sentenza 25 marzo 1994; Giud. De Nicola; imp. VassalloSource: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 333/334-335/336Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190033 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
— in ragione del continuo diffondersi di cosi allarmante feno
meno sociale, dannoso per la salute dei cittadini — nel dissua
dere tutti i consociati dal fare uso di stupefacenti e dal consenti
re che altri ne facciano uso (nello stesso senso, Trib. Palermo
7 dicembre 1982, Campora ed altri, id., 1983, II, 513).
Alla luce delle premesse normative ed interpretative dianzi
esposte, si deve procedere a valutare se, nella condotta di Zoni
Stefano (che già si è ritenuto di qualificare in termini di agevo lazione), siano ravvisabili gli elementi costitutivi della colpa con
riguardo alla morte di Biacchi Carla.
Sul punto il tribunale ritiene che — da quanto emerso nell'i
struttoria e, in particolare, dalle stesse dichiarazioni rese dal
l'imputato — Zoni Stefano si trovasse, al momento del fatto,
nella piena condizione di chi poteva prevedere ed evitare il tra
gico evento putroppo verificatosi.
In primo luogo, egli era perfettamente a conoscenza della cir
costanza del non uso di droga da parte della Biacchi da almeno
un mese prima del fatidico 31 dicembre 1988.
Egli era parimenti a conoscenza delle non ottimali condizioni
di salute della propria compagna, che sapeva sofferente di di
sturbi digestivi e nervosi, per i quali ultimi gli era altresì noto
che ella fosse in cura presso uno psichiatra e che assumesse
farmaci specifici (si rammenti, a tal proposito, il rinvenimento
sul letto matrimoniale, su cui trovavasi la Biacchi al sopravve
nire dei primi malesseri, di una confezione del farmaco ipnoin
ducente «Oniria»).
Infine — come lo stesso Zoni ha dichiarato — l'imputato
era consapevole che la dose, che egli aveva contribuito ad iniet
tare alla Biacchi, fosse, anche se di poco, superiore a quelle
quantità di sostanza stupefacente che — stando alle affermazio
ni dello Zoni — la Biacchi aveva assunto in precedenti circo
stanze.
Non v'è dubbio, pertanto, che, nella condotta di Zoni Stefa
no, che non soltanto nulla fece per impedire che la propria com
pagna, nelle particolari condizioni di salute in cui trovavasi e
dopo un apprezzabile periodo di astensione dall'assunzione di
droga, si iniettasse una quantità di eroina che egli sapeva supe
riore alle presunte dosi da costei in precedenza assunte, ma com
mise altresì la sconsiderata imprudenza di fornirle il materiale
ausilio del sorreggimento del braccio e della predisposizione in
torno a quest'ultimo di un rudimentale laccio emostatico ser
vendosi di un laccio delle proprie scarpe, si devono rinvenire
tutti gli elementi per affermare, ai sensi del combinato disposto
degli art. 589 e 43 c.p., che la morte di Biacchi Carla è da
attribuirsi alla colpevole condotta dell'imputato. Conseguente
mente, lo stesso deve essere condannato, quanto al capo b) —
ed espunto (in ragione della sopravvenuta penale irrilevanza della
condotta contestata al capo a) il richiamo contenuto agli art.
586 e 83 c.p. — per il delitto di omicidio colposo ex art. 589 c.p.
All'imputato devono essere riconosciute le attenuanti generi
che, tanto in ragione del leale comportamento processuale (egli
ha ammesso tutte le circostanze costituenti la responsabilità a
suo carico), quanto avuto riguardo alla mancanza di precedenti
ed alle sue attuali condizioni personali (il difensore ha prodotto
una certificazione della comunità «Pratolungo» attestante lo svol
gimento da parte dello Zoni di un programma terapeutico di
disintossicazione). Visto l'art. 133 c.p., il tribunale ritiene di irrogare a Zoni
Stefano la pena di mesi quattro di reclusione, derivante dalla
pena base di mesi sei e con la diminuzione dovuta all'applica
zione dell'art. 62 bis c.p.
Alla condanna consegue l'obbligo del pagamento delle spese
processuali.
