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sentenza 25 marzo 1994; Giud. De Nicola; imp. Vassallo

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sentenza 25 marzo 1994; Giud. De Nicola; imp. Vassallo Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 333/334-335/336 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190033 . Accessed: 24/06/2014 21:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.79.40 on Tue, 24 Jun 2014 21:52:44 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 25 marzo 1994; Giud. De Nicola; imp. Vassallo

sentenza 25 marzo 1994; Giud. De Nicola; imp. VassalloSource: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 333/334-335/336Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190033 .

Accessed: 24/06/2014 21:52

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

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GIURISPRUDENZA PENALE

— in ragione del continuo diffondersi di cosi allarmante feno

meno sociale, dannoso per la salute dei cittadini — nel dissua

dere tutti i consociati dal fare uso di stupefacenti e dal consenti

re che altri ne facciano uso (nello stesso senso, Trib. Palermo

7 dicembre 1982, Campora ed altri, id., 1983, II, 513).

Alla luce delle premesse normative ed interpretative dianzi

esposte, si deve procedere a valutare se, nella condotta di Zoni

Stefano (che già si è ritenuto di qualificare in termini di agevo lazione), siano ravvisabili gli elementi costitutivi della colpa con

riguardo alla morte di Biacchi Carla.

Sul punto il tribunale ritiene che — da quanto emerso nell'i

struttoria e, in particolare, dalle stesse dichiarazioni rese dal

l'imputato — Zoni Stefano si trovasse, al momento del fatto,

nella piena condizione di chi poteva prevedere ed evitare il tra

gico evento putroppo verificatosi.

In primo luogo, egli era perfettamente a conoscenza della cir

costanza del non uso di droga da parte della Biacchi da almeno

un mese prima del fatidico 31 dicembre 1988.

Egli era parimenti a conoscenza delle non ottimali condizioni

di salute della propria compagna, che sapeva sofferente di di

sturbi digestivi e nervosi, per i quali ultimi gli era altresì noto

che ella fosse in cura presso uno psichiatra e che assumesse

farmaci specifici (si rammenti, a tal proposito, il rinvenimento

sul letto matrimoniale, su cui trovavasi la Biacchi al sopravve

nire dei primi malesseri, di una confezione del farmaco ipnoin

ducente «Oniria»).

Infine — come lo stesso Zoni ha dichiarato — l'imputato

era consapevole che la dose, che egli aveva contribuito ad iniet

tare alla Biacchi, fosse, anche se di poco, superiore a quelle

quantità di sostanza stupefacente che — stando alle affermazio

ni dello Zoni — la Biacchi aveva assunto in precedenti circo

stanze.

Non v'è dubbio, pertanto, che, nella condotta di Zoni Stefa

no, che non soltanto nulla fece per impedire che la propria com

pagna, nelle particolari condizioni di salute in cui trovavasi e

dopo un apprezzabile periodo di astensione dall'assunzione di

droga, si iniettasse una quantità di eroina che egli sapeva supe

riore alle presunte dosi da costei in precedenza assunte, ma com

mise altresì la sconsiderata imprudenza di fornirle il materiale

ausilio del sorreggimento del braccio e della predisposizione in

torno a quest'ultimo di un rudimentale laccio emostatico ser

vendosi di un laccio delle proprie scarpe, si devono rinvenire

tutti gli elementi per affermare, ai sensi del combinato disposto

degli art. 589 e 43 c.p., che la morte di Biacchi Carla è da

attribuirsi alla colpevole condotta dell'imputato. Conseguente

mente, lo stesso deve essere condannato, quanto al capo b) —

ed espunto (in ragione della sopravvenuta penale irrilevanza della

condotta contestata al capo a) il richiamo contenuto agli art.

586 e 83 c.p. — per il delitto di omicidio colposo ex art. 589 c.p.

All'imputato devono essere riconosciute le attenuanti generi

che, tanto in ragione del leale comportamento processuale (egli

ha ammesso tutte le circostanze costituenti la responsabilità a

suo carico), quanto avuto riguardo alla mancanza di precedenti

ed alle sue attuali condizioni personali (il difensore ha prodotto

una certificazione della comunità «Pratolungo» attestante lo svol

gimento da parte dello Zoni di un programma terapeutico di

disintossicazione). Visto l'art. 133 c.p., il tribunale ritiene di irrogare a Zoni

Stefano la pena di mesi quattro di reclusione, derivante dalla

pena base di mesi sei e con la diminuzione dovuta all'applica

zione dell'art. 62 bis c.p.

