quod autem quidam dicunt, quod non vere nutriunt, quasi in corpushumanum convertantur, sed reficiunt et confortant quadam sensuumimmutatione, sicut homo confortatur ex odore cibi et inebriatur ex odore
vini, ad sensum patet esse falsum. Talis enim refectio non diu sufficithomini, cuius corpus, propter continuam deperditionem, restaurationeindiget. Et tamen homo diu sustentari posset, si hostias et vinumconsecratum sumeret in magna quantitate. Similiter etiam non poteststare quod quidam dicunt, quod species sacramentales nutriunt performam substantialem panis et vini, quae remanet. Tum quia nonremanet, ut supra habitum est [q. 75, a. 6]. Tum quia non est actusformae nutrire, sed magis materiae, quae accipit formam nutriti,recedente forma nutrimenti. Unde dicitur in II De Anima, quodnutrimentum in principio est dissimile, in fine autem simile».
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quando S. Ambrogio dice che “questo pane non finisce nelnostro corpo”, usa il termine pane nel secondo senso: poiché il Corpo di Cristo non si converte nel corpo
dell’uomo, ma ristora il suo spirito. Egli perciò non parla di pane nel primo senso»429.
« Le specie sacramentali, sebbene non siano tra le parti costitutive del corpo umano, tuttavia si convertono inesse»430.
« Le specie sacramentali, pur non essendo sostanza,hanno nondimeno le virtù della sostanza…»431.
« Il luogo dov’è il Corpo di Cristo non è vuoto.Tuttavia non è propriamente occupato dalla sostanza delCorpo di Cristo, la quale non vi è presente localmente… Maè occupato dalle specie sacramentali, le quali sono in gradodi riempire lo spazio, o in forza della natura delle lorodimensioni, o almeno miracolosamente, come giàmiracolosamente sussistono per modo della sostanza»432.
429 S. Th., III, 77, 6, ad 1: «Facta consecratione, dupliciter potest dici panis in hoc sacramento. Uno modo, ipsae species panis, quae retinentnomen prioris substantiae, ut Gregorius dicit. Alio modo, potest dici
panis ipsum Corpus Christi, quod est panis mysticus de caelodescendens. Ambrosius ergo, cum dicit quod “iste panis non transit incorpus”, accipit panem secundo modo, quia scilicet Corpus Christi nonconvertitur in corpus hominis, sed reficit mentem eius. Non autemloquitur de pane primo modo dicto».430 S. Th., III, 77, 6, ad 2: «Species sacramentales, etsi non sint ea exquibus corpus hominis constat, tamen in ea convertuntur».431 S. Th., III, 77, 6, ad 3: «Species sacramentales, quamvis non sintsubstantia, habent tamen virtutem substantiae».432 S. Th., III, 76, 5, ad 2: «Locus ille in quo est Corpus Christi, non estvacuus. Neque tamen proprie est repletus substantia Corporis Christi,quae non est ibi localiter, sicut dictum est [in c.]. Sed est repletusspeciebus sacramentorum, quae habent replere locum vel propter
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Gli accidenti restano senza soggetto per la potenza diDio: « Perciò si deve concludere che in questo sacramento gli accidenti rimangono senza soggetto. E la cosa è possibile per virtù divina»433.
« La corruzione delle specie sacramentali non èmiracolosa, ma naturale: presupponendo però il miracolocompiutosi nella consacrazione, e cioè che quelle specie sacramentali mantengono senza il soggetto l’essere che prima avevano nel soggetto; allo stesso modo che un cieco guarito in maniera miracolosa ci vede in manieranaturale»434.
« Innocenzo III in una Decretale dichiara che “gliaccidenti si fondono con il vino aggiunto; perché, se siaggiungesse dell’acqua, essa prenderebbe il sapore del vino. Accade così che gli accidenti mutano soggetto, come accadeanche che il soggetto muta accidenti. La natura così cede almiracolo e la virtù divina opera fuori dell’ordine consueto”.
Questo però non si deve intendere nel senso che i medesimiaccidenti passino numericamente dal vino consacrato alvino aggiunto, ma tale mutamento avviene a seguito diun’azione. Infatti gli accidenti del vino che rimangonoconservano le attività della sostanza, come si è detto: e
naturam dimensionum; vel saltem miraculose, sicut et miraculose
subsistunt per modum substantiae».433 S. Th., III, 77, 1, c.: «Et ideo relinquitur quod accidentia in hocsacramento manent sine subiecto. Quod quidem virtute divina fieri
potest».434 S. Th., III, 77, 4, ad 3: «Corruptio illa specierum non est miraculosa,sed naturalis, praesupponit tamen miraculum quod est factum inconsecratione, scilicet quod illae species sacramentales retineant essesine subiecto quod prius habebant in subiecto; sicut et caecus miraculoseilluminatus naturaliter videt».
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miracoli nessuna creatura li può fare come agente principale; tuttavia li può fare strumentalmente, come ilcontatto stesso della mano di Cristo guarì il lebbroso. È
appunto in tal modo che le sue parole convertono il pane nel suo Corpo. Nulla di ciò poté invece avvenire nellaconcezione del Corpo di Cristo al momento della sua formazione, come se qualcosa derivante dal Corpo di Cristoavesse una virtù strumentale per la formazione di quel corpomedesimo. Neppure nella creazione c’era un termine di partenza su cui si potesse esercitare l’azione strumentaledella creatura. Perciò questi paragoni non reggono»438.