Rilevato, poi, che ricorrono i presupposti di cui all'art. 163
c.p. e che, avuto ancora riguardo all'art. 133 c.p., si può presu
mere — visti gli attuali popositi di ravvedimento nei confronti
della vita anteatta — che Zoni Stefano si astenga dal commette
re ulteriori reati, il tribunale dispone che la pena, come sopra
inflitta, rimanga sospesa per il termine di anni cinque sotto le
comminatorie di legge. Visto, inoltre, l'art. 175 c.p., previa ul
teriore valutazione dei medesimi criteri di cui al citato art. 133
c.p., ordina che della condanna non sia fatta menzione nel cer
tificato del casellario giudiziale.
Infine, quanto alla richiesta di risarcimento dei danni propo
sta dalle costituite parti civile, essa — per effetto dell'afferma
li. Foro Italiano — 1995.
zione della responsabilità dell'imputato in ordine alla morte di
Biacchi Carla (figlia e sorella rispettivamente di Uccelli Rosoli
na e Biacchi Angelo) — deve essere accolta con riferimento al
l'or/?, mentre, per quel che concerne il quantum, non essendo
state in questa sede acquisite, neppure parzialmente, prove che
consentano la sua immediata liquidazione, si rinvia a separato
giudizio civile.
PRETURA DI CAGLIARI; sentenza 25 marzo 1994; Giud. De
Nicola; imp. Vassallo.
PRETURA DI CAGLIARI;
Possesso ingiustificato di oggetti e valori — Reato — Esclusio
ne — Fattispecie (Cod. pen., art. 707, 708).
Va assolta dall'imputazione del reato contravvenzionale di cui
all'art. 708 c.p., con la formula perché il fatto non sussiste,
la prostituta che, trovata in possesso di un'ingente somma
di denaro e altri valori in occasione di un controllo di pubbli
ca sicurezza, abbia immediatamente spiegato e in seguito pro
vato la provenienza di quel denaro e di quei valori dall'attivi
tà di meretricio dalla stessa esercitata, atteso che tale attività
non è certamente illecita sotto il profilo penale, punendo in
fatti l'ordinamento soltanto l'induzione e lo sfruttamento della
prostituzione. (1)
(1) Non constano precedenti in termini.
La sentenza mostra di aderire al pacifico orientamento giurispruden
ziale, secondo il quale la giustificazione da parte dell'agente del posses so dei valori vale ad escludere il perfezionamento della contravvenzione
de qua per il venir meno di uno dei suoi elementi costitutivi. Ai fini
dell'integrazione della fattispecie è, infatti, necessario: a) che il posses sore si trovi nelle condizini personali indicate dall'art. 707 c.p.; ti) che
i valori dallo stesso detenuti non siano confacenti alle sue condizioni
economiche; e, appunto, che non ne abbia giustificato la provenienza
(Cass. 11 novembre 1958, Moisio, Foro it., Rep. 1959, voce Possesso
ingiustificato di oggetti e valori, n. 1, e Giusi, pen., 1959, II, 331).
Invero, in passato, è stato sostenuto da una parte minoritaria della
dottrina che la mancata giustificazione delle cose possedute costituisse
una condizione obiettiva di punibilità (v. Manzini, Trattato di dir. pen.
it., X, 808), ma sembra più esatto considerarla come elemento che ca
ratterizza l'azione del detenere e che fa parte della condotta tipica (in tal senso la maggioranza degli studiosi: vedi, per tutti, M. Gallo, Do
lo, voce dell'Enciclopedia del diritto, XIII, 764, e anche G. Sabatini,
Le contravvenzioni nel codice penale vigente, 1961, 508; nella giuris
prudenza di merito, v. Pret. Roma 21 marzo 1967, Foro it., Rep. 1967,
voce cit., n. 1, e Temi romana, 1967, 277; più di recente v. Pret. Pi
stoia 12 febbraio 1992, Foro it., 1992, II, 326). In relazione al requisito in discorso deve peraltro sottolinearsi come
in più di una occasione i giudici di legittimità abbiano avuto modo
di precisare che l'art. 708 c.p. non pretenda in realtà la piena prova
della legittimità della provenienza delle cose possedute (sul punto Cass.
11 novembre 1958, Moisio, cit.), limitandosi invece a richiedere una
spiegazione sufficientemente convincente in quanto congrua e circostan
ziata (cosi Cass. 28 ottobre 1992, Ceron, id., Rep. 1993, voce cit., n.