Alla condanna consegue l'obbligo del pagamento delle spese

processuali.

Rilevato, poi, che ricorrono i presupposti di cui all'art. 163

c.p. e che, avuto ancora riguardo all'art. 133 c.p., si può presu

mere — visti gli attuali popositi di ravvedimento nei confronti

della vita anteatta — che Zoni Stefano si astenga dal commette

re ulteriori reati, il tribunale dispone che la pena, come sopra

inflitta, rimanga sospesa per il termine di anni cinque sotto le

comminatorie di legge. Visto, inoltre, l'art. 175 c.p., previa ul

teriore valutazione dei medesimi criteri di cui al citato art. 133

c.p., ordina che della condanna non sia fatta menzione nel cer

tificato del casellario giudiziale.

Infine, quanto alla richiesta di risarcimento dei danni propo

sta dalle costituite parti civile, essa — per effetto dell'afferma

li. Foro Italiano — 1995.

zione della responsabilità dell'imputato in ordine alla morte di

Biacchi Carla (figlia e sorella rispettivamente di Uccelli Rosoli

na e Biacchi Angelo) — deve essere accolta con riferimento al

l'or/?, mentre, per quel che concerne il quantum, non essendo

state in questa sede acquisite, neppure parzialmente, prove che

consentano la sua immediata liquidazione, si rinvia a separato

giudizio civile.

PRETURA DI CAGLIARI; sentenza 25 marzo 1994; Giud. De

Nicola; imp. Vassallo.

PRETURA DI CAGLIARI;

Possesso ingiustificato di oggetti e valori — Reato — Esclusio

ne — Fattispecie (Cod. pen., art. 707, 708).

Va assolta dall'imputazione del reato contravvenzionale di cui

all'art. 708 c.p., con la formula perché il fatto non sussiste,

la prostituta che, trovata in possesso di un'ingente somma

di denaro e altri valori in occasione di un controllo di pubbli

ca sicurezza, abbia immediatamente spiegato e in seguito pro

vato la provenienza di quel denaro e di quei valori dall'attivi

tà di meretricio dalla stessa esercitata, atteso che tale attività

non è certamente illecita sotto il profilo penale, punendo in

fatti l'ordinamento soltanto l'induzione e lo sfruttamento della

prostituzione. (1)

(1) Non constano precedenti in termini.

La sentenza mostra di aderire al pacifico orientamento giurispruden

ziale, secondo il quale la giustificazione da parte dell'agente del posses so dei valori vale ad escludere il perfezionamento della contravvenzione

de qua per il venir meno di uno dei suoi elementi costitutivi. Ai fini

dell'integrazione della fattispecie è, infatti, necessario: a) che il posses sore si trovi nelle condizini personali indicate dall'art. 707 c.p.; ti) che

i valori dallo stesso detenuti non siano confacenti alle sue condizioni

economiche; e, appunto, che non ne abbia giustificato la provenienza

(Cass. 11 novembre 1958, Moisio, Foro it., Rep. 1959, voce Possesso

ingiustificato di oggetti e valori, n. 1, e Giusi, pen., 1959, II, 331).

Invero, in passato, è stato sostenuto da una parte minoritaria della

dottrina che la mancata giustificazione delle cose possedute costituisse

una condizione obiettiva di punibilità (v. Manzini, Trattato di dir. pen.

it., X, 808), ma sembra più esatto considerarla come elemento che ca

ratterizza l'azione del detenere e che fa parte della condotta tipica (in tal senso la maggioranza degli studiosi: vedi, per tutti, M. Gallo, Do

lo, voce dell'Enciclopedia del diritto, XIII, 764, e anche G. Sabatini,

Le contravvenzioni nel codice penale vigente, 1961, 508; nella giuris

prudenza di merito, v. Pret. Roma 21 marzo 1967, Foro it., Rep. 1967,

voce cit., n. 1, e Temi romana, 1967, 277; più di recente v. Pret. Pi

stoia 12 febbraio 1992, Foro it., 1992, II, 326). In relazione al requisito in discorso deve peraltro sottolinearsi come

in più di una occasione i giudici di legittimità abbiano avuto modo

di precisare che l'art. 708 c.p. non pretenda in realtà la piena prova

della legittimità della provenienza delle cose possedute (sul punto Cass.

11 novembre 1958, Moisio, cit.), limitandosi invece a richiedere una

spiegazione sufficientemente convincente in quanto congrua e circostan

ziata (cosi Cass. 28 ottobre 1992, Ceron, id., Rep. 1993, voce cit., n.