Ergo neque hoc sacramentum consecratur virtute creata aliqua dictorum
verborum».438 S. Th., III, 78, 4, ad 2: «Opera miraculosa nulla creatura potest facerequasi agens principale, potest tamen ea facere instrumentaliter, sicut ipsetactus manus Christi sanavit leprosum. Et per hunc modum verba eiusconvertunt panem in Corpus Christi. Quod quidem non potuit inconceptione Corporis Christi, qua Corpus Christi formabatur, ut aliquid aCorpore Christi procedens haberet instrumentalem virtutem ad ipsiuscorporis formationem. In creatione etiam non fuit aliquod extremum inquod instrumentalis actio creaturae posset terminari. Unde non est simile».
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16. Epilogo
«“Il fuoco del nostro desiderio accendendosi alla fiamma” del sacramento,“brucerà i nostri peccati e illuminerà i nostri cuori;
perché partecipando al fuoco divinoardiamo e ci divinizziamo”»439.
San Giovanni Damasceno
Gentile Lettore:
Voglia Dio e la sua Madre Santissima donarti la grazia propria di questo sacramento-sacrificio che è «una certa
delizia attuale di dolcezza spirituale», che è il godere delsapore incomparabile di questo Pane supersostanziale e diquesto Sangue inebriante, come ci ricorda tante voltel’Angelico:
« Perciò con questo sacramento, per quanto dipendedalla sua efficacia, l’abito della grazia e delle virtù nonviene soltanto conferito, ma anche spinto all’atto, conforme
alle parole di S. Paolo: “La carità di Cristo ci sospinge”[2Cor 5,14]. Ecco perché in forza di questo sacramentol’anima spiritualmente si ristora, in quanto rimane deliziatae quasi inebriata dalla dolcezza della bontà divina, secondol’espressione dei Cantici: “Mangiate, amici; bevete,inebriatevi, carissimi” [Cnt 5,1]»440.
439 Cfr. S. Th., III, 79, 8, sc: «[ De Fide Orth. cap. 13: MG 94, 1149]:“Ignis eius quod in nobis est desiderii, assumens eam quae ex carbone,idest hoc sacramento, ignitionem, comburet nostra peccata, et illuminabitnostra corda, ut participatione divini ignis igniamur et deificemur”».440 S. Th., III, 79, 1, ad 1: «Per hoc sacramentum, quantum est ex suivirtute, non solum habitus gratiae et virtutis confertur, sed etiam excitaturin actum, secundum illud II Cor. V,[14] “caritas Christi urget nos”. Etinde est quod ex virtute huius sacramenti anima spiritualiter reficitur, perhoc quod anima delectatur, et quodammodo inebriatur dulcedine
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« Effetto dell’Eucaristia, come si disse sopra, non è solo l’aumento della grazia abituale, ma anche il gustoimmediato della dolcezza spirituale. Ora Cristo, sebbene
non abbia ricevuto dalla percezione di questo sacramentouna crescita di grazia, ebbe tuttavia un godimento spiritualenell’istituzione di questo nuovo sacramento, tanto da dire:“Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasquacon voi” [Lc 22,15]. S. Eusebio riferisce questo passo alnuovo mistero del Nuovo Testamento che egli stava per dareai suoi discepoli. Perciò Cristo si comunicò spiritualmente eanche sacramentalmente, prendendo il proprio Corpo sottoil sacramento che volle e istituì come sacramento del suoCorpo. In modo però diverso da come si comunicano sacramentalmente e spiritualmente gli altri, perché questiricevono un aumento di grazia, e perché hanno bisogno dei segni sacramentali per mettersi a contatto con la verità»441.
«Si è detto infatti che effetto di questo sacramento non è soltanto la ricezione della grazia
abituale o della carità, ma anche un certo ristoroattuale di dolcezza spirituale. Ora, questa viene
bonitatis divinae, secundum illud Cant. V,[1] “comedite, amici, et bibite;et inebriamini, carissimi”».441 S. Th., III, 81, 1, ad 3: «Effectus huius sacramenti est non solumaugmentum habitualis gratiae, sed etiam actualis delectatio spiritualis
dulcedinis. Quamvis autem Christo gratia non fuerit augmentata exsusceptione huius sacramenti, habuit tamen quandam spiritualemdelectationem in nova institutione huius sacramenti, unde ipse dicebat,Luc. XXII,[15] “desiderio desideravi manducare hoc Pascha vobiscum”,quod Eusebius exponit de novo mysterio huius Novi Testamenti quodtradebat discipulis. Et ideo spiritualiter manducavit, et similitersacramentaliter, inquantum Corpus suum sub sacramento sumpsit, quodsacramentum sui Corporis intellexit et disposuit. Aliter tamen quamceteri sacramentaliter et spiritualiter sumant, qui augmentum gratiaesuscipiunt, et sacramentalibus signis indigent ad veritatis perceptionem».
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« Nell’Eucaristia si compendia tutto il mistero dellanostra salvezza»451.
È il « pane santo di vita eterna e calice dell’eterna salvezza»452.
È il cuore dei mezzi «con i quali conseguiamo la salvezza»453.
451 S. Th., III, 83, 4, c.: «in hoc sacramento totum mysterium nostraesalutis comprehenditur».452 S. Th., III, 83, 5, ad 3: «panem sanctum vitae aeternae, et calicemsalutis perpetuae». Messale Romano.453 S. Th., III, prol: «quibus salutem consequimur».
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