7; nello stesso senso Cass. 28 febbraio 1985, Finotti, id., Rep. 1986,
voce cit., n. 2; ed in precedenza Cass. 13 aprile 1959, Ruffini, id.,
Rep. 1959, voce cit., n. 3). Ciò in sintonia con le decisioni della Con
sulta in cui si parla di «attendibile spiegazione da valutarsi in concreto
nelle singole fattispecie secondo i principi della libertà delle prove e
del libero convincimento» (cosi, da ultimo, Corte cost. 19 novembre
1992, n. 464, id., Rep. 1993, voce cit., n. 6). Va inoltre segnalata l'esi
stenza di un'ulteriore interpretazione della locuzione «giustificazione della
provenienza», proposta in alcune sentenze di merito, secondo cui basta
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PARTE SECONDA
L'imputata deve essere mandata assolta dalla imputazione in
riferimento alla quale il pubblico ministero ha esercitato l'azio
ne penale. In esito all'istruzione dibattimentale, infatti, deve ritenersi com
piutamente provato che 1'(inverno) ingente somma di denaro
contante (lire 70.610.000) ed i valori (per l'ulteriore importo di lire 10.400.000, registrati su due «libretti» di deposito banca
rio) che la Vassallo deteneva (custodendoli, peraltro, all'interno
della borsa — del tipo «a tracolla», da donna — che ella indos
sava in occasione del controllo di polizia di sicurezza in esito
al quale è stata denunciata all'autorità giudiziaria, senza mini
mamente occultarli) nella circostanza in cui venne identificata
dalla polizia giudiziaria, erano il provento dell'attività di mere
tricio cui l'imputata era (abitualmente) dedita: attività che —
seppure la si consideri (moralmente) riprovevole — non è certa
mente illecita sotto il profilo penale, in quanto l'ordinamento
punisce solamente le attività di «induzione» e di sfruttamento»
della prostituzione, e non invece il mero esercizio del meretricio
da parte della donna che vi si dedichi.
Nel caso di specie, si ritiene altresì di dover evidenziare che
l'imputata — sin dalla fase di polizia amministrativa (da rite
nersi quindi totalmente svincolata dalla fase che si è instaurata
in esito all'inoltro da parte dell'autorità di polizia della formale
denuncia all'autorità giudiziaria per il titolo di reato in riferi
mento al quale il p.m. ha disposto la citazione a giudizio della
Vassallo: cfr., in termini sul punto, Cass., sez. II, 28 maggio
1985, imp. Aristelli, Foro it., Rep. 1986, voce Possesso ingiusti
ficato di oggetti e valori, n. 3) nel corso della quale, sono stati
rinvenuti i predetti valori — ha espressamente dichiarato che
il denaro «era frutto delle sue prestazioni carnali in quanto eser
citava la professione di prostituta» (cosi, nella relazione di ser
vizio in data 20 luglio 1993 predisposta dal capo-pattuglia della
squadra volante che effettuò il controllo in riferimento,
l'assistente-capo della polizia di Stato Orrù Mario esaminato
all'udienza del 9 marzo 1994): circostanza, questa relativa al
l'attività di meretricio svolta dall'imputata, della quale ha dato
conferma (seppure, indiretta) lo stesso assistente Orrù, il quale ha riferito nell'esame dibattimentale che la Vassallo «...era co
nosciuta dalla squadra mobile perché identificata come pro stituta».
L'istruzione dibattimentale (attraverso le deposizioni rese dai
testi ritualmente dedotti dalla difesa della Vassallo, i sig. Vinci
Vitalio, Sanna Giuseppe, Sanna Erminio e Sogus Raimondo, esaminati all'udienza del 9 marzo 1994), ha poi pienamente con
fermato l'attendibilità dell'assunto circa la provenienza da quel l'attività della somma di denaro e dei valori rinvenuti nella di
sponibilità dell'imputata, in quanto tali testi hanno confermato
di accompagnarsi abitualmente alla Vassallo, e di avere erogato
(in tempi diversi, in un arco temporale non inferiore a tre anni
e mezzo dall'epoca attuale) consistenti somme di denaro (circa lire 20 milioni, il Vinci, lire 45 milioni il Sanna Giuseppe, ed almeno lire 15 milioni il Sogus).