7; nello stesso senso Cass. 28 febbraio 1985, Finotti, id., Rep. 1986,

voce cit., n. 2; ed in precedenza Cass. 13 aprile 1959, Ruffini, id.,

Rep. 1959, voce cit., n. 3). Ciò in sintonia con le decisioni della Con

sulta in cui si parla di «attendibile spiegazione da valutarsi in concreto

nelle singole fattispecie secondo i principi della libertà delle prove e

del libero convincimento» (cosi, da ultimo, Corte cost. 19 novembre

1992, n. 464, id., Rep. 1993, voce cit., n. 6). Va inoltre segnalata l'esi

stenza di un'ulteriore interpretazione della locuzione «giustificazione della

provenienza», proposta in alcune sentenze di merito, secondo cui basta

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PARTE SECONDA

L'imputata deve essere mandata assolta dalla imputazione in

riferimento alla quale il pubblico ministero ha esercitato l'azio

ne penale. In esito all'istruzione dibattimentale, infatti, deve ritenersi com

piutamente provato che 1'(inverno) ingente somma di denaro

contante (lire 70.610.000) ed i valori (per l'ulteriore importo di lire 10.400.000, registrati su due «libretti» di deposito banca

rio) che la Vassallo deteneva (custodendoli, peraltro, all'interno

della borsa — del tipo «a tracolla», da donna — che ella indos

sava in occasione del controllo di polizia di sicurezza in esito

al quale è stata denunciata all'autorità giudiziaria, senza mini

mamente occultarli) nella circostanza in cui venne identificata

dalla polizia giudiziaria, erano il provento dell'attività di mere

tricio cui l'imputata era (abitualmente) dedita: attività che —

seppure la si consideri (moralmente) riprovevole — non è certa

mente illecita sotto il profilo penale, in quanto l'ordinamento

punisce solamente le attività di «induzione» e di sfruttamento»

della prostituzione, e non invece il mero esercizio del meretricio

da parte della donna che vi si dedichi.

Nel caso di specie, si ritiene altresì di dover evidenziare che

l'imputata — sin dalla fase di polizia amministrativa (da rite

nersi quindi totalmente svincolata dalla fase che si è instaurata

in esito all'inoltro da parte dell'autorità di polizia della formale

denuncia all'autorità giudiziaria per il titolo di reato in riferi

mento al quale il p.m. ha disposto la citazione a giudizio della

Vassallo: cfr., in termini sul punto, Cass., sez. II, 28 maggio

1985, imp. Aristelli, Foro it., Rep. 1986, voce Possesso ingiusti

ficato di oggetti e valori, n. 3) nel corso della quale, sono stati

rinvenuti i predetti valori — ha espressamente dichiarato che

il denaro «era frutto delle sue prestazioni carnali in quanto eser

citava la professione di prostituta» (cosi, nella relazione di ser

vizio in data 20 luglio 1993 predisposta dal capo-pattuglia della

squadra volante che effettuò il controllo in riferimento,

l'assistente-capo della polizia di Stato Orrù Mario esaminato

all'udienza del 9 marzo 1994): circostanza, questa relativa al

l'attività di meretricio svolta dall'imputata, della quale ha dato

conferma (seppure, indiretta) lo stesso assistente Orrù, il quale ha riferito nell'esame dibattimentale che la Vassallo «...era co

nosciuta dalla squadra mobile perché identificata come pro stituta».

L'istruzione dibattimentale (attraverso le deposizioni rese dai

testi ritualmente dedotti dalla difesa della Vassallo, i sig. Vinci

Vitalio, Sanna Giuseppe, Sanna Erminio e Sogus Raimondo, esaminati all'udienza del 9 marzo 1994), ha poi pienamente con

fermato l'attendibilità dell'assunto circa la provenienza da quel l'attività della somma di denaro e dei valori rinvenuti nella di

sponibilità dell'imputata, in quanto tali testi hanno confermato

di accompagnarsi abitualmente alla Vassallo, e di avere erogato

(in tempi diversi, in un arco temporale non inferiore a tre anni

e mezzo dall'epoca attuale) consistenti somme di denaro (circa lire 20 milioni, il Vinci, lire 45 milioni il Sanna Giuseppe, ed almeno lire 15 milioni il Sogus).

In tale contesto probatorio, incombeva dunque sull'organo dell'accusa di fornire elementi di prova contraria idonei ad infi

ciare l'attendibilità della giustificazione fornita dalla Vassallo

circa la provenienza dei valori sequestrati (e la confacenza dei

medesimi, in relazione alla predetta «qualità professionale»: cfr.,

semplicemente che il possessore indichi un motivo, incombendo sull'or

gano dell'accusa l'onere di addurre elementi di prova contraria idonei a dimostrare la mancanza di giustificazione (cosi Pret. Lucca 10 maggio 1991, id., Rep. 1991, voce Possesso e azioni possessorie, n. 46, e Riv.

pen., 1991, 648). Un altro aspetto problematico relativo alla questione della giustifica

zione del possesso riguarda il momento in cui essa possa essere utilmen te data, se cioè al tempo della sorpresa (Cass. 17 marzo 1980, Garcia, Foro it., Rep. 1981, voce Possesso ingiustificato di oggetti e valori, n. 2; 7 febbraio 1985, Aristelli, id., Rep. 1986, voce cit., n. 3) o anche successivamente in sede processuale (implicitamente Cass. 17 giugno 1985, Giuffré, Riv. pen., 1986, 260, e Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 1; Cass. 28 febbraio 1985, Finotti, cit.).

Con riferimento al caso di specie, oggetto della decisione su riporta ta, va detto comunque che l'istruttoria dibattimentale aveva pienamente confermato l'attendibilità dei chiarimenti forniti dalla donna nella fase di polizia amministrativa.

Il Foro Italiano — 1995.

in termini sul punto, Pret. Pistoia 12 febbraio 1992, id., 1992,

II, 326 ss): attendibilità che nella fattispecie appare ulterior

mente suffragata dalla circostanza che i sunnominati «accom

pagnatori» dell'imputata (come questa ha parimenti comprova to producendo — con l'assenso dei medesimi — le relative di

chiarazioni reddituali) risultano tutti titolari di redditi ascribili alla fascia «medio-alta» conseguiti nell'esercizio di attività eco

nomiche in forma imprenditoriale, e quindi certamente in grado di effettuare le (cospicue) «elargizioni» in favore della Vassallo

riferite nell'esame dibattimentale.

Né si ritiene che l'indicata attendibilità possa essere inficiata

dalla circostanza — anch'essa (spontaneamente) riferita dalla

Vassallo sin dalla fase di polizia amministrativa — che la custo

dia sulla propria persona dei predetti valori è stata giustificata con l'asserito timore di poter subire l'asportazione furtiva delle

somme accumulate nell'esercizio della predetta attività dalla pro

pria abitazione (cosi, nell'esame all'udienza odierna) in quanto trattasi di condotta frequentamente assunta anche da persone di ben diversa estrazione sociale (e culturale; si pensi ai gioielli, anche di rilevantissimo valore, che vengono denunciati come

sottratti in occasione di «scippi» da signore le quali riferiscono

di non sentirsi sicure a lasciare incustoditi i monili all'interno

della propria abitazione, anche in caso di assenze temporalmen te limitate, non disponendo di una cassaforte da appartamento — come ha pure riferito l'imputata — considerata la frequenza con la quale vengono notoriamente perpetrati i furti in apparta mento nei centri urbani): e, in ogni caso, tale chiarimento era

stato reso dalla Vassallo sin dalla sua identificazione da parte dell'autorità di polizia, come ha pure riferito l'assistente Orrù

nell'esame dibattimentale («Alla domanda di come non avesse

depositato le somme in banca ci rispose che preferiva portarseli dietro e anche che aveva paura che glieli rubassero da casa»),

precisando inoltre che una perquisizione domiciliare nell'abita

zione della Vassallo effettuata nell'immediatezza del rinvenimento

dei valori de quibus diede esito negativo, in quanto nessun'altra

somma di denaro contante (o valore equivalente) risultava ivi

custodito.

Sulla base delle considerazioni in fatto ed in diritto svolte

nell'epositiva che precede, deve dunque escludersi che nella fat

tispecie in riferimento si sia perfezionato il reato contravvenzio

nale configurato dall'organo dell'accusa, cosicché si impone il

proscioglimento dell'imputata con la formula perché il fatto non

sussiste.

Deve conseguentemente disporsi il dissequestro della smma

di denaro e dei valori sequestrati in danno dell'imputata dalla

polizia giudiziaria il 20 luglio 1993 (cfr., in termini Cass., sez. II, 8 novembre 1983, imp. Clemente, che ha escluso l'assogget tabilità a confisca, sia obbligatoria che facoltativa, anche nell'i

potesi di proscioglimento dall'imputazione di possesso ingiusti ficato di valori ex art. 708 c.p. per estinzione del reato).

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