In tale contesto probatorio, incombeva dunque sull'organo dell'accusa di fornire elementi di prova contraria idonei ad infi
ciare l'attendibilità della giustificazione fornita dalla Vassallo
circa la provenienza dei valori sequestrati (e la confacenza dei
medesimi, in relazione alla predetta «qualità professionale»: cfr.,
semplicemente che il possessore indichi un motivo, incombendo sull'or
gano dell'accusa l'onere di addurre elementi di prova contraria idonei a dimostrare la mancanza di giustificazione (cosi Pret. Lucca 10 maggio 1991, id., Rep. 1991, voce Possesso e azioni possessorie, n. 46, e Riv.
pen., 1991, 648). Un altro aspetto problematico relativo alla questione della giustifica
zione del possesso riguarda il momento in cui essa possa essere utilmen te data, se cioè al tempo della sorpresa (Cass. 17 marzo 1980, Garcia, Foro it., Rep. 1981, voce Possesso ingiustificato di oggetti e valori, n. 2; 7 febbraio 1985, Aristelli, id., Rep. 1986, voce cit., n. 3) o anche successivamente in sede processuale (implicitamente Cass. 17 giugno 1985, Giuffré, Riv. pen., 1986, 260, e Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 1; Cass. 28 febbraio 1985, Finotti, cit.).
Con riferimento al caso di specie, oggetto della decisione su riporta ta, va detto comunque che l'istruttoria dibattimentale aveva pienamente confermato l'attendibilità dei chiarimenti forniti dalla donna nella fase di polizia amministrativa.
Il Foro Italiano — 1995.
in termini sul punto, Pret. Pistoia 12 febbraio 1992, id., 1992,
II, 326 ss): attendibilità che nella fattispecie appare ulterior
mente suffragata dalla circostanza che i sunnominati «accom
pagnatori» dell'imputata (come questa ha parimenti comprova to producendo — con l'assenso dei medesimi — le relative di
chiarazioni reddituali) risultano tutti titolari di redditi ascribili alla fascia «medio-alta» conseguiti nell'esercizio di attività eco
nomiche in forma imprenditoriale, e quindi certamente in grado di effettuare le (cospicue) «elargizioni» in favore della Vassallo
riferite nell'esame dibattimentale.
Né si ritiene che l'indicata attendibilità possa essere inficiata
dalla circostanza — anch'essa (spontaneamente) riferita dalla
Vassallo sin dalla fase di polizia amministrativa — che la custo
dia sulla propria persona dei predetti valori è stata giustificata con l'asserito timore di poter subire l'asportazione furtiva delle
somme accumulate nell'esercizio della predetta attività dalla pro
pria abitazione (cosi, nell'esame all'udienza odierna) in quanto trattasi di condotta frequentamente assunta anche da persone di ben diversa estrazione sociale (e culturale; si pensi ai gioielli, anche di rilevantissimo valore, che vengono denunciati come
sottratti in occasione di «scippi» da signore le quali riferiscono
di non sentirsi sicure a lasciare incustoditi i monili all'interno
della propria abitazione, anche in caso di assenze temporalmen te limitate, non disponendo di una cassaforte da appartamento — come ha pure riferito l'imputata — considerata la frequenza con la quale vengono notoriamente perpetrati i furti in apparta mento nei centri urbani): e, in ogni caso, tale chiarimento era
stato reso dalla Vassallo sin dalla sua identificazione da parte dell'autorità di polizia, come ha pure riferito l'assistente Orrù
nell'esame dibattimentale («Alla domanda di come non avesse
depositato le somme in banca ci rispose che preferiva portarseli dietro e anche che aveva paura che glieli rubassero da casa»),
precisando inoltre che una perquisizione domiciliare nell'abita
zione della Vassallo effettuata nell'immediatezza del rinvenimento
dei valori de quibus diede esito negativo, in quanto nessun'altra
somma di denaro contante (o valore equivalente) risultava ivi
custodito.
Sulla base delle considerazioni in fatto ed in diritto svolte
nell'epositiva che precede, deve dunque escludersi che nella fat
tispecie in riferimento si sia perfezionato il reato contravvenzio
nale configurato dall'organo dell'accusa, cosicché si impone il
proscioglimento dell'imputata con la formula perché il fatto non
sussiste.
Deve conseguentemente disporsi il dissequestro della smma
di denaro e dei valori sequestrati in danno dell'imputata dalla
polizia giudiziaria il 20 luglio 1993 (cfr., in termini Cass., sez. II, 8 novembre 1983, imp. Clemente, che ha escluso l'assogget tabilità a confisca, sia obbligatoria che facoltativa, anche nell'i
potesi di proscioglimento dall'imputazione di possesso ingiusti ficato di valori ex art. 708 c.p. per estinzione del reato).
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